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«È sorprendente quante persone sono turbate dall’onestà e quante poche dall’inganno», diceva Sir Noël Coward, regista e compositore inglese. Di raggiri e tranelli sembra lastricata la strada della sostenibilità, parola chiave dell’ultimo decennio. Non lo dimostra soltanto la ridda di contromisure alle quali si sta ricorrendo per tentare di fermare i fenomeni di washing, come le proposte di direttive europee sul diritto alla riparazione e sui green claims che puntano a tutelare i consumatori da affermazioni ingannevoli e ad aiutarli nell’assumere decisioni di acquisto informate. Lo provano anche alcune manifestazioni per il clima, eccessi ideologici che finiscono per diventare controproducenti, allontanando le persone dalla causa anziché avvicinarle. «Solo mettendo i fondamentali della terra nella contemporaneità del territorio in transizione ecologica si evitano i fondamentalismi della retrotopia mettendo in mezzo l’eterotropia, che altro non è che l’utopia del fare qui e subito, sempre più urgente», ha scritto Aldo Bonomi sul Sole del 7 novembre, legando il pensiero di Bauman ai dati del rapporto Symbola «Green Italy 2023». Ha ragione. Contrapporre natura ed economia, ambiente e mondo della produzione, è una strategia fallimentare, forse la trappola più pericolosa. Il manicheismo e i pregiudizi sono nemici dello sviluppo sostenibile, quello «che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri», come recita la prima definizione coniata nel rapporto Onu «Our common future» del 1987. È di pragmatismo illuminato che invece abbiamo bisogno. E di memoria.
Guido Carli, da Governatore della Banca d’Italia, riconobbe i passi avanti sostanziali compiuti dal Paese negli anni 60, ma tenne a sgombrare il campo da automatismi fuorvianti. «Il fatto che alla periferia di alcune delle città italiane sorgano nuovi stabilimenti in alcuni casi modernissimi – disse in un discorso del 1969 – non significa necessariamente che gli operai, gli ingegneri, i tecnici che vi lavorano trovino una scuola decente per i propri figli, trovino un ospedale, un ufficio postale». Una lezione attualissima di sostenibilità: il miglioramento economico deve sempre tradursi in progresso sociale. Quando Carli si adoperò per un deciso cambio generazionale a Palazzo Koch, innovando la formazione e favorendo le esperienze all’estero, stava rispondendo a un’urgenza avvertita in ogni incarico che ricoprì: fare largo ai giovani, alle «forze rigogliose» in cui nutriva speranza, contro i «lacci e lacciuoli» che condannavano l’Italia al ristagno. Il secondo grande insegnamento di sostenibilità: gettare oggi i semi per le piante di domani, riconoscere il merito, liberare energie. Infine, l’eredità più importante dello statista: la crescita e il lavoro considerati imperativi etici, contro ogni ottusa rigidità. Carli vedeva nell’Europa di Maastricht, con il Trattato che fu il suo capolavoro negoziale, il viatico per la costruzione di una «casa comune» capace di spingere l’Italia verso «un nuovo patto tra Stato e cittadini, a favore di questi ultimi». La sostenibilità a tutto tondo perseguita da Carli riecheggia nelle recenti affermazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Crescita, coesione sociale, equilibrio ambientale, qualità del lavoro sono tra loro strettamente connessi. Laddove crescessero diseguaglianze, emarginazioni, povertà, sarebbe l’intera società a fare un passo indietro».
Questo è lo spirito con cui il 1° dicembre, nella Sala della Regina della Camera dei deputati, la Fondazione Guido Carli, che mi onoro di presiedere, inaugurerà la nuova stagione di attività con la Convention «Sostenibili futuri. Guida visionaria al domani che vogliamo». Dopo il saluto della vicepresidente della Camera, Anna Ascani, interverranno il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e Giampiero Massolo, consigliere della Fondazione. A seguire, otto top manager e imprenditori che nei settori più diversi, ogni giorno sono impegnati a costruire benessere salvaguardando la qualità della vita delle nuove generazioni. Senza inganni, per una sostenibilità onesta che sappia indossare sempre tre paia di lenti: ambientali, economiche e sociali. Tenendo a mente il monito dello storico Yuval Noah Harari: «In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere».
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