La ministra Lamorgese: «Bisogna rafforzare per legge il recupero dei maltrattanti»
Puntare sulla formazione delle forze di polizia, sostenere le donne che denunciano. Per la titolare dell'Interno, per combattere la violenza contro le donne serve un cambiamento culturale e la strada è ancora lunga
di Manuela Perrone
3' di lettura
La formazione delle forze di polizia «è una priorità: gli uffici oggi sono attrezzati per offrire un aiuto concreto alle donne che denunciano». Per la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, le vittime di violenza devono sapere che «lo Stato c’è». Anche se al puzzle manca ancora un tassello: «Servono norme per rafforzare i percorsi di recupero per stalker e maltrattanti».
I dati confermano il doppio inferno vissuto durante il lockdown dalle vittime di violenza domestica. Quali strumenti avete messo in campo?
Abbiamo emanato varie note ai prefetti per individuare sistemazioni alternative in caso di impraticabilità delle case rifugio causa Covid e per individuare punti di contatto dei referenti con la prefettura per segnalare particolari criticità. Siamo consapevoli che in questi casi occorre garantire un’immediatezza di risposta. Abbiamo attivato l’app YouPol proprio per rendere più semplici le segnalazioni. Davanti ai numeri del fenomeno, abbastanza preoccupanti, anche il Dipartimento di Pubblica sicurezza ha sensibilizzato gli uffici di polizia.
Ecco. I centri antiviolenza invocano risposte immediate e certe per le donne, le bambine e i bambini in uscita dalla violenza. Significa anche poter disporre di forze dell’ordine formate e capaci di entrare in sintonia con chi si rivolge a loro. Avete questa priorità nella vostra programmazione?
Sì, senz’altro. Le questure, ma anche alcuni commissariati, sono già attrezzati con ambienti protetti dove ascoltare e raccogliere le denunce di donne e minori. Sono stati attuati protocolli per la formazione del personale sia per gli aspetti investigativi sia per l’assistenza psicologica. Gli uffici sono attrezzati per fare la propria parte e dare un aiuto concreto. La concretezza è fondamentale.
La formazione della polizia è cruciale anche per eliminare gli ostacoli nell’accesso alla giustizia da parte delle donne straniere. Lo status di irregolare spesso ancora prevale sulla condizione di vittima di violenza, nonostante l’articolo 18 bis del Testo unico sull’immigrazione.
L’articolo 18 bis rappresenta un’innovazione che permette ormai da anni di regolarizzare anche le donne che con il loro coraggio spesso consentono di smascherare il racket della prostituzione. Il contesto è difficile, capisco gli ostacoli che si possono incontrare nel denunciare gli aguzzini. Ma credo che l’unica via per uscire dalla schiavitù sia affidarsi allo Stato.
Dal bilancio di un anno di Codice rosso emerge come, tra i nuovi reati introdotti, i più diffusi siano stati quelli di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento. La rete di protezione intorno alle donne va rafforzata?
Succede spesso che lo stalker non molli la presa e perseveri in comportamenti delittuosi, anche quelli più invasivi della libertà personale delle vittime. A mio avviso dobbiamo valutare interventi normativi per operare sul recupero degli attori di queste violenze. Stiamo lavorando per trovare soluzioni normative che rendano difficile il rifiuto di sottoporsi a recupero. Occorre rendere consapevoli gli autori di reato dei loro comportamenti.
Il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti ha appena liquidato per la prima volta a due famiglie affidatarie di orfani di femminicidio 14.200 euro ciascuna. D’ora in poi lo Stato sarà al loro fianco?
Sì. Il Comitato ha deliberato a seguito del regolamento Interno-Giustizia che finalmente ha individuato le modalità operative dell’erogazione. Chi ha subito atti violenti deve sentire lo Stato vicino e lo Stato è vicino anche intervenendo economicamente con sostegni di una certa entità.
Quanto resta ancora da fare sul piano culturale?
Per me bisogna partire da lì: si tratta di cambiare la mentalità. La strada è ancora lunga. Parliamo non soltanto di violenza fisica o verbale, ma anche di tanti episodi di sopraffazione e umiliazione. Quante volte ci è capitato di assistere a pubblici dibattiti in cui i panel sono privi di donne? Le donne hanno tanto da dare, come esperienza di vita e risorse: spesso hanno maggiore concretezza e pragmatismo.
Lei è stata la prima prefetta a Venezia, la prima a Milano, dove ha inaugurato la prima casa rifugio per donne straniere insieme alla Fondazione Cariplo, e la prima capo dipartimento del personale. Da ministra, ha nominato la prima vice capo della Polizia, Maria Luisa Pellizzari.
Questa nomina si inserisce in una tradizione ormai consolidata del Viminale: 62 prefetti su 162 sono donne, il 38%, i viceprefetti sono il 62%. È stata dura, perché spesso siamo state costrette a omologarci a modelli maschili. Ma un’amministrazione seria sa riconoscere meriti e passione.
Quale messaggio vuole inviare alle donne che subiscono violenza? Possiamo dir loro che non sono sole?
Nel percorso intrapreso lo Stato è un attore principale: sapremo affrontare le difficoltà con l’apporto del pragmatismo delle donne.
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