La leva fiscale è il prossimo market mover: Berlino apripista
Una nuova fase di rilancio delle politiche fiscali, in particolare in Germania, potrebbe rappresentare il prossimo “market mover” per i mercati finanziari. È quanto emerge dal sondaggio tra gli operatori finanziari condotto da BofA Merrill Lynch: la politica fiscale a livello globale è troppo restrittiva e l’evento che più di tutti potrebbe sostenere i mercati finanziari è un piano di stimolo fiscale tedesco
di Andrea Franceschi
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Una nuova fase di rilancio delle politiche fiscali, in particolare in Germania, potrebbe rappresentare il prossimo “market mover” per i mercati finanziari. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio tra gli operatori finanziari condotto da BofA Merrill Lynch. Secondo il 37% degli intervistati la politica fiscale a livello globale è troppo restrittiva in questa fase e il 30% dei gestori sondati ha dichiarato che l’evento che più di tutti potrebbe sostenere i mercati finanziari nei prossimi sei mesi è un piano di stimolo fiscale tedesco.
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Tra i potenziali “market mover” si cita anche un’accelerazione degli investimenti infrastrutturali della Cina ma quest’opzione non è tanto gettonata quanto un potenziale stimolo dalla Germania. Quantomeno non rappresenterebbe una novità altrettanto significativa. «In questi anni - spiega Domenico Rizzuto di DR Finance consulting - le maggiori economie mondiali (Stati Uniti, Cina e Giappone) hanno fatto politica fiscale. La Germania no. Il Paese ha accumulato surplus limitando gli investimenti pubblici all’essenziale. Se questo quadro dovesse cambiare significativamente i mercati avrebbero solo da guadagnarci».
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Ci sono due ragioni per cui la Germania è il primo Paese indiziato per mettere in atto una misura di questo tipo: 1) l’economia dopo anni di forte crescita sta dando evidenti segnali di rallentamento e potrebbe entrare in recessione tecnica qualora il Pil dovesse ridursi anche nel terzo trimestre dopo la flessione registrata nel primo 2) Il Paese ha lo spazio fiscale per farlo e grazie ai tassi negativi che pagano i suoi titoli di Stato può agilmente raccogliere le risorse che servono chiedendole in prestito al mercato.
Il ministro delle finanze Olaf Scholz ha aperto alla possibilità di un piano pluriennale di investimenti pubblici per un controvalore di 50 miliardi e domani il governo tedesco annuncerà un atteso pacchetto di misure per contrastare i cambiamenti climatici. Nel frattempo anche un altro Paese “rigorista”, l’Olanda, ha annunciato una svolta analoga confermando l’intenzione di lanciare un fondo per gli investimenti da decine di miliardi di euro in un arco temporale di 30 anni. Anche Paesi con minor spazio di manovra come l’Italia, la Francia o la Spagna potrebbero muoversi nella stessa direzione se la Commissione darà il via libera e se in sede Ue ci dovessero essere aperture allo scomputo degli investimenti dal calcolo del deficit. Intanto non si può fare altro che constatare il fatto che i governi più rigoristi stiano di fatto accogliendo l'invito del presidente della della Bce Mario Draghi a «fare la loro parte» nel contribuire al rilancio dell’economia.
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Per sostenere l’economia e arginare il rischio di una recessione - è il concetto di fondo - la banca centrale ha fatto tanto (persino troppo stando ai suoi detrattori). Ora è tempo che gli Stati che hanno la possibilità di farlo mettano mano al portafoglio contribuendo direttamente a dare lo stimolo di cui c’è bisogno.
Uno scenario del genere viene visto favorevolmente dai mercati. Gli indici quest’anno hanno corso molto: Piazza Affari, ieri in rialzo dello 0,67%, mostra un saldo positivo del 18,98% da inizio anno, l’indice Msci World delle Borse mondiali ha guadagnato il 16,8 per cento. Ma questo rialzo è stato innescato solo dalle aspettative sugli stimoli monetari delle banche centrali perché i fondamentali dell’economia restano in deterioramento. Ora che le banche centrali hanno messo in atto i loro strumenti e che non c’è più un catalizzatore il rischio è che la bolla si sgonfi quando, come in molti temono, si arriverà alla recessione globale. Le politiche fiscali possono contribuire ad attutire il colpo facendo sì che la temuta recessione si trasformi in un atterraggio morbido.
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