La nuova tendenza della ristorazione è l'alta cucina pop-up
Basta posto fisso o menu fisso. Da Ibiza a Los Angeles, le migliori degustazioni da sperimentare “una volta e mai più”. Anche a casa propria.
di Fabrizia Villa
5' di lettura
Se il sogno di aprire un ristorante sulla Luna si dovesse avverare, una certezza scientifica verrebbe meno, quella che riguarda l'assenza d'atmosfera sul satellite naturale della Terra. A portarla, sarebbe Luca Pronzato, padre italiano, madre catalana, fondatore del collettivo gastronomico We are Ona, che dal 2019 sorprende con i suoi ristoranti effimeri. Dal Portogallo al Messico, dalla Turchia a Parigi, passando per Basilea, Venezia, Arles e Milano i suoi pop-up sbocciano in ogni parte del mondo con una durata che varia da una settimana a un massimo di sei mesi.
«Ona», racconta l'imprenditore e sommelier francese, «in catalano significa onda, quella creativa che ho visto montare nella comunità di giovani talenti legati al mondo del food mentre lavoravo al Noma di Copenhagen. Lì ho capito che avevamo l'esigenza di esprimerci in un altro modo». Saranno le radici comuni, ma il suo modus operandi sta alla ristorazione come quello del gruppo catalano La Fura dels Baus sta al teatro: una ricerca costante di uno spazio scenico distinto da quello tradizionale e la propensione a una creazione collettiva e partecipativa. Il progetto di Pronzato vuole sempre essere spiazzante e non prevede repliche, ogni volta l'esperienza è diversa così come lo sono i suoi ingredienti, a cominciare da location, chef e brigate. «Quello che tutti abbiamo in comune è la voglia di lavorare in un ambiente internazionale. Generalmente, quando apriamo uno dei nostri ristoranti pop-up in un Paese, creiamo un'équipe internazionale, ma allo chef chiediamo di esprimersi attraverso i prodotti locali perché il nostro vuole essere un approccio sostenibile, un valore per noi importante quanto il prendersi cura delle persone e della loro felicità». Così è stato a Milano alla Fabbrica Orobia, dove We are Ona ha aperto un pop-up restaurant in partnership con Flos durante la Design Week. Qui la chef giapponese Sayaka Sawaguchi, del Garde Champêtre di Parigi, ha creato un menu di otto portate pensato attraverso la rivisitazione di prodotti tipici italiani. «Per noi contano molto i dettagli, dalla mise en place ai fiori», precisa Pronzato, «e cerchiamo sempre di calibrarli sul luogo in cui siamo. A Milano, per esempio, ci siamo ispirati al concetto giapponese di wabi sabi, un'estetica basata sull'imperfezione delle cose che era coerente con lo spazio industriale tutto legno e cemento che ci ospitava».
La ricerca della location perfetta è parte integrante del progetto e spesso costituisce la sfida maggiore. «Mi piace trovare posti che mettano in connessione gli ospiti con luoghi inaspettati delle loro città, le scoperte più interessanti le ho fatte sempre tramite il passaparola, come è capitato a Venezia, dove abbiamo scelto un palazzo storico nel sestiere Castello e creato una cucina dal nulla». La città lagunare ha inaugurato, in occasione della Biennale d'Arte, We are Ona Art Tour: ristoranti aperti in concomitanza di grandi eventi culturali legati all'arte, al design e all'architettura che, come sempre, puntano sull'effetto sorpresa. Se per Art Basel la location era una vecchia cisterna d'acqua, ad Arles, per i Rencontres de la Photographie, la scelta è caduta sulla piscina di uno sport club ricavato all'interno di antiche stalle. «A settembre saremo a Milano per la fashion week», rivela Pronzato, «poi a fine ottobre a Parigi per Paris +, la prima edizione della mostra di arte moderna e contemporanea curata da Art Basel, quindi, se sarà possibile, a novembre saremo a Tokyo e a dicembre in Florida per Art Basel Miami, ma le location rimangono segrete fino all'ultimo perché anche l'effetto sorpresa rende quest'esperienza indimenticabile». Parallelamente, il collettivo culinario organizza cene pop-up per grandi brand internazionali e per clienti privati. Basta un preavviso di una settimana per programmare un evento su misura in qualsiasi parte del mondo. L'originalità è garantita e la creatività anche. «Recentemente, per il lancio dell'Eau de Basilic Pourpre di Hermès abbiamo decorato le tavole con dieci tipi diversi di basilico, mentre per un altro cliente abbiamo realizzato tavoli in cristalli di sale per un pranzo nelle magiche saline della Camargue».
