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La nuova emergenza Covid-19 frena la crescita cinese

Il focolaio di contagi a Nanchino semina il panico nel Paese con conseguenze per la ripresa economica che a luglio è tornata al febbraio del 2020

di Rita Fatiguso

2' di lettura

Tornano i contagi, un elemento in grado di compromettere la ripresa dell’economia di Pechino che già a luglio registra gli stessi livelli dell’attività industriale del mese di febbraio 2020. Il PMI manifatturiero è a 50.4 contro i 50.9 di giugno, contro le previsioni di 50.8. L’indice del settore non manifatturiero è a 53.3, contro i 53.5 di giugno. L’attività industriale si è sviluppata al ritmo più basso da 17 mesi a questa parte. Tanti i fattori implicati: costo delle materie prime, alluvioni da record, taglio alle emissioni inquinanti. Ce ne è abbastanza per incidere a sufficienza sullo sviluppo della seconda economia mondiale.

L’orologio torna a 17 mesi fa

La Cina è alle prese con una nuova ondata di contagi con epicentro Nanchino, sembra a causa di arrivi dalla Russia che avrebbero portato con sè nel Paese la variante Delta. Già si profila un approccio tolleranza -zero con lo slittamento dell’apertura delle scuole.

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I dati sulla crescita economica diffusi dall’istituto di statistica presentano un quadro di rischi ben precisi, aggravati dalle alluvioni da record e anche dalle misure decise per tenere a bada l’inquinamento.

Morale: a luglio il Purchasing Managers’ Index (PMI) non manifatturiero è passato a 53.3 in luglio, da 53.5 del mese precedente. Il manifatturiero è sceso a 50.4 a luglio da 50.9 di giugno. Che i livelli siano rimasti sopra quota 50, limite che separa crescita da contrazione, a questo punto non è, di per sè, consolante.

Gli ordini per l’export rallentano

il sottoindice PMI per la produzione è sceso a 51,0 da 51,9 di giugno, a causa della manutenzione delle attrezzature e delle condizioni meteorologiche estreme.

Ma a preoccupare è il nuovo sottoindice degli ordini sceso a 50,9 da 51,5, riflettendo un rallentamento della domanda. Gli analisti si aspettavano che scendesse a 50,8. È la cifra più bassa da quando l’indice è crollato a 35,7 nel febbraio 2020, dopo l’inizio dei lockdown per controllare la pandemia di coronavirus.

Il sottoindice dei nuovi ordini, inoltre, è ancora più allarmante: per il terzo mese consecutivo è in calo al punto più basso a luglio su 47.7. Quello dei costi delle materie prime è a 62.9 in luglio, rispetto a 61,2 di giugno.

Materie prime e misure di stimolo

Molte società cinesi di import-export hanno lasciato cadere ordini che sarebbero stati troppo costosi, considerando il livello dei costi delle materie prime.

C’è da aggiungere anche l’azione del Governo per evitare la speculazione sulle stesse materie prime, in ogni caso la preoccupazione in questi ultimi mesi è stata quella di evitare il trasferimento dei costi sul consumatore finale con evidenti problemi per l’inflazione già ai massimi da anni.

A causa delle condizioni estreme del tempo, inondazioni da record, anche l’indice delle costruzioni è calato a 57.5 da 60.1. Sono in arrivo, inoltre, misure di contenimento della bolla immobiliare.

Infine, c’è da considerare anche il taglio dei ratios deciso dalla Banca centrale, valore 154 miliardi di dollari di liquidità a lungo termine. Una misura della quale ancora non è possibile apprezzare la portata.

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