Cyber-frontiera

La moda sbarca sul Metaverso. E la fashion week diventa digitale

Una quattro giorni in cui i protagonisti sono gli avatar capaci di indossare tutto, senza limiti di volumi, cromie, tagli e genere.

di Barbara Sgarzi

Oltre a startup e brand digital-only come The Fabricant, Auroboros e DressX, la prima Metaverse Fashion Week ha messo in calendario eventi e presentazioni di marchi come Paco Rabanne, Dolce & Gabbana, Etro, Tommy Hilfiger, Dundas, Cavalli, Nicholas Kirkwood ed Elie Saab. Sulla piattaforma è presente anche un'area dedicata allo shopping sia fisico sia digitale, progettata per assomigliare all'Avenue Montaigne di Parigi.

4' di lettura

Il paradosso. La stagione in cui le sfilate tornano a occupare le passerelle reali, dopo due anni di phygital, è anche quella in cui approdano nel Metaverso. Un mondo parallelo di creatività senza vincoli, dove si può essere chiunque, senza limiti di genere, taglie, volumi, texture e stile. La moda sbarca nel nuovo mondo virtuale e interattivo annunciato da Zuckerberg con la rivoluzione Meta e lo fa con la prima Fashion Week nel Metaverso, cominciata il 24 marzo e appena conclusa. La meta-settimana della moda, in realtà quattro affollati giorni, è stata ospitata dalla piattaforma Decentraland in collaborazione con il Metaverse Group di Tokens.com e con lo store virtuale luxury UNXD, già noto per aver reso possibile la collezione NFT di Dolce & Gabbana, Genesi, e per il lancio di #DGFamily, community esclusiva che darà l'accesso a collaborazioni speciali ed eventi unici, sia virtuali che reali.

Lo spazio sperimentale Vault di Gucci.

Per settimane, negli spazi digitali di Tokens.com, si sono moltiplicati i lavori per creare ambienti, palchi, tende e backstage per questo primo runway show tutto virtuale, mentre Decentraland aveva fatto sapere già varie settimane prima di aver ricevuto troppe richieste dai brand di moda globali per accontentarle tutte (sì, anche nel Metaverso qualche limite di tempo e attenzione resta). Guardare, comprare. In criptovaluta. Eventi, talk, presentazioni con decine di brand globali e migliaia di spettatori calati in un'esperienza immersiva. Soprattutto, passerelle di avatar i cui capi possono essere acquistati in tempo reale e indossati dagli spettatori – perché l'outfit da front row è importante anche virtualmente – e che in alcuni casi hanno una versione nella vita vera. Ma se gli eventi sono quasi tutti ad accesso libero, basta creare un profilo e solo per alcuni servirà un VIP Pass, per fare acquisti è necessario possedere un crypto wallet; la valuta di Decentraland è Ethereum.

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Vans World su Roblox.

Dopo i primi tentativi di brand come Gucci, Balenciaga, Burberry, che si sono affacciati nel Metaverso tramite il mondo del gaming – su Roblox e Fortnite – sembra che lo scatto sia ormai avvenuto: praticamente ogni brand ha o sta elaborando una strategia per il Metaverso e il primo grande risultato è questo happening fashionista virtuale. Ed è curioso che la moda, tra i settori più restii ad abbracciare la prima rivoluzione digitale dei siti web e dei social media, si stia rivelando tra i pionieri della realtà virtuale.

In un recente report Bloomberg, che ha stimato in 800 miliardi l'intero giro d'affari del Metaverso entro il 2024, sottolinea come i brand fashion stiano già guadagnando milioni, segnando la via per un guardaroba che a breve potrebbe essere più ampio in versione digitale che reale, rendendo di fatto superflui i suggerimenti di Marie Kondo. A ognuno il suo spazio. Non solo: a differenza della moda fisica, spazio riservato ai pochi eletti sia dalla parte di chi crea sia di chi acquista, le piattaforme virtuali hanno un'allure democratica, con i giovani stilisti che possono trovare il loro spazio e il loro pubblico tra la GenZ a fianco dei grandi nomi sopracitati.

The Fabricant.

Come ad esempio cSapphire, vincitrice del British Fashion Award per il Metaverse Design, che oltre a realizzare outfit personalizzati per i player su Roblox ha uno store che ha venduto oltre due milioni e mezzo di capi digitali (su Twitter: @cSapphireCS). Conferma Daria Shapovalova, co-fondatrice del marketplace DressX che, con un abbonamento a partire da 9,99 dollari, confeziona outfit computerizzati da sfoggiare nel Metaverso o, più semplicemente, su Zoom: «La moda digitale è un posto inclusivo per designer e gamer. Gli abiti vestono tutte le taglie e stanno bene a tutti e i capi firmati sono molto più accessibili». Con un occhio alla sostenibilità, come sottolinea TheFabricant.com, che da tempo lavora all'intersezione tra moda e tecnologia: «Non sprechiamo nulla se non i dati e non sfruttiamo nulla se non l'immaginazione. La moda digitale è sostenibile per sua natura». un alter ego con cui farsi, anche, invidiare.

The Fabricant.

Ma che cosa ci dovremo aspettare in un mondo in cui non esistono vincoli fisici ed è possibile cambiare non solo l'outfit, ma l'intera immagine in un attimo? «La leggerezza, la libertà della rappresentazione di sé, la dimensione ludica che tanto vogliamo dopo due anni difficili. L'apparire finalmente molteplici, come tutti noi siamo», spiega il sociologo Francesco Morace, fondatore di Future Concept Lab. «È una tendenza multisensoriale, colorata, liberatoria, che abbiamo identificato con il termine flow power; flusso e fluidità, ma anche il potere dei fiori, dei loro colori, della loro bellezza». E anche, uno dei motori più potenti della moda: il farsi ammirare e invidiare.

RTFKT Studios.

Andrew Kiguel, ceo di Tokens.com, chiarisce: «Per le persone che hanno un avatar, l'aspetto è importante. È come per chi va al Coachella; fa attenzione a come si veste, e oggi le persone sono disposte a spendere anche nella realtà virtuale». Aggiunge Leah Ashe, VR influencer, quasi cinque milioni di iscritti al suo canale YouTube di Roblox lifestyle: «Lo shopping e il gaming sono le mie due attività preferite. Amo viziare il mio avatar, NotLeah, un'estensione di me stessa, con capi e accessori più esclusivi (ad esempio, quattro borse Gucci e una Rolls-Royce rosa, ndr.). Tramite lei, creo la vita che sogno. E gli altri avatar sono molto invidiosi».

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