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La Perla, il Mimit convoca il tavolo il 5 settembre

L’azienda bolognese specializzata in lingerie di alta gamma è stata cquisita nel 2018 dal fondo olandese Tennor, con sede a Londra, controllato dal finanziere tedesco Lars Windhorst

di Giulia Crivelli

2' di lettura

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, la buona notizia è che il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) ha convocato per il 5 settembre a Roma un tavolo sulla crisi de La Perla, azienda bolognese specializzata in lingerie di alta gamma. C’è però un aspetto non altrettanto positivo della vicenda, fanno notare Filctem, Femca, Uiltec, che seguono, in modo unitario e da molti anni, le difficoltà del marchio nato a Bologna nel 1954: c’è voluto l’allarme lanciato meno di 48 ore fa dai sindacati (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) sul mancato accredito degli stipendi di luglio alle 350 lavoratrici della sede di Bologna per portare alla convocazione del tavolo. «Avevamo segnalato al Mimit quasi un mese fa e con preoccupazione il ritardo nell’arrivo dei fondi promessi dalla proprietà a seguito dell’accordo sottoscritto con la regione Emilia-Romagna e con il ministero – spiega Ugo Cherubini di Filctem –. La convocazione è un passo avanti, ma resta il problema di 350 persone senza stipendio e che non hanno certezze sul loro futuro». La crisi de La Perla viene da lontano e la fine del tunnel non è vicina, anche dovessero arrivare, per incanto, i 60-70 milioni promessi all’inizio di maggio e previsti entro la fine di giugno dalla proprietà, il fondo olandese Tennor, con sede a Londra, controllato dal finanziere tedesco Lars Windhorst. «La liquidità serve per pagare stipendi e fornitori e assicurare la ripresa della produzione, unica vera via d’uscita dalla crisi – aggiunge Cherubini –. Non parliamo di un’azienda in difficoltà perché manca la domanda per i suoi prodotti o perché è in difficoltà il settore al quale appartiene. È vero esattamente il contrario: il mercato dei beni di lusso personali, che comprende le collezioni La Perla, è già tornato ben sopra i livelli pre Covid e la lingerie, in particolare, è molto richiesta, perché sono pochissimi i marchi al mondo in grado di offrire prodotti di eccellenza e La Perla è uno di questi».

Il fondo Tennor acquisì La Perla nel 2018 dalla Pacific global management di Silvio Scaglia e da allora non ha smesso di licenziare e tagliare i costi, senza però offrire un concreto piano industriale. Il Covid avrebbe oggettivamente ritardato qualunque piano di rilancio, ma i problemi di Tennor sono anche di altra natura: alla fine di agosto dello scorso anno Tennor Holdings, indebitata per 1,1 miliardi con la società di gestione H2O AM, aveva annunciato il rimborso di metà del debito, per permettere a H2O di sbloccare i rimborsi verso i suoi investitori. Ma sulle mosse dello spericolato finanziere Lars Windhorst indagano pure – non solo per la vicende H2O – la Consob francese e il fisco britannico. In crisi, potremmo concludere, possono entrare tutti, nell’economia reale e in quella finanziaria, però – è accaduto in passato – alcune aziende manifatturiere sarebbero in grado di riprendersi, come La Perla, ma rischiano di essere fatalmente zavorrate da errori compiuti dalla finanza in altri campi.

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