La manifattura e la nuova era digitale
La storia dell’umanità è innanzitutto una storia di rivoluzioni tecnologiche. Dall’invenzione della ruota alla macchina a vapore, dal telefono al computer, la vicenda umana è stata caratterizzata dall’esigenza di addomesticare la natura, alleggerire il lavoro fisico, migliorare le relazioni tra le persone
di Alessandro Bulfon, CEO Angelini Technologies
3' di lettura
La storia dell’umanità è innanzitutto una storia di rivoluzioni tecnologiche. Dall’invenzione della ruota alla macchina a vapore, dal telefono al computer, la vicenda umana è stata caratterizzata dall’esigenza di addomesticare la natura, alleggerire il lavoro fisico, migliorare le relazioni tra le persone.
Oggi ci troviamo alla vigilia di un nuovo grande salto tecnologico, quello dettato dall’avvento dell’intelligenza artificiale. Se ne dibatte molto negli ultimi mesi, con entusiasti e detrattori già ben schierati come moderni guelfi e ghibellini.
Non c’è dubbio che abbiamo di fronte grandi opportunità e altrettante sfide. Per il mondo della manifattura italiana si tratta di capire come poter mantenere il passo sempre più veloce dell’innovazione, evitando di rimanere schiacciati tra le maglie della geopolitica mondiale.
Il nostro paese mantiene una solida base industriale, che ha superato le tante crisi che si sono succedute negli ultimi 15 anni. L’Italia, infatti, è ancora la seconda manifattura d’Europa, nonostante la crisi finanziaria, la pandemia, la guerra e gli shock energetici.
L’accelerazione delle tecnologie digitali, tuttavia, costituisce un fattore esogeno potenzialmente ancora più dirompente per le imprese, che deve essere affrontato dal sistema paese con interventi strutturali.
In primis è necessario colmare un enorme gap formativo. Come conferma un rapporto di The European House Ambrosetti su dati Eurostat, l’Italia, ad esempio, è tra gli ultimi stati europei per iscritti a corsi di specializzazione in ICT (la Germania registra sei volte il numero di specializzati in questi ambiti e la Spagna tre volte) e registra solo l’1,4% di laureati in queste materie, contro una media europea di quasi il 4%. D’altronde, è il secondo paese UE per numero di NEET (giovani che non studiano e non lavorano), dopo la Romania. C’è spazio per un grande investimento in competenze.
Oggi un’azienda come Angelini Technologies, che si occupa di automazione industriale e robotica, fa sempre più fatica a trovare sul mercato personale specializzato e che abbia al contempo competenze digitali. Secondo i dati di Unioncamere Anpal, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è mediamente del 46%, cioè in quasi un caso su due le aziende non trovano i profili professionali ricercati. Percentuale che sale al 60% nel settore della manifattura specializzata come quella di Angelini Technologies.
In secondo luogo – come approfonditamente discusso a Trento in occasione del recente Festival dell’Economia – è indispensabile avere una strategia industriale europea, che eviti che le imprese vengano messe in crisi dalle interruzioni delle catene di approvvigionamento. Si discute a livello politico di decoupling e di derisking in merito al rapporto con la Cina, ma le interpretazioni dicotomiche sono molto lontane dall’economia reale. La Cina è parte integrante del sistema economico mondiale, d'altro canto è chiaro che serva diversificazione.
La geopolitica negli ultimi 4 anni, infatti, ha influenzato grandemente le catene di approvvigionamento in termini di prezzi, tempi e condizioni di fornitura: oggi è necessario ricostruire tali catene con una strategia di relazioni internazionali diversificate e solide. C’è bisogno che l’Europa realizzi partneriati strategici che rendano le catene di approvvigionamento più resilienti. Nessuno stato può farlo da solo, né tantomeno una singola azienda.
Si guardi ad esempio all’Ucraina, oggi martoriata dalla guerra, ma con un potenziale di sviluppo enorme: si tratta di uno dei paesi al mondo più ricchi di risorse del sottosuolo, con 20.000 siti minerari e 97 tipi di minerali diversi. Da sola produce oltre la metà del neon globale, usato per i laser che servono per i microchip, ma è un paese che necessita di investimenti dall'estero per poter sfruttare le proprie risorse e considera l’UE un partner selettivo, perché l'autosufficienza è un'illusione.
L’Italia può fare molto nel stimolare l’Unione ad agire pienamente il suo ruolo. Così come può fare di più per colmare i gap che oggi la zavorrano. Le sfide tecnologiche di questa nuova era che stiamo vivendo sono alla nostra portata. C’è bisogno, tuttavia, della consapevolezza che bisogna intervenire rapidamente per consentire alle nostre imprese di restare competitive sullo scenario globale, in modo che possano continuare a fare quello che sanno fare meglio: produrre ricchezza e benessere per la società.
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