La nazione del Grand Tour non è un Paese per il mercato dell’arte
Privati, collezionisti e operatori, incontrano crescenti difficoltà se comprano o esportano un'opera d'arte. Cresce il contenzioso con le Sovrintendenze. Le soluzioni proposte da Massimo Sterpi, avvocato dello studio Gianni & Origoni
di Marilena Pirrelli
3' di lettura
«Il mercato dell'arte italiano sostanzialmente non esiste più» è la conclusione a cui giunge un avvocato di lungo corso del mondo dell'arte. Massimo Sterpi dello studio Gianni & Origoni ogni giorno si imbatte in casi di contenzioso tra la pubblica amministrazione e operatori o collezionisti dell'arte.
Perché giunge a questa conclusione?
Il terrore ormai attanaglia i privati, collezionisti e operatori, se comprano o esportano un'opera d'arte. C'è un clima di criminalizzazione di un settore che in Francia, dopo la Brexit, è ripartito con ancora più energia grazie alle misure di sostegno dello Stato che ha ridotto dal 10 al 5,5% l'Iva sulle importazioni da paesi extra Ue e innalzato le soglie di circolazione. Per esempio per i dipinti da 150.000 a 300.000 euro.
In Italia il mercato dell'arte potrebbe essere stimato tra 400-500 milioni di euro, quello londinese 10 miliardi di euro. Il paese del Grand Tour ha un mercato che vale un ventesimo della city, mentre dovrebbe essere il luogo naturale per la circolazione dell'arte. Se criminalizziamo questo mercato perdiamo miliardi di euro e competenze come quelle dei restauratori. Misure non coordinate tra il Codice dei beni culturali, norme fiscali, penali e civili hanno creato un ambiente avvelenato e un clima di sospetto.
Cosa intende?
Mi capita di seguire casi singolari. Recentemente una cliente si è rivolta allo studio perché la Sovrintendenza l’ha convocata poiché negli ultimi anni richiedeva frequentemente certificazioni di esportazione definitiva e voleva accedere alla sua collezione. Ricordo, peraltro, che la Sovrintendenza non ha alcun diritto di accesso forzoso alla casa o magazzino di in privato o di una galleria, salvo che per prendere visione di opere già in precedenza vincolate o sulla base di un mandato di perquisizione di un PM.
E con l'antico?
Situazione difficile per l'archeologia: viene chiesto ai collezionisti di provare che i reperti siano stati escavati in Italia prima del 1909, prova praticamente impossibile. La nuova legge del marzo 2022 ha, poi, previsto pene per i reati sui beni artistici superiori a quelle per l'omicidio colposo, con oneri di verifica di ogni genere a carico dell'acquirente. Ovviamente, nessuno acquisterà più nulla. Per quanto riguarda le opere realizzate da oltre 70 anni, il terrore di tutti è che la Sovrintendenza le notifichi subito dopo che sono state acquistate in asta o in fiera, distruggendone il valore. Senza contare che gli stranieri evitano di comprare in Italia per timore che il bene venga vincolato al momento dell'esportazione, bloccandone per sempre l'espatrio. Insomma, il collezionismo d'arte, da segno di prestigio si sta trasformando in un attività che crea sospetti e problemi infiniti.
Soluzioni?
Bisogna creare un dialogo equo tra collezionista e Stato. Prevedere la possibilità di chiedere pareri preventivi alle Soprintendenze ed ottenere risposte vincolanti. Fissare regole certe sull'onere della prova su provenienza dei beni. Prevedere che se un bene viene acquistato in un'asta pubblica non si possa essere incriminati per tale acquisto.
E poi c'è il problema del vincolo, che fare?
Consentire alla casa d'asta o alle fiere di chiedere preventivamente alle Soprintendenze di dichiarare se intendo vincolare uno o più lotti, rendendo tutti gli altri liberamente esportabili per un periodo di almeno un anno.
Quali le vostre proposte per rilanciare il mercato italiano?
Oltre a quanto suggerito su onere della prova, pronunzie preventive delle Soprintendenze e dialogo con i collezionisti, prevedere una fiscalità di favore per il mercato dell'arte, che attiri i mercanti esteri e non costringa, invece, quelli italiani ad aprire sedi all'estero, come avvenuto negli ultimi anni.
Inoltre, equiparare a quelle europee le soglie di valore al di sotto delle quali non sia necessaria una licenza di esportazione (oggi le soglie italiane sono 1/10 di quelle europee), favorire l'import riducendo dal 10% al 3 o 4% l'Iva sull'ingresso in Italia di opere provenienti da paesi extra Ue. Poi, eliminare le incertezze sulle plusvalenze sulla compravendita d'arte: ad esempio, stabiliamo che dopo 5 o 10 anni dall'acquisto non sono dovute plusvalenze. Infine, per favorire le mostre in Italia, introdurre finalmente una normativa sull'immunità dal sequestro dei prestiti ai musei italiani.
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