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La Puglia in ritardo nella sfida sull’enoturismo

Secondo uno studio di Srm di Intesa Sanpaolo potenzialmente il settore potrebbe generare altro valore aggiunto per un totale di 480 milioni

di Vincenzo Rutigliano

 Una degustazione organizzata da Foresteria Planeta, la struttura che fa capo alla casa vitivinicola Planeta e che si trova a Menfi, città italiana del vino 2023 in provincia di Agrigento. La struttura, che si colloca nel segmento luxury ed è diventata un modello anche per altri, ha riaperto a regime a ridosso di Pasqua

4' di lettura

Non solo mare. C’è un altro turismo da declinare in Puglia, legato all’enogastronomia e dall’impatto economico tutt’altro che trascurabile. Se si riuscisse, in 3-5 anni, ad attivare e strutturare le leve necessarie le presenze turistiche aumenterebbero in media del 20%, da 15,5 milioni a 18,5, generando altro valore aggiunto per 480 milioni. Lo spiega nel dettaglio una ricerca di Srm centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo presentata in Puglia.

Il peso del valore aggiunto del settore turistico rispetto al Pil regionale salirebbe così dal 6,8% al 7,5 per cento. Una bella sfida, nel medio periodo, per una regione prima in Italia nel 2022 nella produzione di vino con 10,7 milioni di ettolitri, pari al 49,8% della produzione nazionale, con una superficie agricola utilizzata (sau) vitivinicola di oltre 92.000 ettari, il 14% di quella nazionale, con 11.000 aziende agricole e circa 600 cantine, quinta tra le regioni italiane per numero di certificazioni (38 tra Dop e Igp) e per impatto economico.

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Il valore aggiunto

La sfida per ottenere l’incremento di valore aggiunto di 480 milioni stimato da Srm, ha molti nomi. Non è solo necessario cioè produrre vino di qualità - come avviene già in alcune aree vocate della regione - ma anche puntare alla qualità del processo attraverso cui si raggiunge l’obiettivo. Un risultato che si ottiene attraverso la formazione manageriale e professionale degli operatori del settore vitivinicolo per intercettare le nuove tendenze del mercato, ringiovanendo le aziende agricole vitivinicole (solo l’8% è guidato da under 40, in Francia il 15%), praticando l’agricoltura 4.0 con investimenti in soluzioni digitali del processo produttivo fermo oggi al 12% del totale delle aziende del comparto, sviluppando l’e-commerce e il marketing digitale ben oltre l’11% delle aziende che hanno in programma investimenti nel commercio on line, ricercando e allevando nuovi genotipi di vitigni più resistenti ai cambiamenti climatici o più sostenibili senza l’utilizzo dei fertilizzanti, consolidando senza riserve la scelta di comportamenti ecosostenibili.

La sfida dell’export

L’altra sfida per la vitivinicoltura pugliese è puntare con più forza all’export (la Puglia è ottava tra le 10 regioni italiane per valore, 187 milioni contro i 2,5 miliardi del Veneto, prima in classifica), è allargare i canali distributivi, fare più comunicazione sul marchio dando personalità ai vini, fare rete con le strutture enoturistiche e con il mondo della degustazione professionale, allungare ancora la stagione. Ci deve essere cioè, per il vino, quella che Salvio Capasso, responsabile Imprese & Territorio Srm e autore della ricerca, definisce «una strutturazione di competitività nella quale consolidare ancora meglio non solo la qualità del vino, ma anche, in questo processo di vicendevole crescita del vino e del turismo enologico, l’offerta di spazi adatti nei quali la vendita di vini sia fattore attrattivo e di sviluppo dei flussi enoturistici».

Grandi potenzialità

Dunque, secondo la ricerca Srm, il turismo enogastronomico, pur non ancora diffuso, ha in Puglia grandi potenzialità - come dimostra il fatto che è stata una delle prime a recuperare il gap pre-pandemico - per quanto la componente balneare sia ancora molto rilevante. L’esempio di regioni come Toscana e Trentino con il loro circuito delle cantine che attrae soprattutto turismo internazionale, è utile anche per la Puglia come per la Sicilia che, in questo segmento, hanno le potenzialità maggiori avendo caratteristiche di partenza che le fanno stare più avanti delle altre come Campania, Sardegna.

«L’enoturismo –sottolinea ancora Capasso – è proprio uno dei processi da mettere in campo per attrarre la domanda straniera per esempio con la vendemmia, l’arrivo negli agriturismi, nelle aziende e nelle cantine per partecipare al taglio dell’uva». Ed è un tipo di turismo che, avverte Capasso, non richiede un’accoglienza in strutture necessariamente di alto profilo che pure in Puglia ci sono, come quelle a 4 e 5 stelle che, sempre secondo la ricerca Srm, rappresentano il 61,5% del totale delle strutture presenti in regione, meglio della Toscana. «Certo se ne avvantaggiano quelle che lo sono, ma ci sono molte famiglie, giovani, single, interessati a forme di turismo all’aria aperta che vanno alla ricerca anche di strutture a 3 stelle o di B&B curati in cui combinare domanda di servizio e prezzo competitivo». Dunque è possibile attivare una domanda di livello medio tale da far diventare competitivo il sistema turistico pugliese anche a livello internazionale, incrementando le presenze turistiche straniere oggi pari ad un quarto del totale, il 24,9%, contro, per esempio, il 67,6% del Veneto. Visto dagli imprenditori l’enoturismo è una grossa chance, una «opportunità da sfruttare in pieno– dice Francesco Peccarisi, titolare di Ancella Wine Resort a Montalbano di Fasano, nel brindisino –. Va sfruttata di più, come in Valle d’Itria, dove ci sono cantine che si stanno attrezzando in questa direzione anche per l’accoglienza. Dobbiamo insistere perché attrae anche turisti stranieri».

Il sistema dell’accoglienza

Resta dunque centrale, nel sistema dell’accoglienza, proprio il ruolo delle cantine turistiche il cui riconoscimento normativo risale a dicembre 2017, per merito di Dario Stefàno, allora presidente della commissione Politiche Ue del Senato e oggi docente di Economia delle imprese turistiche alla Lumsa e di Enoturismo alla Luiss Business School. «Oggi – spiega Stefàno – dobbiamo constatare, con soddisfazione, che l’introduzione di questa normativa agile, ma puntuale, ha messo le ali agli investimenti nelle cantine turistiche italiane che, negli ultimi 10 anni, hanno raddoppiato e in certi casi triplicato l’offerta di esperienze prevedendo intrattenimento, pasti, pernottamenti, serate a tema, esperienze legate al vino, allo sport e alla cultura». Tanto che oggi la tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia è quella piccola e familiare (39%), particolarmente presente in Campania, Puglia e Umbria, due regioni queste ultime nelle quali sono anche pure ben organizzate per l’incoming.

L’offerta enogastronomica

In Puglia dunque l’offerta enogastronomica è in grande fermento potendo contare su oltre 10 mila ristoranti, quasi 200 masserie didattiche, 1.800 agriturismi, numerosi luoghi del gusto tra musei, frantoi, cantine e birrifici, oltre che su Dop, Igp e più di 300 prodotti riconosciuti tradizionali. Passi avanti devono essere fatti per qualificare l’offerta turistica enogastronomica specie in fatto di «formazione professionale e di ricerca dell'eccellenza puntando – come spiega l’assessore regionale al Turismo, Gianfranco Lopane – agli istituti alberghieri pugliesi, con iniziative mirate da sviluppare nel contesto dell'aggiornamento del nostro piano strategico del Turismo».

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