La legge europea per il clima alla prova della transizione
Il sistema energetico della Ue sta diventando sempre più verde, ma il carbone continua a generare un quinto dell’elettricità nel continente
di Simone Tagliapietra
3' di lettura
Il Parlamento europeo si è espresso il 7 ottobre scorso in merito alla legge europea sul clima proposta dalla Commissione nell’ambito del Green deal europeo. Con questo atto, l’Unione europea mira ad inserire nella propria legislazione l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, e ad adottare il nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, come proposto dalla Presidente von der Leyen. Dopo il Parlamento, che vorrebbe addirittura un target del 60%, saranno infine i leader europei a doversi esprimere su questo fronte, con un accordo atteso per il Consiglio europeo di dicembre.
L’adozione di una legge europea sul clima rappresenta un passo importante e necessario per il processo europeo di decarbonizzazione. Perseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 non sarà facile, ma l’Europa ha tutti gli strumenti per far fronte agli ostacoli che inevitabilmente si incontreranno durante il cammino.
Uno degli ostacoli più rilevanti al processo europeo di decarbonizzazione è sicuramente rappresentato dal carbone.
Il sistema energetico europeo sta sì diventando sempre più verde, ma il carbone continua a generare un quinto dell’elettricità nel continente. Il combustibile fossile più inquinante continua a generare il 70% dell’elettricità di un importante paese come la Polonia, e continua a rappresentare l’elemento principale nei sistemi elettrici di paesi come la Repubblica Ceca e la Bulgaria.
Per quanto incredibile possa sembrare, la stessa Germania continua a trarre dal carbone un terzo della propria elettricità.
Non sorprende, dunque, che sia oggi proprio la Polonia a manifestare i maggiori dubbi sull’opportunità di accelerare il processo europeo di decarbonizzazione, con un nuovo - ambizioso - target al 2030.
Ben consapevole di questa situazione, l’Unione europea ha messo in cantiere – nel quadro del suo Green deal – la costituzione di un Fondo per la giusta transizione (nell’acronimo inglese, JTF) finalizzato ad affrontare le ripercussioni socioeconomiche della transizione, concentrandosi sulle regioni, sulle industrie e sui lavoratori che dovranno far fronte alle sfide più pressanti da essa derivanti.
Lo scorso maggio, la Commissione europea ha proposto di dotare il JTF di 43 miliardi di euro - un aumento di cinque volte rispetto alla sua proposta iniziale del 2019 – attraverso nuove risorse provenienti dal recovery fund, Next Generation EU.
Nel mese di luglio, i leader europei hanno tuttavia deciso di dimezzare la dote del JTF portandola a 17,5 miliardi di euro. Ciò ha rappresentato uno dei principali lati negativi dello storico accordo del Consiglio europeo sul bilancio dell’Unione e sul recovery fund, che ha visto tagli sostanziali agli investimenti di Next Generation EU in quelli che effettivamente possono essere identificati come beni pubblici europei (non solo il JTF, ma anche i fondi per la ricerca e l'innovazione e per la cooperazione internazionale).
Facendo seguito a questo importante taglio, nel mese di settembre il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che chiede di portare le risorse del JTF ad un livello di 57 miliardi di euro – di cui 25 miliardi dal bilancio UE e 32 miliardi dal Next Generation EU).
I negoziati tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sul bilancio pluriennale dell’Unione sono ora in corso.
È auspicabile che da tale negoziato ne scaturisca un JTF più forte, in quanto esso rappresenta davvero un elemento importante per garantire l’inclusione sociale e l’accettabilità politica del processo europeo di decarbonizzazione - soprattutto considerandone la decisa accelerazione dei prossimi 10 anni.
Per raggiungere i suoi obiettivi, il JTF non necessita solo di più risorse, ma anche di una buona governance.
Ad esempio, sarebbe particolarmente importante concentrare il JTF sul sostegno sociale alle popolazioni dei territori in transizione e, seppur in misura minore, sul ripristino dei territori interessati. È altresì auspicabile che le metodologie di assegnazione dei fondi del JTF siano disegnate in modo da opportunamente considerare nell'allocazione anche gli obiettivi e la effettiva implementazione delle strategie di decarbonizzazione presentate dai singoli paesi alla Commissione europea.
Quella della giusta transizione rappresenta una questione importante per il futuro della politica climatica europea.
Solo fornendo una risposta convincente tale sfida l’Unione Europea potrà effettivamente rimuovere un importante ostacolo sul suo percorso di decarbonizzazione.
Dopo anni di discussioni, è giunto il momento per l’Europa di dotarsi di questo importante strumento, e di promuovere con esso due importanti obiettivi: la decarbonizzazione e l’inclusione sociale.
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