La pizza (o almeno un suo antenato) si mangiava già nell’antica Pompei
Ritrovato un dipinto dove è raffigurato un piatto che ricorda molto la tipica pizza napoletana, anche se senza mozzarella e pomodoro. La pizza oggi rappresenta secondo Coldiretti un business da 15 miliardi.
di Emiliano Sgambato
3' di lettura
Una pietanza con una base a forma circolare che ricorda una pizza e forse è il suo antenato più antico. Ne veniamo a conoscenza grazie al restauro di uno dei tanti dipinti ancora da scoprire in una casa degli scavi di Pompei. In realtà mancano alcuni degli elementi più tipici della pizza come noi la conosciamo, cioè il pomodoro (arrivato dall’America ovviamente solo dopo il viaggio di Colombo) e la mozzarella, “sostituiti” da frutta e altre pietanze.
Tuttavia, come risulta da una prima analisi iconografica di un affresco con natura morta, emerso in questi giorni nell’ambito dei nuovi scavi nell’insula 10 della Regio IX a Pompei, ciò che era rappresentato sulla parete di un’antica casa pompeiana potrebbe essere un lontano antenato della piatto moderno, entrato a far parte del Patrimonio dell’Umanità nel 2017 attraverso il riconoscimento dell’“arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano”.
«Oltre all'identificazione precisa dei cibi rappresentati – commenta il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – ritroviamo in questo affresco alcuni temi della tradizione ellenistica, elaborata poi da autori di epoca romana-imperiale come Virgilio, Marziale e Filostrato. Penso al contrasto tra un pasto frugale e semplice, che rimanda a una sfera tra il bucolico e il sacro, da un lato, e il lusso dei vassoi d'argento e la raffinatezza delle rappresentazioni artistiche e letterarie dall'altro. Come non pensare, a tal proposito, alla pizza, anch'essa nata come un piatto ‘povero' nell'Italia meridionale, che ormai ha conquistato il mondo e viene servito anche in ristoranti stellati».
«Pompei non finisce mai di stupire, è uno scrigno che rivela sempre nuovi tesori – afferma il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano –. Al di là della questione di merito su cui parleranno gli studiosi, va sottolineato il valore globale di questo sito al quale stiamo dedicando le nostre cure, con la chiusura del Grande Progetto Pompei ma anche con l’avvio di nuove iniziative. La tutela e lo sviluppo del patrimonio, in ossequio all’art. 9 della Costituzione, sono una priorità assoluta».
In duemila anni la pizza è arrivata a valere 15 miliardi di euro, diventando il simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo, ma anche motore di turismo e cultura. A sottolinearlo è la Coldiretti che ricorda come la pizza sia oggi un tesoro dell'Italia dove cultura e cibo sono diventate le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell'economia e dell’occupazione.
«Non a caso – continua l’associazione agricola – oltre un terzo della spesa delle vacanze nell’estate 2023 sarà destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese».
«Mi emoziona tantissimo vedere quel dipinto – ha detto il pluripremiato pizzaiolo napoletano Gino Sorbillo all’Ansa – è un sogno ad occhi aperti. Ha una forma circolare, mi viene d’istinto chiamare quel piatto pizza». «Ovviamente – precisa Sorbillo dalla sua pizzeria ai Tribunali – la pizza come la conosciamo noi ha una connotazione diversa. All’epoca non c’era il pomodoro, non c’era la mozzarella, ma di sicuro è un’arcaica forma che dimostra quanto questo composto affondi le radici dalle nostre parti, per diventare nei secoli successivi la pizza napoletana che noi conosciamo».
«L’antenata della nostra pizza, così come appare nel dipinto pompeiano – aggiunge Errico Porzio, titolare dell’omonima pizzeria sul Lungomare – era evidentemente una pietanza già tenuta in alta considerazione, dal momento che era posizionata in un piatto d’argento, accompagnata dalla frutta. La nostra è soltanto un’evoluzione di un piatto che risale a duemila anni fa e che ha radici molto profonde».
«Certamente non poteva essere “a metro” – dice Raimondo Cinque, capo pizzaiolo di Gigino Università della pizza di Vico Equense – tante volte nella mia vita, pensando alla nostra pizza a metro, che di per sé rappresenta un particolare tipo di impasto, forma e condimento, ho immaginato di andare indietro nel tempo e camminare nell’antica Pompei raccontata da Plinio il Vecchio, per tentare di raggiungere l’origine della pizza e capire quale fosse la sua forma primordiale. E questa immagine rinvenuta oggi mi sorprende non già per la presenza di una pizza ma perché i suoi tratti vanno ben oltre la già nota placenta di venti secoli fa».
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