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La meccatronica cresce e investe sulla sostenibilità

Antares rileva nel 2022 un +8,5% di fatturato rispetto alla prepandemia. Le aziende impegnate a rendere sostenibili i prodotti e i processi

di Riccardo Oldani

(Adobe Stock)

3' di lettura

In un periodo in cui il manifatturiero italiano pare tirare un po' il fiato dopo due anni eccezionali, alcuni comparti continuano a crescere. Come quello meccatronico, settore trasversale, difficile da delimitare, perché raggruppa aziende che sviluppano processi o prodotti per moltissime destinazioni e utilizzi. A fornire un quadro sull'industria meccatronica è il centro di ricerche Antares, che opera con il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna, e che produce un rapporto, in concomitanza con il Premio Italiano Meccatronica organizzato da Unindustria Reggio Emilia.

«Parliamo», dice il direttore di Antares Lorenzo Ciapetti, «di una galassia di oltre 51mila imprese, di cui 32mila sono attive esclusivamente nella produzione di soluzioni meccatroniche, l'1,4% in più rispetto al 2019. Nel 2022 hanno realizzato quasi 320 miliardi di fatturato, con una crescita dell'8,5% rispetto al periodo pre-pandemia, e hanno dato lavoro a oltre 930mila dipendenti, anch'essi aumentati del 3,9% rispetto agli anni pre-Covid».

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Esportazioni in crescita del 33,5%

La gran parte di queste realtà si concentra tra Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia- Romagna e Lombardia, dove è favorita la vicinanza ai grandi distretti produttivi del packaging, dell'automobile, dell'aerospace, della cantieristica navale e degli elettrodomestici, del medicale e delle macchine per l'agricoltura. Ma quello che evidenzia Antares è che si consolida l'interscambio e la collaborazione con l'industria europea. «La meccatronica italiana cresce molto in termini di vendite verso l'estero», fa notare Ciapetti, «addirittura del 33,5% negli ultimi cinque anni, per un valore che nel 2022 ha raggiunto i 217 miliardi, cioè il 35,3% di tutto l'export italiano nel mondo». E se si analizzano i flussi, si nota che i Paesi di destinazione sono soprattutto quelli dell'Europa dei 27, a cui va quasi il 48% dei nostri prodotti meccatronici destinati all'estero.

Una forte piattaforma europea

Lo stesso profondo legame si riscontra sull'import di prodotti meccatronici, che per due terzi provengono dall'Europa, con la Germania che fa la parte del leone e si configura, osserva Ciapetti, «come il vero hub dell'industria meccatronica del Vecchio Continente». Ma in generale, osserva l'esperto, «si sta configurando sempre di più la costituzione di una forte piattaforma europea dell'industria di questo settore. È un fenomeno relativamente recente, che vogliamo analizzare per capire se sia alimentato anche da una strategia di reshoring, basata cioè sul ritorno in Europa di produzioni che fino a poco tempo fa erano state decentralizzate».

Bonfiglioli, Loccioni e Dell’Orto i finalisti

La sempre più forte connessione con l'Europa, con i suoi ambiziosi obiettivi per la sostenibilità e la riduzione degli impatti sul clima, impone una svolta verde anche alle imprese meccatroniche italiane, che infatti si stanno dimostrando sempre più attente a questo tema strategico. Con implicazioni profonde, che il Gruppo Meccatronico di Unindustria Reggio Emilia ha dimostrato di aver recepito decidendo di valorizzare il tema della sostenibilità con l'edizione 2023 del suo premio. Il terzetto di aziende in lizza per ricevere il riconoscimento, Bonfiglioli, Dell'Orto e Loccioni, è stato selezionato proprio per i progetti ispirati all'economia circolare, alla mobilità sostenibile e all'utilizzo di energia da fonti rinnovabili.

L’impegno verso la sostenibilità

«Abbiamo condotto una survey su 350 imprese meccatroniche», aggiunge Lorenzo Ciapetti, «per capire quanto sia importante la sostenibilità per le nostre imprese meccatroniche. E abbiamo visto come soprattutto chi opera per il settore automotive e per quello elettronico, ma anche il settore gomma-plastica, si impegnino per rendere più sostenibili i loro processi e prodotti e cerchino sempre più personale con competenze “green”. Skill non puramente tecnici, ma trasversali, che includono anche la convinzione personale dell'importanza dei temi ambientali e climatici». Insomma, l'indagine, condotta da Antares in collaborazione con Cise-Camera di Commercio della Romagna per l'Osservatorio Innovazione Emilia Romagna, indica che chi vuole intraprendere un percorso verso la sostenibilità deve innanzi tutto crederci e avere personale motivato.

Il nodo del reskilling

Anche perché la transizione non è semplice. «In un paese manifatturiero come l'Italia, la rivoluzione verde passa necessariamente dall'industria», conclude Ciapetti. «Due i test in atto: da una parte la spinta a ridurre l'impatto ambientale di prodotti già esistenti, come avviene nella filiera automotive, dall'altra, come succede soprattutto per la filiera della plastica, la necessità di introdurre nuovi design e materiali che obbligano a riprogettare completamente processi e macchine». Approcci complessi, che hanno bisogno di competenze nient'affatto facili da trovare e di cui deve tenere conto anche la formazione di nuovi tecnici e il reskilling di quelli esperti.

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