4' di lettura
Una domanda riecheggia spesso in questi giorni di celebrazioni del cinquantesimo del primo sbarco lunare: perché torniamo sulla Luna? La Nasa ha illustrato un piano molto articolato, assieme a Europa, Canada e Giappone, per tornare sulla Luna e restarci: costruire Gateway, una stazione spaziale orbitante attorno al nostro satellite e da lì fare una serie di missioni al suolo lunare per costruire una base permanente, in cui far vivere a lungo astronauti e sviluppare tecnologie per il secondo, fondamentale balzo, quello verso Marte.
Altri articoli:
•Vai al dossier sui 50 anni dallo sbarco sulla luna;
•Ariosto, Kubrick e David Bowie: quando l'arte «sale» sulla luna;
•Dall'elettronica alle auto le ricadute sulla terra di Apollo 11
La vera domanda che dovremmo farci però è: «Come mai sulla Luna, finite le missioni Apollo non siamo più tornati?». Mille le risposte possibili, dalla carenza di fondi - andare sulla Luna costò il 4% del Pil Usa per anni - al mutato scenario politico negli anni ’70. Ma la domanda resta tutta in piedi, specie se compariamo questo passo dell’umanità con l’altro gigantesco salto: la scoperta dell’America nel 1492. Colombo, già nel 1493, tornò subito da quelle parti con 17 navi e centinaia di soldati per assicurare quelle terre alla Corona di Spagna.
Oggi torniamo perché c’è una nuova rivoluzione commerciale che avrà luogo nello spazio profondo. È la tanto citata Space Economy, basata sullo sfruttamento minerario di Luna e altri corpi del sistema solare, turismo spaziale, ricerca e sviluppo. Secondo Nasa gli investimenti di oggi sono il carburante della rivoluzione e la ricchezza di domani.
Altri articoli/ Torneremo sulla Luna, ma questa volta per restarci
In Italia la tradizione spaziale c’è: basta ricordare che fu grazie all’antenna di Telespazio alla Stazione del Fucino, tuttora di fondamentale importanza, se i segnali televisivi che arrivavano dalla Luna, commentati dai famosi amici-nemici Tito Stagno e Ruggero Orlando, furono ricevuti il 20 luglio di 50 anni fa e diffusi dappertutto.
Oggi nel nostro Paese il settore vale almeno 1,6 miliardi di euro l’anno, impiega più di 6mila persone molto qualificate e, accanto a giganti come Leonardo con le sue partecipate del settore, offre un tessuto connettivo di qualità, con oltre 250 Pmi. Recenti quotazioni in Borsa, prima dell’industria di lanciatori Avio e ora, recentissima, la quotazione di Officina Stellare dimostrano che al settore molti credono e, soprattutto, pensano che la reddittività sia compatibile con i tempi dell’industria.
Il nuovo approccio voluto da Barack Obama - ricerca e sviluppo all’agenzia governativa e commerciale ai privati -, negli Usa funziona già alla grande, con contratti miliardari per la SpaceX di Elon Musk o la Blue Origin di Jeff Bezos. Secondo diversi analisti, come Ubs, Morgan Stanley e Bryce - i report sono liberamente accessibili in rete -, il mercato globale vale 350 miliardi di euro oggi, ma per la metà del secolo potrebbe arrivare a dieci volte tanto.
Scopo delle agenzie spaziali nazionali è facilitare sempre più gli investimenti privati nel campo, dato che sono i servizi al consumatore finale, e non i tradizionali campi della costruzione di satelliti e lancio, a essere i più profittevoli. Basta pensare che la manifattura di satelliti e il lancio “costano” circa 25 miliardi, contro i 115 della sola televisione, radio e servizi di banda larga dallo spazio che possiamo classificare oramai come tradizionali. Un mercato in piena evoluzione quindi, in cui aziende italiane, come la e-Geos, offrono già importanti servizi, sofisticati, ma semplici da fruire, a esempio nello sviluppo della preziosa agricoltura di precisione, sorvegliata dallo spazio.
I nuovi campi, da tempo un po’ troppo sovraesposti dai media, sono il turismo spaziale e l’estrazione di risorse, mining, di Luna e asteroidi. Da parecchi anni Sir Richard Branson promette di portarci a cento chilometri di altezza, col suo splendido aereo-astronave Cavaliere Bianco, per farci poi provare la microgravità, al costo di 250.000 euro. Ora pare che ci siamo: un fondo importante immetterà 800 miliardi di capitale nell’impresa, che vedrà finalmente il primo volo il prossimo anno. Anche in Italia, a Grottaglie in Puglia, si sta attrezzando uno “spazioporto” sulla base di una struttura esistente. Il vero sbocco però sembrano essere i voli intercontinentali iperveloci: da Londra si va in alto a 100 chilometri e in mezz’ora si scende a New York.
Per la Luna la polvere, di cui è ricoperta, è una miniera a cielo aperto di ferro, titanio, metalli, acqua e quell’araba fenice dello spazio che è l’Elio 3, isotopo fondamentale per la fusione nucleare, che i fisici rincorrono qui sulla Terra da decenni. Gli europei, con l’agenzia spaziale Esa, contano di iniziare esperimenti per lo sfruttamento del suolo lunare nel 2025.
Molti pensano che gli asteroidi siano ricchi di materie prime importanti, come materiali ferrosi, nichel, oro e titanio, ma anche se siamo appena stati più volte su vari asteroidi, lo sfruttamento resta un rebus economico e un obiettivo tecnologico un po’ lontano. Certo in entrambi i casi, se non si inizia mai si arriva.
Di sfondo una domanda: di chi è la Luna? E gli Asteroidi? La legislazione è vaga e risale al 1967. Meglio che l’Onu si rimbocchi le maniche: le guerre stellari meglio vederle solo al cinema.
- Argomenti
- NASA
- Apollo 11
- Space Economy
loading...