La ricostruzione post-alluvione passa anche dalla solidarietà Ue
di Simone Tagliapietra e Antoine Mathieu-Collin
4' di lettura
Dopo le alluvioni che nelle scorse settimane hanno flagellato l’Italia è urgente attivare tutti i possibili canali di finanziamento per garantire una rapida ricostruzione delle zone colpite. I danni sono ingenti - solo per il Veneto si parla di 1 miliardo di euro - e occorre dunque ottenere ogni possibile contributo.
L’8 novembre il governo ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza nei territori di 11 regioni colpite dagli eccezionali eventi meteorologici, stanziando 53,5 milioni di euro per consentire gli immediati interventi di ripristino della viabilità e il completamento delle operazioni di soccorso e pronto intervento. A tali risorse, il governo aggiungerà nelle prossime settimane altri 200 milioni di euro, che saranno stanziati per un ulteriore primo intervento di emergenza in attesa della definitiva quantificazione dei danni.
In questo contesto, il governo ha altresì paventato la possibilità di chiedere l’attivazione del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (Fsue) al fine di co-finanziare le operazioni di emergenza e le successive attività di ricostruzione nei territori colpiti. Una possibilità supportata sia dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, sia da alcuni Consigli regionali che già si sono mossi per chiedere di avviare l’iter per la richiesta di attivazione del Fsue.
Come funziona il Fsue?
I disastri naturali sono per loro natura occasionali, ma possono avere un importante impatto socio-economico sia a livello regionale che nazionale. Per finanziare le operazioni di emergenza e la ricostruzione post-disastro, i Paesi europei decisero nel 2002 di dotarsi di un fondo (il Fsue) per rispondere a tali evenienze. Tale fondo funziona come una polizza assicurativa sovranazionale contro i disastri naturali. Ovviamente esso non ha lo scopo di rimborsare tutti i danni causati da un disastro naturale, ma di integrare gli sforzi del Paese interessato e di coprire una parte delle spese sostenute per finanziare i soccorsi, per mettere in sicurezza le infrastrutture e il patrimonio culturale, per ricostruire le reti danneggiate e per ripulire le aree colpite - comprese le zone naturali.
Il contributo finanziario del fondo va utilizzato entro un periodo di 18 mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione europea ha erogato l’intero importo dell’assistenza. La parte di contributo finanziario che non sia stata impiegata entro tale termine o che sia stata utilizzata per operazioni non ammissibili è recuperata dalla Commissione a carico del Paese beneficiario. Considerando che il rischio di disastri naturali non è distribuito in modo uniforme sul territorio europeo, e considerando che tali eventi interessano solo pochi Paesi allo stesso tempo, risulta chiara la logica adottata dai Paesi nel mitigare i rischi relativi alla gestione di catastrofi naturali creando uno strumento finanziario a livello europeo.
Quando si può richiedere?
Il Fsue può essere mobilitato qualora si producano serie ripercussioni sulle condizioni di vita dei cittadini, sull’ambiente naturale o sull’economia di un Paese colpito da un disastro naturale, o anche solo di una o più regioni.
Indipendentemente dal fatto che l’emergenza sia nazionale o regionale, a fare richiesta di attivazione del Fsue è il governo del Paese interessato. Esso deve avanzare tale richiesta alla Commissione europea, entro 12 settimane dal verificarsi del disastro. Tale arco temporale è stato pensato per equilibrare da un lato la necessità di una rapida mobilitazione dei fondi, e dall’altro la necessità di dare al Paese interessato un tempo minimo per la stima dei danni subiti.
Ricevuta la domanda di attivazione, la Commissione europea propone in modo tempestivo un aiuto finanziario per il Paese interessato, il quale dovrà essere approvato sia dal Consiglio che dal Parlamento europeo.
Le opzioni a disposizione
Date le circostanze, il Governo può richiedere l’attivazione del Fsue sia a livello nazionale che regionale.
1) I disastri a livello nazionale sono considerati tali dalla legislazione del Fsue se il danno totale è valutato superiore a una soglia definita nel regolamento Fsue. Questa soglia è fissata a 3 miliardi di euro (a prezzi del 2011) o in alternativa sopra lo 0,6% del Reddito nazionale lordo (Rnl) del Paese. Nel caso dell’Italia nel 2018, la soglia è il minimo di questi due valori, ovvero 3,45 miliardi di euro. Una volta che questa condizione è verificata, cioè se il danno è sufficientemente elevato per far sì che il fondo entri in azione, allora il Fsue fornisce un aiuto equivalente al 2,5% del danno diretto fino alla soglia, più il 6% del danno diretto che supera la soglia. Pertanto se il governo italiano valuta il danno totale in 3,5 miliardi di euro, il fondo può pagare 124 milioni di euro. Per fare un altro esempio, il nostro Paese ha ricevuto 1,2 miliardi di euro in seguito ai terremoti verificatisi in centro Italia tra l’agosto del 2016 e il gennaio del 2017, i quali avevano provocato danni per 22 miliardi di euro.
2) Per quanto riguarda i disastri a livello regionale, la soglia di ammissibilità è fissata all’1,5% del Pil regionale (con la notevole eccezione delle regioni ultra-periferiche, dove questa soglia è fissata all’1%). Nel caso in cui siano interessate diverse regioni, viene effettuata una media ponderata in base alla ripartizione dei danni da parte delle regioni. Per fare l’esempio del Veneto, la soglia regionale è quindi fissata a 2,2 miliardi di euro di danni. La formula per il calcolo dell’aiuto concesso dal fondo è la stessa di quella per le catastrofi nazionali.
Dato il numero di regioni colpite dalle alluvioni, e considerando che la soglia rispetto al Pil risulta essere più bassa a livello nazionale che a livello regionale, al Governo converrà sicuramente optare per la prima opzione. In tal caso, qualora i danni totali dovessero essere stimati a intorno ai 3,5 miliardi di euro, l’Italia potrà ottenere dal Fsue un aiuto di circa 124 milioni di euro.
Professore presso la Johns Hopkins University Sais Europe e ricercatore presso Feem e Bruegel; ricercatore presso Bruegel
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