La normalizzazione anomala di una Fed al traino dei mercati
Gli annunci vincolanti hanno ceduto il passo alle dichiarazioni informali dei singoli banchieri centrali
di Donato Masciandaro
3' di lettura
La Fed predica male, e razzola come vogliono i mercati finanziari. Innalzare i tassi di interesse in modo radicale e repentino – dopo mesi di inerzia, ancora inspiegata – è una strategia opposta a quella di una banca centrale che voglia davvero normalizzare la politica monetaria, ma anche diversa da quella di una Fed che ha tenuto i tassi prossimi allo zero durante le fasi congiunturali straordinarie, come è stata da ultimo quella pandemica. Prima abbiamo avuto la Federal Reserve che vuole guidare i mercati, poi quella che gli dà le stampelle della liquidità a volontà, ora è il turno di quella che i mercati li accomoda.
Il presidente Jerome Powell afferma che l’obiettivo della Fed è quello di normalizzare la politica monetaria. La normalizzazione della politica monetaria è un regola con un significato ben preciso, che si fonda su due pilastri.
Il primo è che lo strumento principale dell’azione monetaria è influenzare il tasso di interesse a breve termine, in modo che sia neutrale quando sia l’occupazione che l’inflazione hanno livelli uguali ai loro obiettivi programmatici, oppure che sia relativamente alto, o basso, se l’economia è rispettamente surriscaldata, o anemica.
Il secondo pilastro è che l’andamento di tutti gli altri tassi di interesse, bancari e finanziari, pubblici e privati, è determinato dai e nei mercati finanziari. Nella politica monetaria normale la banca centrale corregge gli squilibri economici e guida i mercati finanziari. Per farlo, deve essere credibile e trasparente: fare scelte coerenti con i due pilastri, e spiegarle al meglio.
La Fed ha cessato di essere normale da due decenni. Finita la presidenza Volcker, con Alan Greenspan è iniziata la deviazione della politica monetaria dalla regola a due pilastri. Insieme alla deregolamentazione finanziaria, la deviazione monetaria ha contribuito alla Grande crisi finanziaria del 2008, poi divenuta recessione. Da quel momento è iniziata per la Fed la fase della politica monetaria straordinaria, in cui l’espansione della liquidità e la riduzione dei tassi è stata attuata sostituendo progressivamente all’azione dei mercati l’intervento, massiccio e sistematico, della banca centrale.
La politica monetaria straordinaria – inaugurata da Ben Bernanke, proseguita prima da Janet Yellen e poi da Jerome Powell – ha intrecciato tre strumenti: tassi di interesse schiacciati verso lo zero, interventi continui e ingenti di acquisto di titoli con scadenze e rischiosità sempre più accentuati, annunzi monetari che garantivano ai mercati che un tale atteggiamento ultra-espansivo della azione monetaria sarebbe proseguito anche nel futuro. La politica monetaria non si limita a guidare i mercati, ma li sussidia sistematicamente, sostituendosi a essi. L’effetto è quello che hanno gli stupefacenti sui soggetti dipendenti: quando Ben Bernanke ha provato a ridurre la liquidità nel 2013, è stato costretto a una precipitosa e ingloriosa retromarcia proprio dalla reazione negativa dei mercati finanziari.
La politica monetaria straordinaria ha vissuto una nuova primavera grazie all’emergenza pandemica. La regola e i suoi due pilastri hanno continuato a essere pallidi ricordi del passato. Anzi: è aumentata l’ambiguità: nessun esplicito obiettivo occupazionale, la comparsa di una fumosa inflazione media come nuovo punto di riferimento. Gli annunci vincolanti, il cui presupposto è una comunicazione istituzionale e programmatica, che impegna ufficialmente la banca centrale, sono stati nei fatti sostituiti dall’uso sistematico delle dichiarazioni, informali e individuali, dei singoli banchieri centrali. Per non parlare dell’utilizzo strumentale delle cosiddette previsioni: numeri anonimi e individuali, finora risultati ex post sistematicamente errati, ma che continuano a essere considerati ex ante come annunzi della Fed sulla futura politica monetaria. La politica accomodante della Fed ha sostituito la strategia dell’ambiguità a quella della trasparenza. Non c’è niente di normale in tutto questo.
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