La moda italiana vale il 4% del Pil. Ma cresce meno delle griffe francesi
di Eleonora Micheli
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Le aziende della moda italiana crescono di più di quelle del comparto manifatturiero, sono più redditizie e anche più aperte al commercio estero. D’altra parte, facendo un confronto con i cugini di Oltralpe, le società italiane hanno registrato crescite più modeste e anche margini meno elevati rispetto alle francesi. Tuttavia, risultano molto più solide finanziariamente: la maggior parte dei gruppi ha pochi debiti e grande liquidità. Questa è la foto scattata al settore da parte di R&S Mediobanca e diffusa a pochi giorni dall’inizio delle sfilate milanesi. Gli analisti dell’istituto hanno preso in considerazione 146 aziende del settore moda che nel 2016 vantavano un fatturato almeno di 100 milioni di euro. Di queste, 129 sono aziende manifatturiere, il resto società specializzate nella distribuzione di prodotti di lusso e di moda. Dell’ intero campione, il 40% circa sono di proprietà straniera e in particolare oltre il 15% sono controllate da gruppi francesi (per l’esattezza 23).
Fatturati e utili corrono di più che nella manifattura italiana
Le aziende sotto la lente di Mediobanca nel 2016 hanno complessivamente fatturato 66,1 miliardi di euro. Si tratta del 4% circa del pil italiano. Considerando quelle strettamente manifatturiere il giro d'affari ha raggiunto 57,6 miliardi di euro, crescendo del 23,3% nel quinquennio 2012-2016, molto di più rispetto a quelli della manifattura italiana, cresciuta del 6,6%. Le Top 15 del campione, con nomi del calibro di Luxottica, Prada, Armani, ad esempio, hanno vantato un rialzo del fatturato nell’arco di cinque anni del 18,6%, per un totale di 25,6 miliardi. Peraltro, mentre la grande manifattura italiana ha registrato nel quinquennio bilanci spesso in rosso, le aziende della moda hanno vantato un incremento del risultato netto del 17,3% (+8,2% le Top15). Complice anche il fatto che l’ebit margin è triplo rispetto a quello della manifattura (9,6% contro 3,2%, con le Top 15 che invece hanno un margine di 11,6%). Le società della moda hanno assunto anche molto di più, incrementando il personale del 21% (+25,3% le Top15), contro un aumento dei dipendenti della manifattura italiana attorno al 7,2%. Tutte assieme danno lavoro a oltre 300mila persone (sempre in base ai dati del 2016).
Società più aperte al commercio estero
Le aziende del comparto sono aperte al commercio estero. Nel 2016 il giro d’affari all’estero rappresentava il 64,4% del totale. Tra l’altro nel corso degli anni la percentuale è costantemente aumentata, considerando che nel 2012 era pari solamente al 24,7%. La componente di export è più accentuata nel Top15 Moda con punte del 96,7% per Luxottica, 92,5% per Zegna, 88,6% per Ferragamo, 87,9% per Prada, 86,2% per Moncler (dal 66,8% del 2012), 85,9% per Valentino, 84,5% per OTB e 84,1% per Armani. Per contro, fra le Top15, quelle con la minor proiezione internazionale sono Calzedonia con il 51% (comunque in costante crescita rispetto al 44% del 2012) e Benetton (54,2%). A livello settoriale sono le società dell’occhialeria quelle che risultano più orientate ai mercati esteri l’occhialeria (90,1%), seguite dal tessile (69,9%) e dalla pelletteria (66,6%).
