Interventi

La magistratura e la sfida della formazione per dare senso alle riforme

di Gabrio Forti e Matteo Caputo

4' di lettura

Senza volerlo, la magistratura italiana ha fatto ingresso nella stagione delle riforme. Gli scandali e la spinta vigorosa dei finanziamenti annessi al PNRR hanno acceso un dibattito tra gli addetti ai lavori, chiamati a confrontarsi su un programma di incisivi mutamenti, voluto dalla Ministra Cartabia e da realizzare attraverso il sapiente coinvolgimento di magistrati, avvocati e docenti universitari in apposite commissioni di studio.
Al di là delle soluzioni pratiche che, auspicabilmente, vedranno la luce e che dovrebbero corrispondere a una strategia di interventi multilivello (dal CSM ai meccanismi di reclutamento e di nomina, dalla riforma del sistema disciplinare ai rapporti con la politica e i mass media etc.), preme sottolineare la diffusa percezione di una crisi di identità in cui versano la vocazione e la carriera di chi oggi supera il concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria.
Concetti come ‘cultura della giurisdizione', ‘indipendenza e imparzialità, ‘soggezione del giudice alla legge', continuano a illuminare la Costituzione repubblicana ma, se non opportunamente aggiornati e rivitalizzati, rischiano di essere fraintesi e strumentalizzati al fine di mascherare inerzie e neghittosità, fungendo da pretesti per resistere a ogni ipotesi di cambiamento.
A monte, se si vuole evitare un pericoloso scollamento tra società e magistratura, percepita da autorevoli osservatori come viziata da eccessi di autoreferenzialità, è fondamentale coltivare un'attenta riflessione sulla formazione e sulla cultura dei magistrati, oggi tenuti a misurarsi con il fenomeno della digitalizzazione, con il peso crescente assunto dalle fonti sovranazionali, con la scommessa di processi in tempi ragionevoli, con la promozione di stili di giustizia inclusiva e riparativa, superando l'idea che il Paese sia da aggiustare a colpi di indagini e condanne.
Finora, la formazione è stata prevalentemente declinata in termini di aggiornamento tecnico-giuridico, ma non sembra che il livello di soddisfazione manifestato dagli ‘utenti' del sistema giustizia abbia premiato una scelta solo all'apparenza neutrale e che incide profondamente sulla percezione di sé e sulle decisioni degli appartenenti a un potere fondamentale dello Stato.
Prima di qualunque riforma, allora, sembra opportuno che le Facoltà giuridiche, l'Avvocatura e la Scuola Superiore della Magistratura si interroghino sul profilo di magistrato che intendono valorizzare e se sia desiderabile concepire e praticare una visione comunitaria del ceto dei giuristi o, invece, al di là delle declamazioni, perseverare in una logica di steccati contrapposti.
Più nello specifico, occorre domandarsi se l'offerta di skills tecniche e non tecniche debba essere appannaggio della sola magistratura, o se il virus dell'autoreferenzialità vada contrastato attraverso un maggiore coinvolgimento degli Atenei anche nel periodo successivo agli studi universitari, nel convincimento che la formazione dei magistrati è una faccenda troppo importante per le sorti di una società democratica da essere affidata ai soli magistrati.
Un'occasione per ragionare insieme su questa e altre tematiche contigue è data dalla presentazione del bel libro di Gianni Canzio e Francesca Fiecconi, Giustizia. Per una riforma che guarda all'Europa (Vita e Pensiero, 2021) che avrà luogo oggi pomeriggio a Milano presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, a cura dell'Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale. Ne discuteranno, insieme agli autori, Antonio Albanese, Renato Balduzzi, Gian Luigi Gatta, Aurelio Mottola, Patrizia Pederzoli, Stefano Solimano, Aldo Travi.
Per porre rimedio ai guasti del sistema giustizia - acuiti dalla pandemia - occorrerà forse partire da quell'idea di magistrato ‘vitruviano' tracciata dal libro nel capitolo dedicato al tema del linguaggio giudiziario e della comunicazione istituzionale, cruciale per un tessuto sociale costantemente minacciato dalle distorsioni del ‘mercato' mediatico: «il magistrato deve essere un uomo di cultura a tutto tondo, non solo giuridica, ma anche umanistica e scientifica, un responsabile valutatore del fatto e interprete del diritto, un decisore di qualità, libero da vincoli e condizionamenti che non siano la legge, la ragione e l'etica del limite e del dubbio. Non va dimenticato che la giustizia ha una dimensione relazionale perché le ingiustizie esigono, prima della loro repressione, di essere conosciute, descritte, comunicate, cioè “narrate”».
Un vasto programma, certamente. Ma per il quale ci si deve impegnare, specie da parte di istituzioni accademiche che, come quella che organizza questa presentazione, da tempo si dedicano alla formazione non solo tecnica, ma anche culturale ed etica dei futuri professionisti della giustizia.

Gabrio Forti e Matteo Caputo
Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale
Università Cattolica del Sacro Cuore

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Cultura e formazione della magistratura, per una riforma della giustizia che guardi all’Europa: questo il titolo dell'evento promosso dall’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, in programma mercoledì 10 novembre alle ore 17.30 nell’Aula Pio XI dell’Università Cattolica e nel corso del quale sarà presentato il libro “Giustizia. Per una riforma che guarda all’Europa” dei magistrati Giovanni Canzio e Francesca Fiecconi, primo volume della collana “Piccola biblioteca per una Paese normale”. Dopo i saluti introduttivi di Stefano Solimano, Preside della Facoltà di Giurisprudenza, e di Aurelio Mottola, direttore editoriale di Vita e Pensiero, all’incontro, introdotto da Gabrio Forti, Direttore dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, intervengono Antonio Albanese (Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche, Università Cattolica del Sacro Cuore), Renato Balduzzi (Università Cattolica del Sacro Cuore), Matteo Caputo (Università Cattolica del Sacro Cuore), Gian Luigi Gatta (Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, Università degli Studi di Milano), Patrizia Pederzoli (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna), Nicola Selvaggi (Vice-capo di Gabinetto del Ministero della Giustizia, Università Mediterranea di Reggio Calabria), Aldo Travi (Direttore della Scuola di Specializzazione per le professioni legali, Università Cattolica del Sacro Cuore). Concludono gli autori del volume, Giovanni Canzio, Primo Presidente emerito della Corte Suprema di Cassazione, e Francesca Fiecconi, Consigliere della Corte Suprema di Cassazione.

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