il dossier

La Lombardia prepara la riforma sanitaria, più forza ai servizi sul territorio

Revisione del budget ai privati, medici disponibili 12 ore al giorno e meno assessori

di Sara Monaci

(ANSA)

2' di lettura

Un unico assessorato che riunisca insieme Welfare, Famiglia e Assistenza sociale; revisione del budget per gli operatori privati; un “modello Milano” con un’unica Azienda sanitaria (con la Asst Milano Nord che accorpa tutto); un’unica Agenzia di Tutela della Salute per tutta la Lombardia (come in Veneto) e fondo di investimenti dove scorporare il patrimonio immobiliare delle aziende ospedaliere. Sono alcuni dei principali contenuti del dossier di riforma sanitaria su cui stanno lavorando i vertici della Regione Lombardia.

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La bozza, che potrebbe portare nel giro di pochi mesi a ridisegnare organizzazione ospedaliera, medicina territoriale e assessorati, è composta da tre proposte: quella della Direzione generale della Regione, quella di un team esterno di esperti, quella della Lega, il partito di maggioranza.

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Ecco le principali novità. La Direzione generale propone di accorpare in un unico assessorato la programmazione sanitaria-sociosanitaria e socioassistenziale, e questa impostazione è condivisa anche dalla Lega che propone di creare una sola Azienda Welfare «che sostituisce l’attuale direzione generale» e dove il «Dg è il responsabile della struttura tecnica e agisce in collaborazione con l’assessore al Welfare. Vengono istituite tre direzioni: ospedaliera, medicina territoriale e sociosanitaria e sette direzioni di Unità operativa».

Rafforzamento della medicina territoriale

Per quanto riguarda la medicina territoriale - la grande lacuna durante i mesi del coronavirus - va rafforzata per la Lega, che parla di «Medici di medicina generale in forma aggregata che devono garantire il servizio al cittadino almeno 6 giorni a settimana su 12 ore giornaliere», con potenziamento di figure quali l’infermiere di famiglia e di comunità. Si torna a parlare di «distretti della Salute».

La Direzione generale propone invece un «consolidamento dei punti di accesso territoriale e maggiore gestione infermieristica delle degenze di transizione», mentre i “supertecnici” parlano di servizi delle Usca (le unità di medici familiari).

Il rapporto tra pubblico e privato

Tra gli aspetti più delicati c’è il rapporto tra pubblico e privato. Qui la riforma entra nel vivo, ma con punti controversi. Per la Lega i due ambiti «hanno pari dignità», però vanno rivisti i sistemi di finanziamento del settore privato, passando «d alla logica del budget agli obiettivi di cura...individuazione di piani di 3-5 anni in base ad obiettivi di specificità territoriale, con priorità alla riduzione delle liste d’attesa».

Qui sembra alludere al fatto che i privati dovrebbero concorrere alla programmazione pubblica, sulla base del fabbisogno reale. Ma si introduce anche un sistema di «premialità basate sulla valutazione delle performance con un rating qualitativo». Un sistema che sembrerebbe simile a quello già esistente durante le legislature di Roberto Formigoni (le funzioni non tariffabili).

Ospedali a rischio vendita

I tecnici sottolineano che «equiparazione non corrisponde a uguaglianza...il privato risponde all’obiettivo generale del Sistema sanitario». E pure per la Direzione generale bisogna fare una «revisione delle tariffe e sperimentazione di regimi remunerativi non basati su Drg (la valutazione del fabbisogno dei pazienti, ndr)». Infine un tema particolarmente delicato, proposto dalla Lega: la costituzione di un fondo di investimento misto in cui conferire i beni immobili di Ats e Asst. Un tema spinoso, che potrebbe essere l’anticamera per la vendita degli stessi ospedali.

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