il direttore

La nuova fototeca del Papa

di Barbara Jatta

Il fotografo osserva le masse dei visitatori dei Musei Vaticani: nelle Stanze di Raffaello essi fotografano gli affreschi mettendoli a confronto con l’immagine riprodotta sul loro biglietto

3' di lettura

Uno dei modi migliori per un museo di dimostrare la propria vitalità è quello di organizzare la nascita di una nuova collezione. Un’operazione ambiziosa soprattutto per il «Museo dei Musei», come sono i Musei del Papa, che nel corso dei secoli della loro storia più volte si sono confrontati con ampliamenti e aggiunte di nuove collezioni. Farlo oggi, all’interno di una struttura esistente e in continuo movimento, richiede al contempo ponderazione e sensibilità, consapevolezza dell’esistente e capacità di guardare nel futuro.

Il progetto In piena luce è nato proprio con l’intento di creare una nuova collezione: il primo fondo di fotografia contemporanea delle collezioni dei Musei Vaticani e rappresenta un esempio eccellente di come sia possibile trasformare un’occasione tanto delicata e composita in un momento di sperimentazione e di riflessione.

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Fin dagli inizi, l’intenzione della Responsabile della Collezione d’Arte Contemporanea, Micol Forti, che ha avviato il progetto e lo ha concepito insieme al direttore editoriale di Contrasto, Alessandra Mauro, è stata infatti proprio quella di far diventare un luogo storico, multiculturale, di bellezza universale, ovvero pienamente simbolico come sono i Musei Vaticani, l’oggetto del lavoro creativo e interpretativo di nove di artisti internazionali, diversi per prospettive di ricerca, formazione, stile e provenienza.

Il progetto, strutturato come una vera e propria committenza, è nato a partire da alcune grandi aree tematiche: il tempo, la storia e la memoria; lo spazio; le persone; le opere e i feticci. Su questa griglia di riferimento sono stati scelti nove artisti-fotografi che «in piena luce», in piena autonomia e in momenti distinti, hanno affrontato i diversi aspetti: dai visitatori alle opere, dalle architetture ai depositi, da ciò che è visibile a quanto è lontano dallo sguardo del pubblico, dalle tracce che il pubblico lascia lungo il suo percorso a quelle che l’esperienza percettiva semina nella memoria, dal tempo non solo storico ma anche fisico alla consunzione che trasforma costantemente luoghi e cose, ai simboli di una sempre più sfuggente “memoria collettiva”, fino alla distrazione e alla dissociazione da un dialogo realmente vitale con la società.

È la prima volta che un Museo realizza una produzione di questo tipo: commissionare ad un nucleo di “voci” e di “occhi” del panorama artistico internazionale una sorta di reportage che apre al mondo le porte dei Musei Vaticani e li mostra nella loro prestigiosa e preziosa, classica e contemporanea, unicità.

Gli autori coinvolti sono Mimmo Jodice, Massimo Siragusa, Alain Fleischer, Francesco Jodice, Martin Parr, Peter Bialobrzeski, Antonio Biasiucci, Rinko Kawauchi e Bill Armstrong.

Il percorso creativo e l’esito del loro lavoro hanno fatto emergere aspetti che meritano di essere affrontati da differenti impostazioni metodologiche e disciplinari. Il dialogo con la committenza, il ruolo della fotografia nel suo debito di appropriazione con la pittura, l’architettura e la scultura, la sua natura duttile e la capacità di stabilire un confronto critico con un luogo stratificato come i Musei Vaticani, la riflessione antropologica e sociale sul futuro di queste immense macchine museali e sulla natura della relazione con il pubblico, sono solo alcuni degli spunti più evidenti, affrontati dai vari autori dei saggi in catalogo.

L’insieme delle opere realizzate sono circa 200 e oggi sono parte della Collezione d'Arte Contemporanea dei Musei Vaticani. La loro presenza conferma l’iniziale missione di questa raccolta, voluta dal suo fondatore papa Paolo VI Montini agli inizi degli anni Settanta del Novecento, di mantenere una relazione tra Chiesa e contemporaneità, fra fede e creatività artistica.

La figura di Eva, tratta dal Peccato originale di Michelangelo e rielaborata con raffinata sensibilità dal fotografo Bill Armstrong, è stata scelta quale immagine-simbolo per la copertina del catalogo perché ben riassume in sé l’anima di questa operazione: riuscire a mantenere attivo e fertile il dialogo tra i capolavori del passato e il presente, tra la tradizione e la contemporaneità, tra gli artisti del passato e quelli di oggi.

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