Margini in calo nel quinquennio 2012-2016
R&S Mediobanca ha puntato l’indice sui margini che nel quinquennio 2012-2016 si sono assottigliati, peggiorando di oltre un punto percentuale. Tra l’altro il campione delle Top15, pur confermando margini «di lusso» a doppia cifra (all’11,6% nel 2016), registra una più accentuata dinamica calante (-2,4 p.p. rispetto al 2012) con valori sotto la media del periodo a partire dal 2014. La tendenza, comunque, dovrebbe invertire la rotta quest’anno anche in considerazione del fatto che i gruppi della moda tendono ad aprire meno negozi e dunque a sostenere meno spese e privilegiando invece le vendite online. Comunque complessivamente i risultati delle aziende della moda si confermano molto buoni in valori assoluti, con profitti netti cumulati nel 2012-16 di 14,6 miliardi (3,3 nel 2016). I dividendi distribuiti nello stesso periodo sono stati pari a 5,5 miliardi, per un pay out medio del 54,6%, inferiore al 69,3% della grande manifattura italiana quotata. Singolarmente, il pay out più elevato è appannaggio di Luxottica, Tod’s, Prada e Ferragamo. D&G (92,8%) e Valentino (212%) hanno invece attinto dalle riserve, distribuendo più di quanto abbiano guadagnato.
Pochi debiti e tanta liquidità
Le aziende della moda generalmente vantano anche fondamentali solidi. Sono infatti molto più capitalizzate rispetto a quelle del comparto manifatturiero, con debiti finanziari appena superiori al 30% dei mezzi propri (livello che si spinge al 20% per le Top15), contro un rapporto debiti-mezzi propri della grande manifattura attorno al 59,1%. Sono società dotate di abbondanti disponibilità liquide, nella maggior parte dei casi superiori al debito oneroso. L’incidenza liquidità debiti si aggira attorno al’84,9%, contro il 53,1% della grande manifattura.
Armani la più solida , Moncler la più redditizia, Valentino più in crescita
Analizzando i grandi gruppi italiani nel periodo 2012-2016, Valentino, venduta proprio nel 2012 agli emiri del Qatar, è la società che ha vantato la crescita maggiore, pari al 155,6% nel quinquennio. Al secondo posto si è piazzata Moncler (+66,8%), al terzo Calzedonia (+41,6%). Hanno battuto la fiacca i ricavi di Prada (-3,4%), Zegna (-8,3%) e Benetton (-18,8%).
Il gruppo più grande, con ben 9,086 miliardi di fatturato al 2016, si è confermato Luxottica. Gruppo che tuttavia nel 2017 ha annunciato l’aggregazione con la francese Essilor, che comporterà uno spostamento di sede in Francia. Moncler è stata la società più redditizia, con un ebit marginn del 28,6%, seguita da Ferragamo (18,4%), Luxottica (15,1%), Armani (14,4%), Prada (13,9%). Per contro Geox (2,4%), Otb (0,4%) e Benetton (-2,4%) sono quelle che rendono meno, con Benetton che ha margini addirittura negativi
Armani è risultata l’azienda più solida da un punto di vista finanziario: nel 2016 non solo non aveva debiti finanziari, ma vantava una liquidità pari a 881 milioni. Comunque anche la OTB di Renzo Rosso ha debiti limitati, pari al 10,9% dei mezzi propri, e Calzedonia (12,1%). Da notare infine che Max Mara vanta un tesoro liquido di 1,1 miliardi di euro.
Ma le francesi fatturano e guadagnano di più
Sebbene le società italiane siano più solide, nel confronto tra le Top15 italiane e quelle francesi, le aziende d’oltralpe fatturano e crescono di più e sono più redditizie. Il giro d’affari delle Top15 francesi è pari a 76,9 miliardi, oltre il doppio di quello delle Top15 italiane. Il sistema moda è più concentrato Oltralpe, con Lvmh che gioca la parte del leone: nel 2016 aveva un fatturato di 37,6 miliardi. Insomma da sola la società che fa capo alla famiglia Arnault è più grande di tutte le Top15 italiane.
Dal 2012 al 2016 i ricavi delle 15 big francesi (+24,4%) sono aumentati maggiormente rispetto alle Top15 Italia (+18,6%). Anche sui margini industriali, seppur in un quadro comune di flessione, la moda italiana risulta meno redditizia di quella francese: l’ebit margin nel 2016 delle Top15 Francia è del 17,2% contro l’11,6% delle big italiane.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)
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