La guerra ha abbattuto il tabù nucleare
Siamo a 90 secondi dal giorno del giudizio nucleare, mai così vicini dai tempi di Hiroshima e Nagasaki
di Ugo Tramballi
2' di lettura
Siamo a 90 secondi dal giorno del giudizio nucleare, mai così vicini dai tempi di Hiroshima e Nagasaki. L’invasione dell’Ucraina e «la minaccia non troppo velata della Russia di usare le armi nucleari, ricordano al mondo che un’escalation – per errore, intenzione o calcolo errato – è un rischio terribile».
Come ogni anno qualche giorno fa il Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago ha calcolato quanto siamo distanti da un conflitto nucleare. Il Doomsday Clock, l’orologio del giorno del giudizio, è un’unità di misura teorica ma lo spostamento delle sue lancette è definito dai comportamenti dei governi. Chi lo calcola è un gruppo di scienziati, fra i quali dieci Nobel. Forse nel tentativo di prendere le distanze dal mostro che avevano creato, il Bollettino era stato fondato nel 1945 da Albert Einstein, Robert Oppenheimer e dagli altri scienziati del Progetto Manhattan: le atomiche sganciate sul Giappone.
Solo 90 secondi all’olocausto
La prima misurazione da qui all’eternità dell’Armageddon è del 1947: sette minuti. Il limite più pericoloso – tre minuti - fu raggiunto nel 1953, quando i sovietici sperimentarono la prima bomba all’idrogeno. Quello più ottimistico nel 1991, dopo i primi accordi sul disarmo e la caduta dell’Urss: 17 minuti.
L’invasione dell’Ucraina è l’atto conclusivo di un lungo periodo di tensioni geopolitiche crescenti: dal 2020 la misurazione del Doomsday Clock non è più in minuti ma in secondi: 100 secondi per tre anni e ora 90.
Per decenni, nei rapporti fra le due superpotenze nucleari - il 93% delle testate nel mondo, è posseduto da Usa e Russia - l’eventualità dell’uso di un’arma così distruttiva era sempre stata un tabù. Nelle loro guerre in Vietnam e Afghanistan, americani e sovietici non avevano mai cercato di evitare la sconfitta usando l’atomica. È ciò che da mesi invece minacciano politici e generali russi di fronte al disastro delle loro operazioni militari in Ucraina. Nell’età nucleare non era mai accaduto.
La Russia, dice il bollettino, «ha anche portato la guerra nei siti nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, violando i protocolli internazionali e rischiando un ampio rilascio di materiali radioattivi. Gli sforzi dell’Agenzia Atomica di mettere al sicuro quelle centrali, sono stati respinti». Le preoccupazioni degli scienziati di Chicago sono ancor più attuali ora che Usa e Germania hanno deciso di dare agli Ucraini i carri armati Abrams e Leopard, considerate armi offensive letali, e missili a lungo raggio.
Al Pentagono sono convinti che anche di fronte a una sconfitta, Putin non userà l’arma atomica: troppo rischiosa per il fallout nucleare e per le reazioni internazionali.
Ma la guerra ucraina, secondo il Bulletin, provoca eventi collaterali. E nel mondo, in Occidente come in Asia, in Oceania e in Africa continua la corsa al riarmo.
Nel 2021, nonostante le conseguenze economiche della pandemia, per la prima volta le spese mondiali per la difesa hanno superato i 2mila miliardi di dollari. E Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina.
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