ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa dura legge del Dragone

La guerra di Xi Jinping contro le big tech: Alibaba deve cedere i media, Pinduoduo decapitata

Il presidente Xi Jinping ha ordinato alle autorità di regolamentazione di intensificare la supervisione delle società di Internet e reprimere i monopoli

di Alberto Annicchiarico

Aggiornato il 18 marzo 2021, ore 10:08

4' di lettura

Ormai è guerra aperta. Il “leader supremo” della Cina ha avvertito che Pechino non darà tregua alle piattaforme tech che hanno accumulato big data e potere di mercato. Il presidente Xi Jinping, 67 anni, al potere dal 2012, lunedì ha presieduto una riunione del comitato di consulenza e coordinamento finanziario più importante del partito comunista, ordinando alle autorità di regolamentazione di intensificare la supervisione delle società di Internet, reprimere i monopoli, promuovere una concorrenza leale e prevenire l'espansione disordinata del capitale, secondo l'emittente statale CCTV . Le società Internet devono migliorare la sicurezza dei dati e le attività finanziarie devono essere soggette a supervisione normativa, ha riferito ancora CCTV. Insomma, nulla deve sfuggire al controllo dello Stato.

Attacco alle piattaforme: il caso Pinduoduo

I commenti insolitamente forti di Xi e dei suoi luogotenenti suggeriscono che Pechino, dopo avere dato il via al crackdown ai primi di novembre sospendendo in extremis la quotazione di Ant Group, 37 miliardi di dollari, la più ricca di sempre, si stia preparando ad amplificare la campagna per frenare l'influenza delle sue più grandi e potenti società private, che finora si è concentrata principalmente sul gigante dell’e-commerce Alibaba di Jack Ma (-15% in Borsa a Hong Kong nell’ultimo mese), che controlla Ant.

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La definizione piattaforme si applica a molti altri giganti di Internet e della telefonia mobile, da Didi Chuxing al gigante delle consegne di cibo Meituan, a big dell’e-commerce come JD.com e Pinduoduo (costituita alle isole Cayman nel 2015, ha appena superato la base utenti di Alibaba e punta a essere il più grande negozio di alimentari del mondo. Ecco come funziona), il cui fondatore Colin Huang, quarantenne ex ingegnere di Google e patrimonio personale di 52,7 miliardi di dollari secondo Bloomberg, dopo il ruolo di ceo ha lasciato anche quello di presidente (sempre a Chen Lei) a valle delle accuse circa le condizioni di lavoro nell’azienda (un dipendente si è suicidato e un altro si è sentito male tornando a casa, in gennaio) e per avere «alterato l’ordine di mercato». Huang ha affidato al consiglio di amministrazione di esercitare i suoi diritti di voto come azionista e si è impegnato a non vendere le sue azioni per tre anni. Ieri al Nasdaq Pinduoduo ha ceduto il 7%.

«Alcune piattaforme del web si stanno sviluppando in modi non standardizzati e questo presenta dei rischi», ha detto CCTV, citando i verbali della riunione. «È necessario accelerare il miglioramento delle leggi che governano le economie delle piattaforme per colmare le lacune in modo tempestivo». Insomma, tutto deve tornare in ordine, anche se questo dovesse danneggiare la stessa economia del Dragone.

Convocazione per 11, il tema deepfake

Proprio martedì le autorità cinesi hanno convocato 11 società del web, tra cui Alibaba, Tencent e ByteDance (TikTok), per discutere della sicurezza online. La scorsa settimana 12 società sono state multate per presunta violazione delle regole antitrust. Il confronto con le 11 società ha riguardato i social network «che non hanno ancora superato le procedure di valutazione della sicurezza», ha riferito la Chinese Cyberspace Administration; altro tema il deepfake, un trucco digitale che rende ultra-realistici video di eventi o discorsi mai realmente accaduti. L'obiettivo della convocazione: conformarsi alla normativa vigente ed eventualmente adottare «misure correttive efficaci». Oltre Alibaba, Tencent e ByteDance, presenti il produttore di smartphone Xiaomi e l'app per brevi video Kuaishou.

Nel mirino il South China Morning Post

Ma nel mirino del governo cinese c’è in particolare Alibaba, sotto la lente dell’Antitrust da fine dicembre. La richiesta è che il gruppo ceda alcune delle sue risorse multimediali, incluso il quotidiano South China Morning Post, il principale quotidiano in lingua inglese di Hong Kong, che possiede al 100%, a causa delle crescenti preoccupazioni sull'influenza del gigante della tecnologia sull'opinione pubblica nel paese. Jack Ma e Alibaba hanno costruito un vasto portafoglio di risorse multimediali nel corso degli anni, coprendo punti vendita online in stile BuzzFeed, giornali, società di produzione televisiva, social media e risorse pubblicitarie. Alibaba ha una partecipazione importante in Weibo, il Twitter cinese, così come in altri organi di stampa online e cartacei. Pechino teme che Alibaba possa utilizzare le sue risorse mediatiche come strumento per controllare l'opinione pubblica, secondo fonti consultate da Bloomberg. I media dell'azienda hanno già svolto un ruolo nell'influenzare l'opinione del grande pubblico sul settore emergente del fintech.

I regolatori hanno esaminato un elenco delle risorse multimediali di Alibaba e sono rimasti scioccati da quanto siano diventati estesi gli interessi dell'azienda. Quindi le hanno chiesto di elaborare un piano per ridurre le partecipazioni, ha riferito il Wall Street Journal, citando persone informate. L’ascesa dell’impero mediatico di Ma è stato visto come una sfida insidiosa al partito comunista. Non è chiaro se Alibaba avrà bisogno di vendere tutte le sue risorse multimediali, ha riportato il Journal.

Il miliardario Ma è apprezzato in Cina come uno degli imprenditori di maggior successo del paese. Eppure il suo destino è cambiato da quando il 24 ottobre durante un summit finanziario si è espresso contro l'approccio normativo cinese al settore finanziario, secondo lui superato dai tempi. La prima mossa del governo è stata mettere in azione le autorità regolatorie che hanno ibernato la quotazione di Ant Group, gigante fintech dei pagamenti e dei prestiti online.

Prossima vittima Tencent

I principali regolatori finanziari vedono l’altro colosso di internet, Tencent, come il prossimo obiettivo per una supervisione più stringente dopo il giro di vite su Ant, ha riferito Bloomberg.

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