ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAziende in crisi

La Perla, Windhorst: «In contatto con investitori, ma prima il riposizionamento»

Il finanziere tedesco del fondo Tennor non presenta il piano industriale, ma assicura al Sole 24 Ore che un team di esperti è al lavoro per svecchiare l’azienda di lingerie bolognese che ha oltre 300 dipendenti tra Italia e Uk. Il 6 novembre tavolo di crisi al Mimit

di Ilaria Vesentini

Bologna, Schlein incontra operaie La Perla

5' di lettura

Il rischio è che al tavolo di crisi La Perla convocato a Roma il prossimo 6 novembre non ci sarà né Lars Windhorst né alcuno dei manager del suo fondo Tennor, che nel 2018, attraverso l’allora holding Sapinda, ha acquisito l’azienda bolognese di lingerie di lusso dalla Pacific global management di Silvio Scaglia.

La scia di silenzio tombale da parte del finanziere tedesco e della sua squadra, che da settembre fa eco a ogni richiesta inviata da sindacati e istituzioni locali sulle sorti dello stabilimento di via Mattei e dei suoi 229 dipendenti (che salgono a oltre 320 con la rete retail e la sede inglese) fa il paio con la mancata presentazione del piano di rilancio che Tennor avrebbe dovuto inviare al Mimit entro il 15 ottobre, come da impegno sottoscritto nell’ultimo incontro a Roma, il 5 settembre scorso. Non pervenuto.

Loading...

Dopo un inseguimento durato mesi e continui appuntamenti telefonici saltati, il discusso ex enfant prodige della finanza tedesca, Lars Windhorst, risponde via mail alle domande del Sole-24 Ore. Repliche vaghe, senza numeri né date precise, che raccontano di un team internazionale al lavoro per rilanciare il brand di corsetteria di lusso (in costante perdita dal 2007, quando gli eredi Masotti vendettero al fondo americano JH Partners, che a sua volta cedette La Perla nel 2013 Silvio Scaglia, incapaci entrambi di risollevarne le sorti), che sta chiudendo i negozi non profittevoli per arginare i danni e non dà garanzie sulla tenuta dello stabilimento bolognese ma apre a possibili investitori esterni.«Stiamo trasformando La Perla in un’azienda di moda veramente sostenibile, innovativa e moderna – inizia così la lunga mail di risposte al Sole-24 Ore -. Basandoci sull’eredità e sulla qualità senza tempo del marchio, stiamo valutando e aggiornando la gamma di prodotti e le specifiche di design per soddisfare il cliente moderno. Una trasformazione strategica completa di questo genere richiede tempo, ma stiamo ultimando il piano aziendale, abbiamo messo insieme il miglior team di professionisti del settore».

Perché e come pensate di poter salvare un marchio di lingerie che nulla c’entra con le attività del fondo Tennor e che da 17 anni nessuno riesce a rilanciare?

La Perla è uno dei marchi di lingerie di lusso più importanti al mondo, famoso per la lavorazione artigianale e il prodotto prestigioso, è l’azienda ad aver perso la sua strada dal punto di vista strategico e operativo. Abbiamo intravisto un grande potenziale nel brand e ritenevamo di avere la formula giusta per riportare La Perla al posto che le spetta nel mercato. Ma questi progetti di turnaround richiedono tempo e capitali. La scelta iniziale di seguire e investire nella roadmap tracciata dalla precedente proprietà è stata sbagliata. Purtroppo, negli ultimi anni ci siamo resi conto che per rivitalizzare il marchio è necessaria una strategia diversa. Dobbiamo modernizzare La Perla in modo olistico, deve diventare un marchio di lifestyle moderno.

Come pensate, quindi, di riportare i margini in positivo?

Stiamo creando un team di esperti che hanno una grande conoscenza del prodotto e del marketing innovativo dei beni di lusso. Abbiamo investito fondi importanti fin qui (dal 2019 a oggi La Perla Fashion Holding ha accumulato perdite per 320 milioni di euro con 40 milioni l’anno di Ebitda negativo, ndr). Crediamo che il prossimo periodo sarà cruciale per ripristinare e rivitalizzare La Perla: deve diventare un marchio che ispira e dà forza a tutti coloro che ne fanno parte, una comunità, un movimento molto attraente in cui entrare. Il piano si concentrerà sull’aggiornamento dei prodotti iconici in combinazione con una nuova piattaforma di comunicazione che trasmetterà al mondo l’energia contagiosa di La Perla. Dobbiamo lavorare tutti insieme e sono certo che il nuovo piano ispirerà e stimolerà tutti coloro che saranno coinvolti.

