AnalisiL'analisi si basa sulla cronaca e sfrutta l'esperienza e la competenza dell'autore per spiegare i fatti, a volte interpretando e traendo conclusioni. Scopri di piùDopo la crisi di Governo

La «mano» Bce e i fondi esteri già scarichi. Così il BTp soffre meno del temuto

La crisi di Governo allarga solo in parte lo spread. La risposta sta anche nella composizione dei detentori del debito italiano: una platea sempre più stabile, nel bene e nel male.

di Maximilian Cellino

Articolo aggiornato il 22 luglio alle 11.30

(Bloomberg)

3' di lettura

Tanta Bce, una bella fetta di banche (italiane) e pochi, sempre meno, investitori esteri. Studiare la mappa dei detentori dei BTp - la sua fotografia aggiornata, ma anche i cambiamenti subiti nel corso del tempo – può tornare di sicuro molto utile. Soprattutto quando si vogliono spiegare i movimenti di rendimenti e spread in una giornata campale come quella di giovedì 21 luglio. Tra crisi di Governo e maxi-rialzo tassi Bce, lo spread nei confronti del Bund si è sì allargato, salendo oltre 240 punti base, ma forse non quanto si poteva temere.

Oltre un terzo dei BTp nelle mani di Bce e Bankitalia

La pattuglia è infatti in generale composta da soggetti sempre più stabili, a partire proprio da quell’Eurotower che ha fatto incetta di titoli di Stato italiani dal 2015 attraverso i diversi piani di riacquisto che si sono conclusi alla fine del mese scorso. Scorrendo i dati della Banca d’Italia aggiornati a fine maggio 2022, così come rielaborati da UniCredit Research, i forzieri di Francoforte custodivano BTp e simili per 691 miliardi di euro, pari al 30,3% dell’ammontare complessivo dei titoli a medio-lungo termine emessi dal Tesoro.

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LE MANI SUL DEBITO ITALIANO
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A questi vanno idealmente aggiunti ulteriori 81 miliardi detenuti dalla Banca d’Italia per finalità differenti da quelle legate ai piani di riacquisto Bce: partecipazioni più che stabili quindi, almeno fino a che non si penserà di ridurre il bilancio della Banca centrale che dopo anni di politiche monetarie ultraespansive e anticonvenzionali ha nel frattempo raggiunto i 9mila miliardi.

Banche (italiane) in soccorso

E non certo facili da smobilizzare si possono considerare anche le partecipazioni della banche italiane (428 miliardi, pari al 18,7%) e delle altre istituzioni finanziarie del Paese (assicurazioni e fondi pensione con 342 miliardi, un ulteriore 15%). Gli istituti di credito di casa nostra hanno anzi in pancia ben 33 miliardi di BTp in più da inizio 2022, a testimonianza di come da una parte il sistema del credito finisca quasi sempre per «correre in soccorso» nelle situazioni di tensione come quelle che si sono sviluppate negli ultimi sei mesi e dall’altra non disdegni certo i rendimenti offerti dai titoli del Tesoro in una classica ottica di carry trade.

Se si può considerare sostanzialmente residuale la quota dei piccoli risparmiatori, gli ex BoT-people che adesso detengono appena 145 miliardi pari al 6,4% del totale, qualche considerazione più interessante è opportuna invece per gli investitori esteri. Quando si confrontano i dati della Banca d’Italia e quelli della Bce sulla bilancia dei pagamenti, nelle mani straniere risultano a maggio 595 miliardi di BTp, 15 in meno rispetto al mese precedente dopo i 17 miliardi che erano «evaporati» ad aprile.

Investitori esteri già scarichi

Da inizio pandemia, rileva UniCredit, gli investitori d’oltre frontiera hanno ridotto l’esposizione al debito italiano a medio-lungo termine per complessivi 150 miliardi, soltanto una minima parte dei quali (40 miliardi) è stata spostata su strumenti a breve termine. Ma c’è di più: le cifre appena ricordate rischiano di essere in parte approssimate per eccesso, dato che in quel calcolo rientrano anche i prodotti di investimento di società italiane domiciliati all’estero (soprattutto fondi di diritto lussemburghese) per ragioni essenzialmente fiscali.

Il cuscinetto dei fondi «esterovestiti»

Non si tratta di cifre proprio residuali, che vengono aggiornate su base trimestrale (e quindi in ritardo rispetto al resto delle rilevazioni). Escludendo questa quota, che in qualche modo si riferisce a partecipazioni di una certa stabilità, la componente del debito italiano in mani estere - quella più volatile e capace spesso di fare il bello e il cattivo tempo sullo spread - si riduce ulteriormente a 461 miliardi ed è pari al 20,2% del debito complessivo. Non è certo un motivo di vanto, perché un maggiore interesse dei grandi investitori internazionali sarebbe sempre auspicabile, ma almeno in giornate ad alta tensione come quelle appena vissute si può fare buon viso a cattiva sorte.

Riproduzione riservata ©
  • Maximilian CellinoRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: italiano, inglese, tedesco

    Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario

    Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione

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