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La Polonia all’attacco di Nord Stream 2 Maxi-multa miliardaria contro Gazprom

Varsavia sostiene che il completamento del gasdotto russo-tedesco viola le regole sulla concorrenza e minaccia gli interessi dei consumatori

di Antonella Scott

La sala di controllo di Gazprom a Bovanenkovo, il giacimento della penisola artica di Yamal da cui parte il gas fornito all’Europa

4' di lettura

Il completamento di Nord Stream 2 appare sempre più una corsa a ostacoli. Alla minaccia incombente di nuove sanzioni europee, ma soprattutto americane, il gasdotto che dovrebbe raddoppiare i volumi di gas trasportati direttamente in Germania dal “gemello” Nord Stream 1 - gas estratto nei giacimenti siberiani di Yamal - deve ora affrontare l’offensiva della Polonia, da sempre ferocemente contraria al progetto. Nord Stream 2 è costruito per il 90%: a 120 km dal traguardo, potrebbe bloccarlo una super-ammenda da più di 29 miliardi di zloty (pari a circa 6,45 miliardi di euro), recapitata dall’ente anti-monopolio di Varsavia (UOKiK) al termine di un’inchiesta durata due anni.

La multa, ha sottolineato il presidente dell’Ufficio per la concorrenza e la protezione dei consumatori Tomasz Chrostny, è «senza precedenti»: la massima possibile. Corrisponde al 10% delle entrate annuali di Gazprom, il monopolio russo proprietario del gasdotto. Gasdotto che secondo le autorità danneggia i consumatori polacchi, oltre a suscitare riserve in tema di sicurezza energetica e di rispetto delle regole sulla concorrenza. Nel mirino di Varsavia è anche il legame tra Gazprom e le cinque compagnie europee che non hanno partecipato a una joint-venture proprio per non incorrere in sanzioni; ma con 950 milioni di euro a testa hanno contribuito a metà del finanziamento e alla costruzione del gasdotto.

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Si tratta delle tedesche Wintershall e Uniper, della francese Engie, l’anglo-britannica Royal Dutch Shell e l’austriaca Omv. A cui Varsavia ha recapitato un’altra multa per un totale di 52 milioni di euro, pari al 10% del loro fatturato annuo. Multa accompagnata dall’ordine di ritirarsi dal progetto entro 30 giorni. Gazprom ha già annunciato che ricorrerà in appello contro la decisione di Varsavia, «che viola i principi di legalità e proporzionalità, oltre al diritto a un equo confronto. L’ammontare senza precedenti della sanzione tradisce il desiderio di contrastare Nord Stream 2 con qualunque mezzo».

Gazprom, ha aggiunto a nome del Cremlino il portavoce Dmitrij Peskov, «farà di sicuro tutto quanto si può e si deve fare per rispondere». Da Bruxelles, il commissario Ue alla Concorrenza Margaret Vestager ha spiegato di non conoscere i dettagli dell’inchiesta, non essendo su questo a stretto contatto con le autorità polacche. Ha però definito «molto raro» il ricorso a un’ammenda così pesante: «Di certo non è mai avvenuto durante il mio incarico».

L’interesse dei consumatori

«Il lancio di Nord Stream 2 - aveva dichiarato Tomasz Chrostny da Varsavia - minaccia la continuità delle forniture di gas naturale alla Polonia. È anche molto probabile che inneschi un aumento dei prezzi, a danno dei consumatori polacchi. Il completamento del progetto aumenta la dipendenza dal gas russo: non solo per la Polonia, ma anche per altri Paesi europei. È inverosimile che delle corporation occidentali non lo capiscano, e che partecipino a un’impresa che non soltanto disturba la competizione nel mercato, ma costituisce pure una minaccia per la sicurezza energetica europea».

Malgrado il percorso del gasdotto non attraversi acque territoriali polacche, Varsavia sostiene che il progetto richiedesse un suo via libera, a causa delle possibili ripercussioni sui prezzi per i consumatori polacchi. Dalla Polonia infatti - unico Paese di transito per la Ue - passa l’altra grande rotta russa in arrivo da Yamal. E da Gazprom la Polonia continua ad acquistare la maggior parte del gas che consuma, pur contando di ridurre la dipendenza attraverso una diversificazione delle proprie fonti di energia: a partire dal gas naturale liquido americano.

I Paesi del Nord Europa interessati al transito di Nord Stream 2 attraverso il Baltico - Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania - hanno invece dato luce verde. I lavori però sono ostaggio della decisione degli Stati Uniti di applicare al gasdotto sanzioni extraterritoriali, andando a colpire qualunque compagnia coinvolta nel progetto, anche non americana. La minaccia è bastata perché nel dicembre 2019 la svizzera AllSeas, a cui era stata affidata la posa dei tubi, si ritirasse lasciando ai russi il compito di concludere il lavoro da soli, con seri rallentamenti.

Navalny: meglio colpire gli oligarchi

Al Consiglio dei leader europei di Bruxelles, il 2 ottobre scorso, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki aveva anticipato la decisione polacca su Nord Stream 2 invitando i colleghi a non ignorare il tema dei diritti umani nei rapporti d’affari con Mosca: «Dobbiamo valutare attentamente se non sia giunto il momento di dire che non ha senso perseguire un progetto come Nord Stream 2 con la Russia», aveva detto riferendosi anche all’attacco compiuto in agosto contro Aleksej Navalny. Malgrado lo stesso attivista dell’opposizione, accolto proprio in Germania dopo l’avvelenamento e ora in via di guarigione, si sia detto contrario a sanzioni che possano danneggiare l’economia russa. In un’intervista, Navalny ha chiesto all’Europa di concentrare gli attacchi sui personaggi che beneficiano della loro vicinanza al Cremlino, arricchendosi in modo illegale. «Le sanzioni contro l’intero Paese - ha detto Navalny - non funzionano. La cosa più importante è bandire i profittatori del regime, e congelare le loro proprietà».

La lista franco-tedesca

Francia e Germania lo hanno in parte ascoltato. Con una dichiarazione congiunta in cui esprimono solidarietà a Navalny e condannano l’avvelenamento «avvenuto in territorio russo», i rispettivi ministeri degli Esteri hanno annunciato la preparazione di una lista di individui che saranno obiettivo di misure restrittive. Questo «in mancanza di una spiegazione credibile, per il momento, dalla Russia», per cui «in questo contesto non esiste altra spiegazione plausibile se non una responsabilità e un’implicazione russa nell’avvelenamento».

Per questa ragione Francia e Germania «trasmetteranno ai partner europei proposte di sanzioni aggiuntive»: prendendo di mira persone «che consideriamo responsabili di questo crimine e di questa violazione delle norme internazionali». Funzionari pubblici e una persona coinvolta nello sviluppo del programma Novichok, il gruppo di gas a qui appartiene l’agente che avrebbe avvelenato Navalny.

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