La Next Generation delle competenze: come cambierà il lavoro nell’Italia 2030
di Riccardo Barberis, Donato Ferri e Mario Mariani
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Alla fine del 2019 il mercato del lavoro italiano era in lenta ripresa dopo la crisi finanziaria di inizio decennio. Nel terzo trimestre dell'anno l'Istat osservava il tasso di occupazione più elevato mai registrato in Italia (59,4%) mentre l'aggregato delle ore lavorate era ancora inferiore al periodo pre-crisi, principalmente a causa della diffusione del part-time involontario. Allo stesso tempo, il sistema di istruzione e formazione, nonostante alcuni sviluppi positivi, rimaneva poco inclusivo e disperdeva moltissime risorse. Il 13,5% dei giovani dai 18 ai 24 anni aveva solo un diploma di scuola secondaria inferiore, in rapido miglioramento rispetto al 2006 (20,8%) ma ancora distante dalla media UE (10,2%). Anche la quota della popolazione adulta con un titolo di studio terziario stava crescendo – il 19% della popolazione adulta e il 28% dei 25-34enni (34% tra le donne) – ma rimaneva molto lontana dalla media OCSE del 37%. Inoltre, solo il 9,1% degli adulti occupati e il 5,1% dei disoccupati partecipava ad attività di formazione.
L'inefficienza dei sistemi di generazione delle competenze, unita alle conseguenze della fase di “salto” tecnologico verso il digitale, causava un crescente disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: circa un terzo delle aziende italiane lamentava difficoltà di reclutamento, e circa un quarto dei profili professionali era di difficile reperimento. L'irrompere del Covid-19, tuttavia, ha imposto un radicale cambio di prospettiva, spostando il focus dal mismatch tra domanda e offerta di competenze alla disemployability, ossia alla difficoltà strutturale di inserimento/reinserimento occupazionale, che nel nostro Paese rischia di concentrarsi soprattutto sui giovani, sulle donne e le categorie più deboli, a causa degli impatti settoriali della crisi e di processi di lungo periodo di polarizzazione asimmetrica del mercato del lavoro, che creava molti più posti di lavoro a bassa qualifica che occupazioni qualificate.
In un contesto simile, e nel quadro più ampio delle strategie per il rilancio del Paese, occorre ripensare gli investimenti in istruzione e formazione prima di tutto come investimenti di medio-lungo periodo per il recupero della capacità competitiva dei settori strategici, in un'ottica di fitness competitiva rispetto alle evoluzioni di lungo periodo della domanda di competenze. Per offrire nuovi strumenti analitici a supporto di queste scelte, EY, Pearson e Manpower hanno condotto uno studio basato dati, pareri di esperti del mercato del lavoro e tecniche di intelligenza artificiale volto a costruire un modello predittivo della domanda di professioni e competenze in Italia nei prossimi dieci anni.
Il forte valore aggiunto dello studio risiede in una metodologia predittiva mista che combina un approccio sia top-down che bottom up basato su tre determinanti chiave. In primo luogo, l'analisi si basa sull'individuazione dei principali driver di cambiamento del mercato del lavoro, ossia i principali megatrend socioeconomici che guideranno le dinamiche occupazionali nei prossimi anni, aggiornati sulla base delle dinamiche determinate dalla pandemia. In secondo luogo, l'acquisizione continuativa e strutturata di dati, sotto forma di analisi di esperti e attori del mercato del lavoro, attraverso diversi canali quali workshop, webinar e digital game, che ha permesso di costruire la base informativa necessaria ad alimentare il modello. In terzo luogo, la definizione, implementazione e applicazione del modello predittivo, ossia la costruzione di un algoritmo che, attraverso l'utilizzo dei dati raccolti incrociati con i dati quantitativi provenienti dai principali istituti di ricerca pubblici e privati e l'applicazione di tecniche di machine learning, consente di formulare proiezioni di lungo periodo sul futuro del mercato del lavoro.
Il modello prevede, innanzitutto, che più di un terzo della forza lavoro attuale svolge professioni che cresceranno nei prossimi dieci anni (circa il 36%), mentre rimarranno stabili il 20% delle professioni e si registrerà una decrescita per il restante 44%. Solo poco più della metà delle professioni in crescita, tuttavia, sono collegate a vario titolo alla tecnologia: aumenteranno anche professioni legate alla cultura, alla comunicazione, ai servizi di cura (di carattere sanitario e non), all'insegnamento e alla formazione. Diminuirà l'occupazione nei settori collegati all'estrazione di carboni fossili, al tessile, alla carta e alla stampa, mentre aumenterà nei media, nelle telecomunicazioni, nei servizi di rete. I processi di polarizzazione si invertiranno: la crescita dell'occupazione si concentrerà sui livelli di qualifiche più alti.