Arte, gastronomia e creatività sono gli ingredienti chiave anche di El Silencio Inside, il nuovo pop-up restaurant a cura dello chef stellato Guillaume Sanchez che, fino al 16 agosto, affiancherà El Silencio Ibiza a Cala Molí, quest'anno affidato al tristellato Mauro Colagreco. «Silencio ha sempre invitato i più grandi talenti della scena gastronomica per cene o conferenze: da Alain Passard a Massimo Bottura, da Bertrand Grébaut a Jean Imbert», racconta Arnaud Frisch, fondatore e proprietario del celebre Silencio parigino, il club firmato David Lynch, inaugurato nel 2011 nello spazio un tempo occupato dalla tipografia che dette alle stampe il J'accuse di Émile Zola. «La nostra idea per questa seconda stagione alle Baleari è stata quella di invitare gli chef a Ibiza per creare un menu con i prodotti dell'isola. Abbiamo chiesto a Guillaume Sanchez, il nostro chef del Silencio des Près, di programmare questo pop-up. Presenteremo chef stellati come Yannick Alleno o Bruno Verjus, ma anche la nuova generazione con Thibault Sombardier, les Enfants du Marché o Julien Sebbag, oltre naturalmente allo stesso Sanchez». Ogni settimana gli chef si alterneranno ai fornelli del nuovo ristorante di Cala Molí che, come tutti i locali di Frisch, mescola sapientemente arte, musica e cultura. «Gli spazi popup ci permettono di riunire il pubblico dell'arte internazionale o di introdurre esperienze contemporanee con nuovi talenti», spiega l'imprenditore. Gli ospiti di El Silencio Inside ceneranno, infatti, all'interno di Dreamland, un'installazione immersiva firmata dal brasiliano Samuel de Saboia, artista che lavora sulla connessione tra piano fisico e piano spirituale e titolare per il 2022 della prima residenza artistica promossa da Comme des Garçons. «Quando El Silencio ha aperto a Ibiza la scorsa estate, abbiamo deciso di invitare un talento della nuova generazione a creare un'installazione artistica. Dopo Miranda Makaroff nel 2021, ora tocca a Samuel de Saboia. Ma ci saranno anche un padiglione pop-up di Charlotte Taylor e un'installazione artistica di Pietro Terzini», conclude Frisch.
Ha i giorni contati (365, non uno di più) anche Zuma Ibiza, il pop-up rooftop a Marina Ibiza della celebre catena di cucina giapponese contemporanea fondata da Rainer Becker, un locale che promette di essere in sintonia con l'anima un po' gipsy e molto etnica dell'isola, sempre aperta ad accogliere nuove mode e culture. Perché anche questo è il grande pregio dei ristoranti effimeri: fare delle incursioni brevi e mirate per portare nuove idee e sapori. Lo dimostrano due dei progetti a tempo più curiosi dell'anno: il Tian Restaurant di Vienna, che fino al 18 settembre propone i suoi piatti vegetariani e vegani al Falkensteiner Resort Punta Skala di Zara, in Croazia, tutti rigorosamente eseguiti con ingredienti di provenienza locale, e Ilé, che a Los Angeles porta i sapori intensi dell'Africa Occidentale.
Una serata nella cucina temporanea di Eros Tolu Erogbogbo, nigeriano di Lagos, fa riemergere il ricordo delle tante pagine dedicate al cibo dalla scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie. A casa (questo il significato di Ilé in lingua yoruba) di Erogbogbo viene servito comfort food, come il riso jollof carico di quelle spezie che lo chef si fa mandare ogni mese dalla Nigeria, accompagnato da racconti e musica, ingredienti altrettanto importanti delle cene organizzate per massimo dieci persone alla volta. Dopo aver fatto tappa a Lagos, New York, Atlanta e Houston, sembra proprio che Eros la sua Luna l'abbia già raggiunta e tutto fa pensare che a Los Angeles Ilé non rimarrà pop-up per sempre.
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