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La lunga onda-Silicon Valley Bank sul sistema dell’arte

Una settimana dopo il crollo della banca di Santa Clara si contano i feriti tra i player culturali statunitensi. E anche sul destino della collezione del Credit Suisse si aprono diversi scenari

di Giuditta Giardini

5' di lettura

Nella settimana successiva al collasso della Silicon Valley Bank (SVB) del 10 marzo scorso si iniziano a contare i feriti anche tra le schiere dei maggiori “player” del mercato dell'arte degli Stati Uniti. Dai Social Impact Reports delle banche fallite sembra che molte tra startup, istituzioni culturali e musei statunitensi soffriranno ricadute a livello di sponsor e contributi filantropici. Nel caso dei musei, con questa improvvisa mancanza di liquidità, si dovranno spremere gli endowment, i tesoretti dei musei, già provati dal Covid, o ricorrere alla “deaccession” e conseguente vendita delle opere nelle collezioni permanenti.

La SVB, banca regionale con sede a Santa Clara, California, è stata ‘chiusa' dalla Federal deposit insurance corp, l’autorità di regolamentazione della California dopo che i depositi erano stati prosciugati e la banca era diventata insolvente. SVB, come è noto, era specializzata nel finanziamento di “venture capital-backed startup” ossia nel supportare lo sviluppo di società di nuova formazione con progetti di business ad alto contenuto tecnologico, altamente “scalabile”, come, appunto, le tech startup che popolano la Silicon Valley. Il business del venture capital è ciclico e varia da 3 a 10 anni. Dopo la costituzione del fondo, la raccolta di capitali, la selezione degli investimenti, il closing delle operazioni di finanziamento delle singole portfolio companies, è prevista assistenza all'imprenditore e la liquidazione dell'investimento che è strumentale alla restituzione agli investitori dei capitali precedentemente apportati maggiorati di un ritorno del 25-35% annuo, nella speranza che la gestione del processo induca questi ultimi ad investire nuovamente in un nuovo fondo. Durante la pandemia, la SVB aveva visto aumentare i depositi da 60 miliardi di dollari del 2019 a 198 solo nel primo trimestre del 2020 diventando, in pochissimo tempo, la sedicesima banca più grande degli Stati Uniti. Per soddisfare clienti sempre più esigenti, dal 2020, SVB aveva attivato un servizio di art-secured lending per High Net Worth Individuals (HNWIs) - collezionisti di arte, vino e automobili - e galleristi cercando di incentivare un mercato meno entusiasta rispetto a quello newyorkese. Tra l'altro, che il mercato dell'arte contemporanea della West Coast necessitasse di un boost l'aveva capito Gagosian già nel maggio 2021 quando aveva chiuso il suo branch di San Francisco. Tuttavia per altri galleristi, come Zwirner e Lisson, Los Angeles continua ad essere una meta vivace per nuovi spazi.

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L'onda di sfiducia e incertezza generata nei mercati finanziari si è abbattuta sulla Signature Bank di New York, con focus su real estate e depositi di criptovalute per un valore di 100 miliardi di dollari, che due giorni dopo SVB è stata chiusa dall'autorità newyorkese di controllo. Signature Bank era anche specializzata nel supporto di musei e istituzioni culturali, il suo contributo filantropico per il biennio 2020-2021 era stato pari a 5 milioni di dollari (2 milioni e 3 milioni di $), con una parte di queste donazioni stanziate per organizzazioni culturali determinate a monte come la San Francisco Opera. La Banca figurava anche tra i cosiddetti corporate sponsor del Metropolitan Museum of Art e del Brooklyn Museum. Nel 2022 aveva donato tra 10.000 e 25.000 $ al Manhattan's Second Stage Theater. Oltre all'attività filantropica, la Signature Bank aveva all'attivo prestiti con alcuni teatri all'interno del federale Paycheck Protection Program (PPP), stabilito nel 2020 per aiutare nel periodo post-Covid la ripresa tramite il finanziamento di piccole e medie attività in difficoltà. La Banca aveva finanziato l'attività del San Francisco Opera, dell'American Conservatory Theater, dell'Atlantic Theater Company e del Berkeley Repertory Theatre con prestiti per molti milioni di dollari secondo quanto riportato da PPP a CNN. Oltre alla SVB e alla Signature Bank anche First Republic Bank, anche questa in sofferenza, avrebbe rilasciato prestiti a molte istituzioni culturali rimaste anonime.

Mercato NFT stabile

Secondo gli esperti di crypto-trading, il fallimento di Silicon Valley Bank ha avuto un impatto limitato sul mercato decentralizzato di Nft e i sulle migliori collezioni come CryptoPunks, Bored Ape Yacht Club e Bored Ape Yacht Club. Negli ultimi sei mesi il “floor price” (ossia il valore dell'opera meno costosa della collezione) di CryptoPunks è rimasto invariato. A crescere, di nuovo, sarebbe l'entusiasmo dei consumatori per gli Nft (forse un sintomo di maturazione del mercato?) dopo l'incredibile discesa dei primi due trimestri del 2022. Sembra, infatti, che a seguito del fallimento di SVB, gli investimenti in digital asset di Signature e Silvergate Bank, visti come a rischio, siano rimasti stabili. Contemporaneamente, la scorsa settimana, Bitcoin BTCUSD, 2.42%, ha segnato tre giorni da record che non si registravano da ottobre 2019.

La collezione di Credit Suisse

Dopo il fallimento di SVB e Signature Bank negli Stati Uniti e il ritiro di sostanziosi capitali da una delle principali banche di investimento europee e la seconda banca svizzera, Credit Suisse, il settore bancario ha iniziato a vacillare. Il 20 marzo è arrivata la conferma della fusione di Credit Suisse con la prima banca svizzera Ubs entro la fine del 2023. Credit Suisse ha già fatto sapere che nei prossimi mesi avvierà la sua ristrutturazione: “in collaborazione con Ubs”. C'è da chiedersi quindi che fine farà la sua ricca collezione di opere d'arte contemporanea diffusa nei suoi tanti uffici internazionali. Tre sono le ipotesi che si prospettano: la più felice è naturalmente quella che prevede che la banca mantenga un’identità e la sua collezione. La seconda è quella che Monte dei Paschi è riuscita a scampare (grazie anche ad un vincolo posto sull'intera collezione dalla Soprintendenza archeologica per le province di Siena, Grosseto ed Arezzo), su cui puntava Bruxelles, ossia vendere le opere per contribuire a risanare il bilancio. La terza via è quella percorsa da Intesa Sanpaolo: far diventare l’arte un asset patrimoniale, facendo confluire le opere di Bank Austria (circa 10mila pezzi tra cui opere dell'Art Nouveau e dell'Espressionismo viennese), di Hypovereinsbank (circa 20mila opere tra cui alcune di Goya e dell'Impressionismo e dell'Espressionismo tedeschi) e degli istituti acquisiti in Polonia, Russia e Turchia e più di recente di UBI Banca, nella sua collezione che espone nei suoi spazi e presta a musei di mezzo mondo. Questa terza via è stata percorsa anche da Unicredit che con l'acquisizione di Capitalia nel 2007 ha visto l'ingresso di un patrimonio di incredibile valore con opere di Dosso Dossi, Guercino, Morandi, Carrà, De Chirico, Vezzoli e Brodsky, peccato poi strada facendo non aver valorizzato la sua collezione in pubblico e aver deciso di vendere alcuni highlight come le grandi tele di Gerhard Richter e Sam Francis, comprate in asta proprio da Intesa SanPaolo.

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