La moschettiera della filologia
Il toccante ricordo di una studiosa tenace e militante, dai difficili anni della formazione fino all’ingresso all’università, dove fondò, con Segre, Avalle e Isella, la celebre «Scuola di Pavia»
di Mario Andreose
4' di lettura
La vita di Maria Corti (1915-2002) è stata per lungo tempo un romanzo di formazione: il tempo necessario per i traguardi che di volta in volta si poneva, sola fin dall’adolescenza. Nata a Milano all’inizio della Grande Guerra, a dieci anni perde la madre; il padre lavora in Puglia e quindi trascorre cinque anni in collegio dalle Marcelline - da interna, e quindi sottratta al rito gioioso e frivolo dell’uscita dopo l’orario scolastico dove ti attende un parente o un simpatico coetaneo. Non le resta che immergersi nella lettura e nei primi abbozzi di scrittura.
Benvenuto Terracini
Dopo il liceo, si iscrive a Lettere alla Statale di Milano e si laurea con una tesi sul latino medioevale con Benvenuto Terracini, il maestro che le instilla la vocazione per la filologia.
Appena laureata, per passione ma anche per necessità, inizia a insegnare alla scuola media (allora le leggi fasciste impedivano alle donne di insegnare al liceo e ancora meno all’università). La sede che le viene assegnata è Chiari, in provincia di Brescia, e tutti i giorni, per undici anni, all’alba sale sul treno dei pendolari, un’esperienza dura e coinvolgente che ci ha raccontato nel bellissimo Cantare nel buio (nuova edizione 1981). Nel frattempo Terracini, per effetto delle leggi razziali, era espatriato in Argentina e Maria avverte il bisogno di integrare la sua educazione con una laurea in Filosofia.
Antonio Banfi
Le era capitato di assistere a una lezione di Estetica di Antonio Banfi ed era rimasta affascinata dalla sua eloquenza e dal tratto elegante e ironico, ma soprattutto l’attraeva l’intento di Banfi di introdurre idee nuove (era anche il titolo di una collana Bompiani da lui diretta) in contrapposizione all’egemonia dell’idealismo di Croce e Gentile: in quella circostanza si addentrava per la prima volta nel pensiero di Nietzsche e di Husserl e Simmel, questi due in teoria banditi in quanto ebrei. I suoi nuovi compagni di corso sono Paci, Cantoni, Preti, Formaggio, Anceschi, Rognoni e i poeti Vittorio Sereni e Antonia Pozzi; nelle foto di gruppo di quella che sarà denominata la Scuola di Milano, in una delle quali sono presenti, come amici esterni, anche Alberto Mondadori e Guido Morselli, Maria non compare mai perché la sua frequenza universitaria era condizionata dagli impegni di insegnante. È sempre presente però alle riunioni in casa di Banfi, in corso Magenta, partecipe a una rete clandestina di resistenza antifascista che fa capo al filosofo, già allora membro autorevole del Partito Comunista. Un giorno Maria subisce un arresto, per fortuna senza conseguenze, perché sorpresa a Brescia mentre infilava nelle cassette della posta volantini di propaganda politica contro il regime.
Dopo la Liberazione, Milano è teatro di una rinascita politica, intellettuale e culturale di cui Banfi e suoi allievi sono tra i protagonisti principali, disponendo, fuori dell’università, di una nuova sede di incontri nella Casa della Cultura in via Borgogna.
Cesare Segre, Bice Mortara Garavelli e Gian Luigi Beccaria
Nel frattempo Benvenuto Terracini, di ritorno dall’esilio in Argentina dove peraltro aveva continuato a insegnare Linguistica e Filologia, ottiene nella sua Torino una cattedra in Glottologia e Storia della Lingua Italiana e conta trai suoi primi allievi Cesare Segre, Bice Mortara Garavelli e Gian Luigi Beccaria, che diverranno, ancorché più giovani, i più cari amici di Maria, e Cesare anche qualcosa di più. Terracini incita la Corti nella ricerca per avviarla all’insegnamento universitario, ma lei ha bisogno di lavorare nell’immediato e l’attendono altri dodici anni, questa volta al liceo, divisi tra il “Volta” di Como e il “Beccaria” di Milano. Il liceo milanese le ispirerà il romanzo Il ballo dei sapienti (1966). Ma determinata com’era, durante l’insegnamento liceale, riceve il suo primo incarico all’Università di Pavia, a 40 anni (Segre ottiene, nello stesso momento, la libera docenza a 26).
Maria va anche in vacanza, tutti gli anni, nella pausa estiva, ma la necessità dello studio non l’abbandona mai. La Puglia, in particolare il Salento dove lavorava il padre, diventa la sua seconda patria, tra Otranto e Lecce. Fin dalla sua fondazione prende parte ai lavori dell’Accademia Salentina di Girolamo Comi e Oreste Macrì e collabora al locale organo di stampa, «L’Albero», con un primo saggio su Cavalcanti, tra le stelle del suo firmamento. Frutto delle sue ricerche storiche sull’assedio turco di Otranto è il longseller L’ora di tutti (1962), la cui struttura narrativa è dichiaratamente ispirata all’Antologia di Spoon River. Non a caso, forse, nello stesso anno vince la sua prima cattedra di Storia della Lingua Italiana all’Università Salentina di Lecce, per poi approdare definitivamente all’Università di Pavia due anni dopo.
Scuola di Pavia
A Pavia trova l’amato Segre, D’Arco Silvio Avalle e Dante Isella a formare la cosiddetta Scuola di Pavia: quattro moschettieri, di cui Maria era con ogni evidenza D’Artagnan, per intraprendenza e una certa baldanza militante, se non simpaticamente militaresca. «Strumenti critici», la rivista da loro fondata (1966) e diretta, con l’intento di unire «rigore filologico ad ampie prospettive critiche» nel campo della letteratura contemporanea e comparata, diventa l’organo di riferimento per il superamento della mera tradizione linguistico-filologica: è la stagione dello strutturalismo, sulla linea del formalismo russo e della Scuola di Praga, e della successiva transizione alla semiotica e, in questo, Maria si trova in sintonia con alcuni collaboratori della rivista come Roman Jakobson, Umberto Eco e Jurij Lotman. Ma la sua attività non si limita all’Accademia e alla scrittura, tra saggistica, narrativa e la collaborazione con riviste letterarie e i più importanti quotidiani nazionali.
«Sono la Maria Corti», è il suo modo di annunciarsi, con lombarda enfasi, quando le nostre strade si incrociano alla Bompiani, dove dirige la collana Nuova Corona e la sezione Italianistica degli Studi. Ulteriore spazio le viene offerto con l’avvio dei Classici Bompiani per i quali curerà l’opera omnia di Gesualdo Bufalino ed Ennio Flaiano, riprendendo una pratica avviata all’Einaudi per Vittorini e Fenoglio. Amava la poesia, era molto amica di tanti poeti, da Montale ai più giovani, aveva una predilezione per Alda Merini e Amelia Rosselli. «Amor che nella mente mi ragiona» era per lei il più bel verso della letteratura italiana.
Viaggiatori del cielo. Omaggio a Maria Corti
A cura di Benedetta Centovalli
Mattioli 1885, pagg. 120, € 11,00
L’articolo in pagina è uno dei brani contenuti nel volume che sarà pubblicato a maggio
loading...