La Lombardia regione leader per le imprese della moda: circolarità e innovazione le sfide più urgenti
Il settore moda regionale ha un giro d’affari di 26 miliardi, con oltre 28mila imprese che danno lavoro a più di 180mila persone. L’assessore Mazzali: «Cruciale comunicare l’unicità dello stile lombardo ai buyer nazionali e internazionali»
di Giulia Crivelli
2' di lettura
Come accade in altri comparti manifatturieri, i numeri del tessile-moda-accessorio (Tma) confermano il ruolo strategico della Lombardia. Dati ricordati di recente a Milano in occasione del convegno «La filiera produttiva del Fashion», organizzato da Assolombarda Moda. Il settore moda in Lombardia ha un giro d’affari di 26 miliardi, grazie a oltre 28mila imprese che danno lavoro a più di 180mila persone. Dai dati del registro imprese, a fine 2022 sono 11.032 le imprese attive nel settore moda a Milano, 13.263 a Milano Monza Brianza Lodi su 27.897 in Lombardia e 197.466 in Italia. Numeri da leadership che comportano oneri, oltre che onori: «Le imprese lombarde stanno già puntando su modelli di produzione più circolari e sulla ricerca per creare materiali nuovi, a minor impatto ambientale – ha spiegato Barbara Mazzali, assessore a Turismo, moda e marketing territoriale della Regione Lombardia –. Va in questa direzione il programma dell’assessorato che mette a disposizione 2 milioni di euro per l’innovazione delle Pmi della moda e del design».
L’assessore Mazzali ha poi toccato il tema del fast fashion e della delocalizzazione della produzione, tornato di estrema attualità per le proteste dei lavoratori sottopagati e sfruttati in Bangladesh e Cina, dove si registrano, fatto inedito per il Paese, scioperi per rivendicare migliori condizioni. «In Italia, Europa e in molti altri Paesi si sono affermate da tempo le catene del cosiddetto fast fashion – ha ricordato Barbara Mazzali –. Si tratta di prodotti di moda sicuramente più accessibili per i consumatori, dal punto di vista economico, ma anche indiscutibilmente poco sostenibili, sia dal punto di vista sociale che ambientale».
Il riferimento è appunto allo sfruttamento della manodopera in alcuni Paesi extra Ue (il citato Bangladesh, ma vale anche, ad esempio per il Vietnam), alle discariche che si trovano in alcune nazioni dell’Africa e all’utilizzo di materiali inquinanti (partica della quale la Cina è stata più volte accusata). «I capi del fast fashion – ha aggiunto l’assessore alla Moda della Lombardia – durano mediamente una stagione nei nostri armadi e non sono riciclabili. La sfida è quella di riconquistare quella fetta di mercato che oggi si rivolge al fast fashion, responsabilizzandoli: indossare un capo di qualità e buona fattura significa non solo vestire con stile, ma essere rispettosi dell’ambiente, che è il grande tema del dibattito mondiale».
Raccogliendo un tema al centro del convegno di Assolombarda, la rivoluzione digitale, Barbara Mazzali ha concluso: «Sento parlare di trend tecnologici e di cyber fashion, con l’uso di visori e realtà aumentata per provare capi e accessori da una parte all’altra del mondo, ma oggi penso sia anche centrale comunicare l’unicità dello stile lombardo ai buyer nazionali e internazionali, un modo anche per favorire l’internazionalizzazione delle nostre Pmi. Il mio assessorato lavora in questa direzione, con una strategia precisa: creare un brand Lombardia style».
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