Interventi

La logica (e la logistica) di un accordo tra Msc, Lufthansa e Ita Airways

di Ennio Cascetta e Vittorio Marzano

(IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

La proposta congiunta di Msc e Lufthansa per acquisire la maggioranza azionaria di Ita Airways ha – a ragion veduta – destato moltissimo interesse nel settore del trasporto e della logistica italiani. Le cifre e i contorni dell’operazione non sono ancora noti, in particolare l’assetto azionario e al governance della compagnia. Se la quota di Lufthansa fosse di maggioranza, si tratterebbe di un nuovo capitolo della ormai storica competizione tra compagnie aeree, Delta Airlines e Airfrance/Klm in prima fila, storicamente interessate al nostro mercato aereo. È però difficile immaginare che Msc entri nella partita solo come sleeping partner, magari interessata a sinergie sul cargo con Lufthansa a scala globale, sulla scia di Maersk (insieme a Msc nell’alleanza 2M) che ha iniziato a presidiare direttamente il trasporto aereo con l’acquisizione della Senator International lo scorso novembre. Di converso, una partecipazione “di controllo” di Msc aprirebbe nuove e inedite prospettive, e in tal caso la questione da porsi è quale sia lo scenario più conveniente per l’Italia. Nel primo caso si tratterebbe di una operazione di integrazione orizzontale (con auspicate economie di scala), nel secondo di una integrazione verticale con economie di scopo.

Riteniamo che la proposta di Msc/Lufthansa, con un ruolo forte di Msc, sia da preferire rispetto a quella di vettori aerei “puri”, per diversi motivi.

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L’Italia basa la propria economia in buona parte su turismo ed esportazione di beni di fascia medio-alta, e per entrambi è cruciale una rete estesa e diretta di collegamenti aerei internazionali per passeggeri e merci. Basti pensare che oltre il 25% del totale del valore delle esportazioni italiane extra-Ue (che peraltro corrisponde appena al 2% in quantità) attraversa le nostre frontiere per via aerea, un dato sottostimato se si considera che in questa quota non figurano le esportazioni nazionali che partono dagli altri aeroporti europei, Monaco di Baviera in primo luogo, raggiunti tipicamente su gomma. È peraltro ben noto che la profittabilità di una compagnia aerea di bandiera si fondi essenzialmente su collegamenti intercontinentali e che il presidio del cargo aereo sia importante per le economie nazionali. Oggi Ita Airways ha una dotazione di 52 aerei, che saliranno a 77 a fine 2022, di cui solo 14 per il lungo raggio; la previsione è di arrivare a fine 2025 con 105 aeromobili. Per confronto, Air France conta su 269 aeromobili di cui 98 per il lungo raggio e Air France/Klm Cargo opera 15 aerei all cargo; Lufthansa opera 282 aerei di cui 28 per il lungo raggio e Lufthansa Cargo 11 aerei dedicati a lungo raggio. Una fusione con i colossi europei dell’aria relegherebbe Ita Airways a una ben nota condizione di sussidiarietà sia del network aereo, che vedrebbe la maggior parte dei voli intercontinentali passeggeri e cargo operati dagli hub europei del partner, sia delle operazioni accessorie. Come è noto, le attività di handling e di terra sono state scorporate dalla vecchia Alitalia e non sono entrate in Ita Airways. Molti sono gli esempi in tal senso, due su tutti: le acquisizioni delle ex compagnie di bandiera Sabena e Swiss Airways proprio da parte di Lufthansa.

Una presenza maggioritaria di Msc nell’operazione aprirebbe invece scenari inediti di integrazione verticale e consentirebbe in linea di principio di perseguire piani industriali più ambiziosi e di maggior concorrenza rispetto agli altri vettori aerei già presenti sul mercato. Interessante la possibile integrazione con il traffico crocieristico, con evidenti economie di scopo, nel Mediterraneo ma anche nei Caraibi e nel Sud America. Ancora più significativa la possibilità di far crescere il traffico cargo: Msc è ormai il primo vettore container al mondo e offre servizi di trasporto integrati anche a terra, come testimoniano le recenti iniziative di Medlog e Medway, rispettivamente operatore logistico e impresa ferroviaria. Tutto ciò mantenendo base e testa in Italia per diverse ragioni, a iniziare dalla presenza nei terminal container e in home port crocieristici in diversi porti italiani, da Genova a Gioia Tauro. A oggi non c’ è altro operatore nel mondo nella posizione di creare sinergie sia nel mercato crocieristico sia in quello del cargo. Infine, ma non da ultimo, si avrebbe la possibilità di far uscire definitivamente la ex Alitalia dalla logica di gestione pubblica che negli scorsi decenni ha accumulato numerosi fallimenti a spese dei contribuenti, impedendo alla seconda manifattura e al terzo Paese per presenze turistiche d’Europa di usufruire di servizi aerei e di conseguenza di una accessibilità paragonabili a quelli dei nostri competitor più diretti. Certo, sarebbe stato preferibile che questa operazione fosse avvenuta venti anni fa, possibilmente con imprese italiane. Non ne siamo stati capaci, c’è da augurarsi che non si sprechi anche questa opportunità.

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