La pandemia si sgonfia: dai contagi ai ricoveri ecco cosa dicono i primi segnali
Il Covid non è ancora sconfitto, ma da mesi la pandemia fa sempre meno danni . L’unica variabile che può rimettere in discussione tutto è una nuova variante più patogena.
di Marzio Bartoloni
I punti chiave
3' di lettura
Il Covid non è ancora sconfitto, ma da mesi la pandemia fa sempre meno danni e avanza verso la cosiddetta endemia, la convivenza con il virus. Che dall’avvento della variante Omicron è diventato molto più contagioso, ma mette sempre meno sotto pressione gli ospedali. Due i segnali che fanno ben sperare: i contagi crescono, ma tra immunizzazioni e persone già infettate, si diffonde con meno intensità come si vede in questa mini ondata di ottobre che già, dopo 4 settimane, ha cominciato la discesa. E poi i ricoveri crescono, ma molti pazienti (oggi sono il 60%) scoprono la positività con un tampone in ospedale dove si trovano non per il Covid, ma per altre ragioni (una intervento, un ricovero). L’unica variabile che può rimettere in discussione tutto è una nuova variante più patogena.
La mini-ondata d’autunno, già comincia la discesa
La prima ondata del terzo autunno con il Covid è cominciata ufficialmente a metà settembre quando i contagi hanno cominciato a salire dopo una piccola tregua a fine agosto: sono stati 120.057 i nuovi positivi nella settimana dal 14 al 20 settembre (erano 107mila la settimana prima) per poi salire a 168.829 dal 21 al 27 settembre e ancora a 244.353 dal 28 settembre al 4 ottobre fino ai 293.902 nuovi contagi dal 5 all’11 ottobre. Ora nell’ultima settimana, quella dal 12 al 18 ottobre, i casi hanno cominciato la discesa: in tutto si sono registrati 274.983 nuovi positivi (quasi il 10% in meno rispetto alla settimana prima). Insomma in questa prima mini ondata autunnale è arrivata al suo picco già dopo un mese e non dovrebbe lasciare grandi strascichi a livello ospedaliero e di vittime (che sono però tornate a superare quota 100).
Crescono i ricoveri, ma molti non a causa del Covid
Oggi nelle corsie ospedaliere - secondo l’ultimo monitoraggio della Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, sui suoi ospedali sentinella - quasi due terzi dei pazienti positivi al Covid (il 60%) non sono ricoverati perché hanno i sintomi tipici del virus come le polmoniti o i problemi respiratori, ma perché hanno scoperto di essere positivi dopo aver fatto un tampone prima di un intervento operatorio o di un ricovero per altro motivo. E in ogni caso i pazienti gravi - quelli in terapia intensiva - crescono poco: oggi sono 254 quelli in rianimazione (erano 224 una settimana fa), nelle ondate più pesanti erano anche 10 volte di più. «I bassi numeri delle terapie intensive sembrano confermare l'ipotesi di una epidemia di forme meno severe e dunque di una progressiva endemizzazione del virus. Conferma che arriva anche dall'alta percentuale, il 60%, di ricoverati Con Covid nei reparti ordinari, pazienti che, pur avendo contratto il virus, non hanno sviluppato sintomi respiratori e polmonari tipici della malattia da Covid ma sono in ospedale per una frattura, uno scompenso cardiaco, un intervento chirurgico indifferibile» sottolinea il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore.
L’unica variabile è l’arrivo di una variante più patogena
Per come è andata la pandemia finora la strada imboccata dal virus sembra sempre più quella di una maggiore contagiosità e di una minore patogenicità. Ma le varianti vanno tenute sempre sotto osservazione anche per la loro capacità di evadere la protezione di vaccini e anticorpi monoclonali. Da fine gennaio scorso dominano la scena Omicron e le sue sottovarianti, molto contagiose ma meno pericolose. Ma tutto può cambiare come ha sottolineato nei giorni scorsi il virologo Antony Fauci che non ha nascosto la preoccupazione per le più recenti varianti la BQ.1 e la sua sotto-variante BQ.1.1 Secondo il consigliere del presidente Biden sulla pandemia, in procinto peraltro di andare in pensione, a creare il quadro complesso e incerto è «il tasso di aumento di queste due varianti, che appaiono duplicarsi» velocemente nonostante siano comparse un mese fa. Fauci si è anche detto preoccupato che queste nuove versioni del virus non rispondano alle terapie a base di anticorpi disponibili.
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