Intanto però oggi lo stabilimento di Bologna lavora al 10% della capacità produttiva: ha ancora senso tenerlo aperto?

Non è esatto: il 10% è la percentuale della produzione totale di La Perla che viene realizzata a Bologna. A Bologna abbiamo 290 dipendenti, di cui 76 direttamente impegnati nella produzione. Negli ultimi 12 mesi abbiamo lavorato a circa il 40-60% della capacità produttiva, compresa la “reimagined collection”. Attualmente stiamo valutando tutti gli aspetti del nostro processo produttivo e crediamo che presto saremo in grado di aumentare ulteriormente la produzione.

Nel 2018, quando rilevò il marchio bolognese, La Perla aveva 150 negozi monomarca nel mondo. Quanti ne ha chiusi da allora e perché eliminare anche negozi, come Milano, in location strategiche per la moda di alta gamma?

Tennor ha acquisito un’azienda in forte perdita, che aveva intrapreso poco prima un vasto programma di espansione retail. Nell’ambito della nostra valutazione strategica e del piano di ristrutturazione per riportare l’azienda a una crescita sostenibile e redditizia, abbiamo semplicemente chiuso alcuni negozi in perdita. Con l’aumento della domanda dei nuovi prodotti La Perla sul mercato internazionale, inizieremo a investire in nuovi negozi in tutto il mondo.

Perché avete scelto di appianare le perdite e non di pagare i debiti ai fornitori e sostenere azioni commerciali?

Una svalutazione è una funzione contabile e non è la stessa cosa di una transazione in contanti. L’azienda era in perdita; la liquidità immessa da Tennor nell’azienda è stata utilizzata per pagare dipendenti e fornitori.

Avevate preso l’impegno ufficiale con le istituzioni italiane di presentare un business plan e un piano di rifinanziamento di cui ancora non c’è traccia. Perché tanto ritardo?

Stiamo lavorando a un piano industriale strategico. Un team interno valuterà attentamente ogni articolo venduto in ogni mercato e negozio. La Perla deve riconquistare la sua posizione di marchio di lusso tra i più desiderati al mondo. Stiamo costruendo un team di grande esperienza con capacità di merchandising di primo piano. Studieremo le statistiche di vendita di ogni prodotto e categoria di prodotto per ogni negozio e rivenditore per ottimizzare le funzioni di marketing e vendita.

Siete in contatto con altri investitori/finanziatori interessati a entrare nel capitale di La Perla? La cessione o l’apertura del capitale è una strada a cui sta pensando?

Sì, parliamo costantemente con potenziali investitori e partner. Ma al momento la sfida non sono i fondi. È sviluppare la giusta strategia di riposizionamento in cui tutti credano. È ora che La Perla torni a essere uno dei migliori marchi.

È pentito di aver investito in La Perla e di dover sottostare alle pressioni di istituzioni e sindacati italiani?

Non ci siamo mai pentiti di aver investito in La Perla e ho messo a disposizione un ottimo gruppo di professionisti che può lavorare in modo più diretto ed efficace per restituire al più presto energia e credibilità al marchio. L’Italia gode di un grande prestigio a livello internazionale per l’artigianato più raffinato: siamo orgogliosi dell’eredità italiana di La Perla, ma dobbiamo anche essere in grado di lavorare con altre fabbriche all’avanguardia per poter essere competitivi a livello internazionale.

Come disse la fondatrice di La Perla, Ada Masotti, nel 1954, “Nessun compromesso su qualità e innovazione!”. Può rassicurare le oltre 300 famiglie che vedono a rischio il loro futuro lavorativo?

Stiamo lavorando giorno e notte a una nuova soluzione progressiva per rendere La Perla un’azienda moderna e dinamica.

Parole, quelle scritte da Lard Windhorst (o da chi per lui) che non bastano a immaginare una “grand rentrée” e una festa per i 70 anni di La Perla nel 2024 all’altezza delle sue aspirazioni. Intanto, però, in attesa del tavolo convocato dal ministro Urso il 6 novembre a Roma, le lavoratrici bolognesi hanno sospeso le protese, che da cinque settimane le vedevano protagoniste di un’ora di “rumore” tra tamburi e fischietti durante la pausa pranzo, per non rubare ore al lavoro e non compromettere la già fragilissima situazione nella fabbrica di pizzi e ricami Made in Italy.

Riproduzione riservata ©

Consigli24: idee per lo shopping

Scopri tutte le offerte

Ogni volta che viene fatto un acquisto attraverso uno dei link, Il Sole 24 Ore riceve una commissione ma per l’utente non c’è alcuna variazione del prezzo finale e tutti i link all’acquisto sono accuratamente vagliati e rimandano a piattaforme sicure di acquisto online

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti