La nuova energia e l’antica anima di Budapest
Hotel storici, bar letterari, ristoranti stellati, locali sperimentali: indirizzi e idee per riscoprire la capitale ungherese, che compie 150 anni
di Sara Magro
4' di lettura
Se il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson esistesse davvero, potrebbe essere il Four Seasons della capitale ungherese. Facciata Art Nouveau, perfettamente simmetrica come nella planimetric composition del regista, vetrate colorate, lampadari in cristallo di Boemia, il Danubio davanti. E decine di cuori nascosti tra ferri battuti e trompe l’oeil, pare dedicati a un’inquilina di cui l’architetto era follemente innamorato. È naturale camminare con il naso all’insù, perché è nelle decorazioni che si ammira la magnificenza di palazzo Gresham, costruito nel 1904 da una compagnia di assicurazione britannica che, non potendo portare in patria i capitali guadagnati in Ungheria, li investì in una sontuosa sede di rappresentanza. Si può certo guardarlo da fuori, ma è più affascinante entrare, ordinare un croque monsieur alla brasserie, prenotare un massaggio alla spa o bere un drink al bar mentre una ballerina in tutù volteggia tra poltroncine e sgabelli.
Budapest sembra familiare, anche la prima volta che ci si mette piede. Gli ampi boulevard come a Parigi, i tram come a Milano, i caffè come a Vienna. I richiami alle città europee sono continui. Al contrario, la lingua, di ceppo ugrofinnico, suona indecifrabile. Gli specialisti di Berlitz la collocano fra le lingue più difficili da imparare. Nonostante le similitudini e la vicinanza (in media dall’Italia occorrono un paio d’ore di volo), non è così semplice sintonizzarsi con questa complessa città che dai fasti dell’Impero austro-ungarico è passata al nazismo e, senza soluzione di continuità, allo stalinismo.
Si notano segni di disappunto davanti ai nuovi edifici in costruzione tra il Castello, il Bastione dei Pescatori e la chiesa di Mattia, patrimoni Unesco. «Il primo ministro Viktor Orbán vuole ricreare copie identiche dei palazzi che c’erano una volta. Un goffo tentativo di far rivivere qualcosa che non esiste più», commenta Katalin Czeller, una delle guide più esperte della città. Al cospetto, persino la facciata brutalista dell’Hilton, uno dei primi hotel internazionali, sembra più appropriata al contesto. L’ingresso posteriore è più discreto, e all’interno si vedono i resti di un monastero domenicano del XIII secolo. Da lì ci si addentra nel borgo medievale, tra negozietti di souvenir e caffè storici. Da Ruswurm, il primo aperto in città nel 1827, fanno una Linzer squisita (anzi, la crostata con farina di nocciole e marmellata di lampone è nata proprio lì). Anche al Café Parisi e al Central ci si ferma per una pausa, ma il New York Café è il più bello, amato da Sándor Márai . Di sicuro, ha del fiabesco bere un espresso tra colonne tortili, stucchi, dorature e affreschi. Per evitare la folla, si consiglia di entrare dall’hotel Anantara, altra meraviglia architettonica di cui fa parte e di cui ospita il ristorante White Salon.
Budapest è una grande spa, la regina del salus per aquam con le sue 125 sorgenti termali e i suoi stabilimenti antichissimi, dove locali e turisti si accalcano e si confondono: il segreto per nuotare in silenzio tra i mosaici Liberty dei Bagni Gellért è evitare il weekend. Lo storico hotel di fianco è un cantiere, sembra che diventerà un Mandarin Oriental. Si parla anche di un imminente St. Regis, altro cinque stelle lusso, e da qualche settimana ha aperto un W nel palazzo neo rinascimentale di fronte all’Opera di cui ospitava la scuola di danza. Ora la musica è tutt’altra al Beef Bar del piano terra: al ritmo bum bum, si mangiano tempura di mais e mini hamburger con maionese piccante, anni luce di distanza dai Big Mac degli anni Novanta, quando la gente faceva la fila per un «bite of freedom», un assaggio di libertà.
In effetti c’è aria di rinnovamento. All’inizio del 2022, nel parco municipale, è stata inaugurata la Casa della Musica, uno spazio avveniristico per concerti progettato da Sou Fujimoto con una caffetteria tutta vetri che sembra sospesa tra gli alberi. Qualche mese dopo è stata la volta del Museo Etnografico, custode di 250mila oggetti della cultura e della tradizione ungherese e che ha sul tetto un giardino di 7mila metri quadrati. L’ultima novità è la riapertura, dopo due anni di ricostruzione, del Ponte delle Catene, capolavoro di ingegneria (quando fu ultimato nel 1849, la campata di 202 metri era tra le più lunghe del mondo) che unisce Buda e Pest e nella nuova versione pedonale è il più bel regalo per i 150 anni della capitale - nata dall’unione dei due centri abitati sulle sponde opposte del Danubio- che ricorrono il 17 novembre 2023.
Che Budapest si senta europea si coglie in molti dettagli: il fiorire dei rooftop (suggestivo quello dell’Aria Hotel), la crescita dei ristoranti stellati (sette, da Costes, il primo nel 2015, a Essência, l’ultimo nel 2022), i bistrò gastronomici (come Déryné), i ruin bar ricavati nelle palazzine diroccate del quartiere ebraico, come Szimpla Kern, dove il sabato sera si beve e si balla e la domenica mattina si fa la spesa di formaggi, paprika e miele al mercatino dei produttori.
Il passato più oscuro si prova a dimenticare, spiega ancora Katalin, mentre il motoscafo in stile veneziano sfila sul Danubio davanti al maestoso Parlamento neogotico, simbolo della capitale: dopo la caduta del muro di Berlino, le statue dei leader comunisti con il dito puntato verso il futuro sono state relegate al Memento Park, una specie di cimitero ideologico appena fuori città. Meglio il presente. Come un cono a forma di rosa nella gelateria senza insegna davanti alla basilica di Santo Stefano.
loading...