Il modello, inoltre, permette di identificare i gruppi di competenze e caratteristiche personali più frequentemente associati alla crescita e alla trasformazione delle professioni. Si tratta, in primo luogo, di un set di competenze che abbiamo definito “fondamentali” - apprendimento attivo attraverso forme sociali e relazionali, capacità di adattamento, di anticipazione, comprensione degli altri, complex problem-solving - strettamente associate alle occupazioni in crescita, e che dovrebbero essere incluse in qualsiasi programma educativo e\o formativo che miri a contrastare la disemployability. In secondo luogo, un ecosistema di competenze aggiuntive – capacità di analisi, conoscenze e abilità tecniche, abilità di base come le strategie di apprendimento, attitudini cognitive che agiscono in maniera “aumentativa” rispetto alle competenze fondamentali e a quelle specifiche di ciascuna professione. Infine, un set di competenze “ibridanti” – conoscenze in informatica, gestione di impresa, capacità di valutazione sistemica, psicologia, ideazione e originalità, adattabilità, etc. – che derivano da processi evolutivi di scomposizione e ricomposizione dei gruppi di competenze collegati alle professioni.
Il modello formula, infine, anche previsioni su come cambieranno le professioni nei prossimi 10 anni. Più del 50% delle professioni, infatti, evolveranno in modo non lineare, tramite processi di “fusione” e “scissione” o “ibridazione”. Vedremo in molti casi la fusione di due o più professioni esistenti, con la distruzione delle professioni di origine (ad es. i “progettisti di visite ed eventi virtuali”), ovvero la creazione di nuove professioni per scissione di competenze, che non implica necessariamente la distruzione della professione di origine (ad es. gli specialisti di “interfacce” umane”). Altre professioni muteranno per ibridazione, ossia “copiando” sottoinsiemi di competenze da set propri di altre professioni: ad es. gli addetti all'assistenza personale dovranno imparare ad usare device connessi per la telemedicina e allo stesso tempo acquisire competenze di psicologia e orientamento al servizio.
Il Covid ha accelerato queste dinamiche già in corso, accentuando processi di digitalizzazione e iperconnessione che richiederanno profili di competenze compositi, in grado di gestire la complessità tecnica, tecnologica, organizzativa e gestionale in contesti lavorativi a oggi difficili da immaginare. In questo contesto, dallo studio emerge una chiara indicazione per i sistemi di educazione e formazione a focalizzarsi su una sorta di confine “strutturale” del talento delle persone, la prima “pelle” all'interno della quale fortificare alcune competenze e caratteristiche fondamentali della persona per gestire le altre competenze come capacità complessiva e dinamica di gruppi e organizzazioni.
Ne deriva la necessità di ripensare i sistemi educativi “lineari” che operano su cicli lunghi, senza mettere a fuoco le competenze fondamentali della persona, nonché le attività massive di formazione troppo concentrate sul singolo e sulla sua reale capacità di apprendimento, piuttosto che sul concetto di competenze collettive dell'organizzazione.
La complessità dello scenario che il modello descrive e la sua evoluzione costante rendono necessario proseguire e sviluppare ulteriormente queste analisi. A questo fine, EY, Pearson e Manpower intendono istituire un Osservatorio permanente a servizio dei decisori pubblici, della scuola e delle imprese, con dei focus specifici su aree del paese, singoli settori o distretti economici, ai quali il modello può essere applicato grazie a una metodologia di indagine flessibile e adattabile a qualunque contesto. Essenziale rimane l'impegno, che attraverso questo progetto si vuole ribadire, nel rilanciare il tema delle competenze nei percorsi di istruzione e formazione che sono, oggi più che mai, le leve strategiche fondamentali su cui investire per costruire la next generation necessaria al rilancio del paese.
Riccardo Barberis, Amministratore Delegato di ManpowerGroup Italia
Donato Ferri, Mediterranean Consulting and People Advisory Services Leader di EY
Mario Mariani, Amministratore Delegato di Pearson Italia e Europe
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