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La posizione europea sui biocombustibili è poco spiegabile

di Mattia Adani *

3' di lettura

Se l'obiettivo è quello di non aumentare il livello dell'anidride carbonica in atmosfera, la decisione delle Autorità europee di non includere i biocombustibili tra quelli considerati neutri in termini di emissioni appare francamente poco spiegabile.
Se non vi saranno cambiamenti in Europa, a partire dal 2035 sarà vietata l’immatricolazione di automobili che non siano a emissioni zero.
Tra le automobili ancora ammesse sono incluse quelle alimentate esclusivamente ad e-fuel, una tecnologia su cui punta l'industria tedesca.
Gli e-fuel sono simili alla benzina tradizionale, ma vengono sintetizzati in maniera pulita attraverso processi chimici che utilizzano energia rinnovabile da fonti eoliche o solari.
Ciò è stato possibile sulla base di un accordo ottenuto dalla Germania con l'Europa, anche grazie alla posizione di contrasto tenuta dall'Italia. Si tratta delle due principali manifatture europee, quelle che più hanno da perdere in termini di filiere industriali, tecnologia e posti di lavoro.
Per contro, sono stati per il momento esclusi i biocombustibili, prodotti da biomasse vegetali o scarti organici, su cui ha puntato invece l'industria italiana.
L'esclusione appare poco fondata in quanto i biocombustibili usano esclusivamente carbonio che già è in superficie, e quindi, senza ombra di dubbio, non contribuiscono ad aumentare il livello di anidride carbonica complessiva in atmosfera.
L'aumento di anidride carbonica in atmosfera dipende dal fatto che, bruciando combustibili fossili, stiamo liberando in aria quel carbonio che nei milioni di anni, grazie al lavoro delle piante con la fotosintesi, si era fissato a terra, finendo poi sepolto nel sottosuolo come petrolio o metano.
La stessa cosa, paradossalmente, non si potrebbe dire delle auto elettriche qualora l'elettricità continuasse ad essere prodotta bruciando fonti fossili. Un'evenienza che appare peraltro inevitabile se si dovesse convertire in tempi brevi l'intero parco automobilistico europeo all'elettricità.
Già oggi infatti non siamo in grado di produrre da fonti rinnovabili elettricità sufficiente neppure per gli altri bisogni, diversi da quelli della mobilità. E' arduo pensare che da qui a 15 anni riusciremo a coprire anche quella necessaria al fabbisogno di milioni di autoveicoli.
Se si volesse obiettare che vi sono comunque differenze tra gli e-fuel e i biocombustibili in termini di emissioni diverse da quelle di anidride carbonica, ad esempio gli ossidi di azoto, le differenze non sembrano tali da giustificare, in termini di costi e benefici, la rinuncia ai biocombustibili.
I biocombustibili, infatti, risolvono quasi interamente il problema dell'aumento delle emissioni in atmosfera, con costi sostenibili anche socialmente. La tecnologia è già matura. Tutti noi li stiamo già utilizzando miscelati ai combustibili tradizionali. Il costo di produzione è, sicuramente per il momento, inferiore a quello degli e-fuel. Non richiedono la costruzione di una nuova e costosa infrastruttura di ricarica. Non creano una dipendenza dal litio, di cui l'Europa è sprovvista.
La Commissione europea dovrebbe pertanto ritornare su un solco meno dirigista e più pragmatico, nell'interesse non solo dell'industria, ma di tutti i cittadini europei.
Il rischio altrimenti non è solo quello di perdere posti di lavoro e creare una nuova dipendenza dal litio, ma soprattutto che il costo delle automobili, e di distribuzione del carburante o dell'elettricità necessari per farle muovere, diventi tale da essere poco sostenibile per le fasce meno abbienti della popolazione.

*Adani, Amministratore Delegato di Nowal chimica e CBC Cad-Oil, un produttore di lubrificanti per l'industria, nonché Presidente dell'Unione Europea dell'Industria del Lubrificanti

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