Luna 50 anni, dall’elettronica alle auto le ricadute tecnologiche di Apollo 11
Le missioni spaziali Apollo, ma più in generale, tutta la corsa allo spazio ha generato un incredibile fall-out di innovazioni e scoperte
di Mario Cianflone
4' di lettura
Un’accelerazione improvvisa ed enorme: una spinta che ha cambiato la storia. Non stiamo parlando di quella degli incredibili cinque motori Rocketdyne F-1 che spingevano il primo stadio del missile lunare Saturn V , ma di quella “energia” creativa che ha permesso di sviluppare una miriade di tecnologie come ricaduta diretta o indiretta delle missioni spaziali Apollo e prima ancora, Gemini e Mercury, in quella corsa allo spazio e al confronto tra Usa e Urss che era fatto di armi termonucleari, bombardieri, missili e uomini come Jurij Gagarin, il primo uomo nello spazio e Alan Shepard, primo americano in orbita. O come Wernher von Braun, l’ingegnere del Terzo Reich nazista che progettò il razzo V-2, precursore di tutti i missili balistici, ma che dopo la guerra, ai vertici della Nasa, portò con il suo Saturn V l’uomo sulla Luna battendo il suo rivale sovietico Sergej Korolëv.
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La corsa alla Luna fu una sfida tecnologica incredibile. Qualche numero ci aiuta a descrivere bene l’entità del fenomeno. Le missioni Apollo sono state il più grande incubatore di imprese e di innovazioni. Circa 25 miliardi di dollari spesi hanno portato allo sviluppo di 6.300 nuovi prodotti, tecnologie e soluzioni tecniche mai viste prima. E questo perché Apollo ha coinvolto 60mila scienziati e ingegneri, 400mila persone e 20mila aziende.
Mai nella storia dell’umanità c’è stato un impulso cosi grande all’innovazione che è andato ad aggiungersi al fall-out tecnologico della corsa allo spazio (programmi Mercury e Gemini) e allo sfruttamento commerciale della ricerca bellica della Seconda Guerra Mondiale, progetto Manhattan compreso. Insomma un big bang che ha fatto nascere il mondo tecnologico come lo conosciamo oggi.
Se abbiamo uno smartphone in tasca lo dobbiamo a quella rivoluzione dell’elettronica e dei microcomputer innescata soprattutto dalle missioni spaziali: in pochi anni si è passati dalle valvole ai transistor e da questi ai circuiti integrati. A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 astronauti e ingegneri della Nasa hanno smesso di usare il regolo per avvalersi delle calcolatrici elettroniche. E Hewlett-Packard, ora Hp, le sviluppò con il sistema di notazione polacca inversa, portandole nello spazio a bordo.
Informatica di massa, telecomunicazioni satellitari, digitalizzazione dei segnali derivano dall’impulso dato all’innovazione durante le missioni Apollo. Si calcola che per ogni dollaro investito ne sono ricaduti a terra altri 7, in un gigantesco fall-out tecnologico.
E non parliamo solo di elettronica: probabilmente senza quelle tecnologie, Martin Cooper non avrebbe mai potuto creare il Motorola Dyna-Tac nel 1973, il primo telefono cellulare portatile che peraltro concepì stimolato proprio dalle suggestioni incrociate della corsa allo spazio e della fantascienza, visto che l’idea gli venne proprio guardando il comunicatore di Star Trek.
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La stessa rivoluzione dei microprocessori fu conseguenza della ricaduta di Apollo sulla Terra e la disponibilità di chip di basso costo permise di far nascere il personal computer, a iniziare dal leggendario Altair 8800, che, con il nome derivato dal film Il pianeta proibito, contribuì a far sorgere l’alba dei computer personali. Per non parlare di display a cristalli liquidi e di led usati nelle strumentazioni.
Ma non solo: ci sono anche piccole rivoluzioni nate sulla Luna come, per esempio, i trapani senza filo nati sulla scia delle mini trivelle a batteria sviluppate da Black&Decker per prelevare campioni di rocca lunare.
Le innovazioni generate direttamente o indirettamente dal programma Apollo e dalla corsa alla Luna appartengono ad ogni campo e non solo all’elettronica o all’aerospaziale (aerodinamica e propulsione).
Ad esempio il Velcro, creato nel secondo dopoguerra, fu perfezionato e divenne un prodotto di largo consumo proprio con Apollo: era utilizzato come sistema di chiusura per l’abbigliamento, i rivestimenti dei veicoli lunari e il packaging dei campioni di rocce di Neil Armstrong e Buzz Aldrin.
Ma tra le rivoluzioni ci sono anche materiali plastici ed elastomeri, che ora usiamo nelle scarpe sportive ma che vennero sviluppati per i Moon Boot, per non parlare dei materiali ignifughi e flame retardant. Dopo la tragedia dell’Apollo 1, quando un incendio uccise, a terra, gli astronauti Virgil Grissom, Edward White e Roger Chaffee durante un’esercitazione, la Nasa comprese che era necessario usare materiali isolanti, resistenti al fuoco e al calore e autoestinguenti.
Ma Apollo in tutte le sue missioni (il programma lunare terminò con la missione 17 del dicembre 1972) porto in “regalo” anche cibi liofilizzati, tac e pacemaker. Questi ultimi, infatti, sono nati a seguito dell’industrializzazione dei dispositivi usati dalla Nasa per monitorare i parametri vitali degli astronauti. Difficile non trovare un legame tra le missioni spaziali Apollo e le tecnologie che hanno cambiato la nostra vita a partire dagli anni Settanta.
E per concludere, basta un esempio: se usiamo automobili a metano lo dobbiamo alla Beech Aircraft che sviluppò serbatoi per stoccare metano liquido a 200 gradi sotto zero e poi da questo derivò soluzioni per l’alimentazione a gas di motori a benzina.
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