La moda torna a trainare il Pil, primo semestre verso un +16%
I dati di Confindustria Moda sul 2022, insieme al preconsuntivo 2021, rivelano che il ritorno al traguardo dei 100 miliardi di fatturato è vicino. Contro le tensioni globali e il rincaro delle materie prime bisogna proteggere l’integrità della filiera e tutelare le pmi
di Giulia Crivelli
I punti chiave
3' di lettura
Si naviga in acque decisamente agitate, ma non a vista: per restare nella metafora nautica – stando però lontano dall’abusata immagine della tempesta perfetta – il sistema moda italiano sembra avere un orizzonte chiaro e la rotta seguita nel primo trimestre e proseguita nel secondo potrebbe essere la stessa per l’intero anno. Lo dicono i dati presentati ieri da Confindustria Moda sul 2022 insieme al preconsuntivo 2021.
La federazione rappresenta l’intera filiera del tessile-moda-accessorio (Tma), che nel 2019 aveva sfiorato i cento miliardi di fatturato e nel 2021 ha vissuto una forte ripresa, anche se i livelli pre pandemia – in aggregato - non sono ancora raggiunti, visto che il Tma è di fatto un sistema di filiere che al loro interno hanno imprese di ogni dimensione: le Pmi, in particolare quelle della parte manifatturiera a monte, hanno sofferto di più, anche per l’impatto dei rincari delle materie prime chimiche e dell’energia.
Primo trimestre superiore alle aspettative
Il periodo gennaio-marzo, ha spiegato Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda, si è chiuso con un rialzo del fatturato del 19,3%: «È un dato superiore alle aspettative, che prevedevano un +14%, e anche l’andamento degli ordini ha registrato un trend in forte rialzo, +15% rispetto allo stesso periodo del 2021», ha detto Marcolin, aggiungendo che nel secondo trimestre l’incremento medio delle vendite dovrebbe sfiorare il 13%. «È una previsione positiva, certo, ma il rallentamento rispetto al primo trimestre c’è e la causa sono le incertezze sullo scenario internazionale, legate a vario titolo al conflitto russo-ucraino. Il primo semestre – ha precisato il presidente di Confindustria Moda – dovrebbe archiviarsi con una crescita del fatturato del 16%». Indicazioni sulla seconda parte dell’anno arrivano dall’Indagine rapida del Centro studi della federazione, illustrata dal direttore generale Gianfranco Di Natale: «Gli impatti più pesanti citati dalle aziende del nostro campione, ampiamente rappresentativo dell’intera filiera, sono legati all’aumento dei costi trasversali, di materie prime ed energia».
Per l’80% delle imprese è «forte» l’impatto dei costi energetici
Il conflitto ha aggravato una situazione di aumento complessivo dei costi che Sistema moda Italia e Confindustria Moda segnalavano dall’autunno del 2021. «Sul fronte dei rincari dell’energia, l’80% delle imprese dichiara che l’impatto sarà forte, il 18% prevede un impatto lieve, mentre solo per il 2% degli imprenditori questo sarà trascurabile – ha sottolineato Di Natale -. Per le materie prime, invece, sono 9 imprese su 10 a denunciare aumenti sostanziali e tutti i settori del Tma sono colpiti. L’aumento dei metalli, preziosi e non, ad esempio, ha un impatto negativo sull’ oreficeria ma anche sull’occhialeria. Quello degli imballaggi si riflette in primo luogo su tessile-abbigliamento, calzaturiero e pelletteria, mentre i rincari di pelli e pellami colpiscono calzaturiero, concia, pellicceria e pelletteria». Ci sono infine gli aumenti dei prodotti chimici, dei tessuti e della componentistica in generale, che toccano in modo davvero trasversale tutte le realtà.
L’industria della moda si conferma traino per il Pil italiano
Le giuste preoccupazioni non cancellano però i dati di preconsuntivo 2021 e quelli del primo trimestre 2022, che confermano la centralità che il Tma ha nell’economia italiana per numero di imprese, addetti e fatturato. E per il contributo che dà all’export, ha ricordato Marcolin: «Dopo la battuta d’arresto del 2019, possiamo dire che il Tma ha ritrovato il suo ruolo di propulsore dell’economia del Paese – ha spiegato il presidente di Confindustria Moda –. Siamo tornati a essere uno dei principali contributori alla bilancia commerciale italiana, come prima della pandemia». A rischiare, in questa fase di ripresa “a singhiozzo” per via di fattori esterni come il conflitto russo-ucraino, i lockdown in Cina, le difficoltà logistiche e tutti gli aumenti di cui si è parlato, sono le Pmi.
Le sfide si superano solo collaborando
«Possiamo dire che da un lato le problematiche che colpiscono il nostro settore sono trasversali al sistema Paese ed è chiaro che richiedono interventi strutturali, come una riforma del mercato dell’energia – ha concluso Marcolin –. Ma dall’altro bisogna necessariamente promuovere meccanismi che portino le aziende della filiera a rafforzare la propria struttura. Internazionalizzazione, sostenibilità e digitalizzazione sono temi chiave per lo sviluppo delle nostre industrie, ma solo crescendo e facendo sinergie fra le risorse saremo veramente in grado di investire in questi campi». Un appello all’unità fatto di recente anche da Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia, l’associazione più grande tra quelle federate in Confindustria Moda. In vista dei prossimi appuntamenti di giugno – Pitti a Firenze e la fashion week uomo di Milano – si intensifica poi il dialogo con la Camera della moda. Nemmeno i grandi gruppi, con i loro marchi globali, possono risolvere da soli le sfide del nostro tempo e, forse ancora più importante, solo superando sterili rivalità e piccoli (o grandi) egoismi, si può superare l’attuale burrasca, preparandosi ad affrontare quelle che verranno.
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