La riforma penale arretra su patteggiamento e giudizio abbreviato
Gli emendamenti del Governo al disegno di legge delega incentivano i riti speciali ma con meno coraggio rispetto alle proposte della commissione ministeriale. Martedì 20 luglio il termine per i subemendamenti
di Valentina Maglione e Bianca Lucia Mazzei
I punti chiave
3' di lettura
La riforma penale del Governo fa un passo indietro sui riti alternativi al giudizio ordinario. Gli emendamenti approvati dal Consiglio dei ministri e presentati alla commissione Giustizia della Camera provano infatti ad aumentare l’appeal del patteggiamento e del giudizio abbreviato ma perdono alcune delle misure più incisive proposte dalla commissione di studio voluta dalla ministra Marta Cartabia e presieduta da Giorgio Lattanzi (qui il testo del disegno di legge delega sul processo penale, atto Camera 2435, con gli emendamenti del Governo).
Eppure il potenziamento dei riti speciali, oggi poco usati, è fondamentale per ridurre i tempi dei processi penali, che la riforma punta a tagliare del 25 per cento. Sono infatti riti che permettono di chiudere i procedimenti più rapidamente rispetto al giudizio ordinario e con sconti di pena e che - secondo gli operatori - dovrebbero assorbire la maggior parte del contenzioso per riservare il rito ordinario, più garantito e articolato, a pochi casi. Ma il rischio è che le misure in Parlamento non bastino a estendere l’uso dei riti alternativi.
La situazione
L’anno scorso, di fronte al Tribunale monocratico (competente sui reati meno gravi ma più numerosi) solo il 12% dei procedimenti definiti è stato chiuso con abbreviato, mentre il patteggiamento (applicazione della pena su richiesta) è stato scelto nell’8,3% dei casi. Il 69% dei procedimenti ha seguito la strada del giudizio ordinario. E le percentuali sono più basse nei giudizi di fronte al Tribunale collegiale, che si occupa dei reati più gravi.
La ragione principale di un così scarso successo, sottolineata più volte anche dai presidenti di Cassazione, sta nella scarsa appetibilità per gli imputati, in termini di benefici e riduzioni di pena, rispetto all’aspettativa della prescrizione, alimentata dalla durata dei processi (salita del 54% in tribunale negli ultimi dieci anni).
Le novità degli emendamenti
Far crescere la convenienza dei riti alternativi era uno degli obiettivi indicati dalla commissione Lattanzi. Gli emendamenti governativi ci provano, ma con il freno a mano tirato. Il compromesso tra le forze politiche che ha portato al difficile (e contestato) accordo sulla prescrizione, ha infatti ridimensionato le proposte della commissione ministeriale.
In tema di patteggiamento, lo sconto di pena per l’imputato che rinuncia a contestare l’accusa rimane a un terzo, mentre la commissione Lattanzi proponeva di portarlo al 50 per cento. L’innalzamento dello sconto di pena avrebbe aperto il patteggiamento a reati con pene più elevate che, con un taglio della metà, sarebbero rientrati nel tetto di 5 anni di reclusione residua (quella che rimane dopo lo sconto). Limitata anche l’estensione alla confisca, che riguarderà solo quella facoltativa.
La cancellazione dello sconto di pena fino alla metà è «un errore strategico» secondo il pm di Roma e segretario di Area Eugenio Albamonte perché «avrebbe potuto attrarre anche i procedimenti in corso, riducendo l’arretrato. Un effetto importante anche nell’ottica di sgravare le Corti d’appello in vista del regime di improcedibilità». Quanto alla confisca, «oggi viene disposta solo se è obbligatoria, ipotesi esclusa dal patteggiamento». Per Albamonte, sui riti speciali la riforma è «inefficace rispetto sia alle aspettative indotte dalla relazione Lattanzi che agli obiettivi di riduzione dei tempi dei processi».
Gli emendamenti recepiscono invece le proposte sull’estensione del patteggiamento alle pene accessorie e sulla riduzione degli effetti extrapenali della condanna: non si ripercuoterà sui giudizi disciplinari.
Per il rito abbreviato viene introdotta un’ulteriore riduzione di pena di un sesto in caso di rinuncia all’impugnazione. Quando serve un’integrazione probatoria, il giudice dovrà però valutare la convenienza rispetto al dibattimento. Non recepita invece la proposta di ridurre la pena fino a un terzo. «Reintrodurre la clausola di economicità è un passo indietro - dice Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali -. Purtroppo sui riti alternativi le indicazioni della commissione Lattanzi sono state svuotate e l’utilizzo non aumenterà: un’occasione mancata».
Le altre misure
La retromarcia sui riti alternativi non è isolata. Anche altre proposte della commissione ministeriale pensate per alleggerire il carico degli uffici giudiziari e quindi sveltire i processi sono state ridimensionate. Così, negli emendamenti è sparita «l’archiviazione meritata» per i reati meno gravi, che avrebbe consentito di chiudere già durante le indagini preliminari, e si riduce rispetto alle proposte della commissione la portata dell’ampliamento della messa alla prova.
Ora la palla passa al Parlamento: martedì 20 luglio è fissato il termine per presentare i subemendamenti agli emendamenti del Governo.
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