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La normalità dell’incompetenza: stimolo continuo verso il miglioramento

L’obiettivo è acquisire una nuova e necessaria meta-competenza relativa alla capacità di leggere correttamente il contesto in cui si opera

di Gianluca Cravera*

(AFP)

3' di lettura

“Sei un incompetente!” questa affermazione ha cambiato nel tempo significato, trasformandosi e diventando oggi una condizione di normalità inconsapevole. Gli studi condotti inizialmente da Martin M. Broadwell, e conclusi poi da Noel Burch, hanno dato vita al noto modello dell’apprendimento basato sui quattro livelli. Il livello più basso del modello è rappresentato dall’incompetenza inconsapevole, viene descritta come la fase zero perché la persona non è a conoscenza nemmeno delle basi della competenza in esame e non esamina alcuna strada alternativa per poter trovare una soluzione, non riconosce di essere deficitario in questo ambito.

L’inconsapevolezza diventa quindi il primo e principale motore dell’incompetenza. Definire oggi una persona che ricopre ruoli di responsabilità come incompetente non significa attribuire un valore negativo e/o valutare negativamente la persona, significa regalare a quest’ultima la possibilità di riflettere sulla sua inconsapevolezza. Sottolineo la contemporaneità dell’oggi, perché rispetto al passato il contesto in cui agisce chi ha ruoli di responsabilità è profondamente mutato e quindi anche il significato di incompetenza deve essere accettato e compreso nella sua trasformazione.

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La resistenza all’incompetenza, ovvero la presunzione di non essere incompetenti, rappresenta un moltiplicatore di errori che allontanano dal ritrovare una giusta soluzione ai problemi. Già negli anni ‘70 Burch vedeva proprio nel principio di consapevolezza il primo vero livello di apprendimento e quindi di miglioramento rispetto ad una competenza non acquisita, ciò che cambia è l’impatto dell'attuale contesto e le sue variabili strettamente interconnesse.

L’incompetenza inconsapevole è aggravata da un contesto sempre più complesso da leggere, in cui anche le più radicali convinzioni o competenze acquisite nel passato non sono più sufficienti a spiegare il presente. Cambiando quindi punto di vista rispetto al significato di “incompetente”, può risultare favorevole esserlo, a patto di considerare questo stadio non solo in maniera consapevole, ma come elemento di normalità in un contesto evolutivo e rapido come quello attuale.

La difesa della miope competenza ha raggiunto limiti ancora più pericolosi rispetto all’incompetenza inconsapevole. I due opposti arrivano a toccarsi e a generare le stesse conseguenze rispetto all’azione di responsabilità che dovrebbe essere avviata da chi all’interno di un'organizzazione complessa dovrebbe agire un ruolo di governo. Definirsi competenti nell’attuale contesto è un atto di presunzione, così come offendersi perché si è stati definiti incompetenti.

La sfida che abbiamo di fronte è quella di vedere nell’incompetenza una normale condizione alla quale non ci si può ovviamente abituare, ma occorre continuamente agire e approfondire acquisendo una nuova e necessaria meta-competenza relativa alla capacità di leggere il contesto. La lettura del contesto insieme all’assunzione di una vista sistemica e non lineare rappresentano oggi i pilastri per uscire dall’incompetenza e non cadere nella trappola della competenza certa; l’incertezza della competenza deve essere vissuta come lo stimolo continuo a ricercare e innovare la quotidianità dell'apprendimento.

Se nel passato QI e QE, il quoziente intellettivo e il quoziente emotivo, potevano essere considerati parametri efficaci anche di misurazione dell’apprendimento, oggi occorre prendere in considerazione il QA, il quoziente di adattabilità, quale parametro per riuscire a sviluppare una leadership adeguata al contesto che si sta vivendo. Secondo la teoria U del prof. Otto Scharmer del MIT, il QA non è fisso ma può essere coltivato e sviluppato partendo da alcuni semplici ma fondamentali principi.

Si parla di percorso ad U perché prima di risalire occorre scendere in profondità; si parte dall’esplorazione del livello della mente, del cuore, della volontà per arrivare all’intuizione, ovvero l’intelligenza profonda. Solo arrivati a questo livello è possibile proiettarsi verso un nuovo futuro cristallizzando la conoscenza che abbiamo acquisito per metterla a disposizione di un nuovo modo di pensare e soprattutto di agire. L’esecuzione, l’agire, sarà considerato adeguato al contesto se eseguito in una modalità multi-stakeholder; condizione indispensabile per realizzare insieme un nuovo contesto.

Non rimane a questo punto che aiutare l'incompetente ad esplorare e coltivare il proprio quoziente di adattabilità.

* Partner di Newton Spa

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