La rinascita è glitter: da Gucci a Missoni, brillanti evasioni in passerella
La reazione a due anni di chiusure rende prevedibile il luccichio discotecaro che pervade le sfilate di Milano in questi giorni
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
Può certo apparire paradossale discettare di moda in un momento nuovamente difficile, ma ignorare il peso reale di questa industria, e ancor più il suo valore simbolico, sarebbe un errore madornale.
La moda è metamorfosi, trasformazione, interpretazione. Offre la possibilità di immaginare altri scenari, di evadere; rinfranca, elettrizza, fluidifica la socialità. “Vèstiti, usciamo!”: una esortazione che ci è molto mancata nei due anni del distanziamento. Uscire, naturalmente, non per far la spesa, ma per andare al club mettendosi in ghingheri, aprendo la coda come pavoni.
Non sorprende così il luccichio discotecaro che pervade le sfilate di Milano in questi giorni: un vorticare di paillettes e glitter, e in genere di look sensazionali. «Il club è il luogo in cui ci si veste per accoppiarsi, come gli animali nella bella stagione. È un territorio di sperimentazione» dice Alessandro Michele, che con Gucci torna a sfilare in città dopo due anni di esperimenti, filmici e non. Dentro una scatola di specchi deformanti, sotto luci strobo e su note sintetiche di hit anni 80, la magnifica cangianza del codice Gucci si reitera ancora una volta, mobile come mercurio nella sua assoluta immobilità, incline sempre al crossover, all’ibrido, alle corruzioni, allo spurio che è progresso. Questa volta sono le tre strisce Adidas schiaffate per ogni dove, dal suit maschile al bustino di velluto nero, a catturare l'occhio, evolvendo un simbolo noto dentro un territorio ignoto, e lasciando che da questo germe origini chissà cosa. A latere, si afferma anche un rigore inatteso, androgino invece che genderless, foriero di un ulteriore twist.
Colori caramellosi e luccicanze plasticose danno alla fantasia horror di GCDS un sembiante gioioso e liberatorio, mentre da Missoni molto si brilla e molto ci si scoscia, dopo il contatto a lungo negato. C’è anche in giro una gran voglia di usar le mani anche per apprezzare il calore del fatto a mano. È tutto tattile, a tal proposito, da Etro, dove Veronica Etro guarda a un repertorio noto con occhi freschi, e rinnova, se non in modo epocale, di certo portando una spontaneità cruda e l'immediatezza del vestire di maglia.
Il corpo è oggetto di riscoperta, magnificato da abiti che allargano le spalle, segnano la vita, lasciano balenare le gambe da alti spacchi. Da Sportmax è un contrappunto di rigore e sfrontatezza.
Da Versace il nero e i bustini e i plateau creano una visione tagliente e intossicante. È una donna predace questa, protetta da cappotti scafandro, fintamente borghese con le sue borsette e i tweed chanellosi, a tratti gotica, insieme algida a dionisiaca, con un tocco fetish che ipnotizza.
In totale controtendenza, e per questo encomiabile, da Tod's Walter Chiapponi prosegue in fine per la propria strada, fatta di sottili interpolazioni di classici e di affermazione di un nuovo buon gusto. Lavora in sottrazione, con un calvinismo degno dei migliori anni 90, e propone una idea alquanto rigorosa del vestire, ma di una morbidezza e di un piglio gaudente tutti italiani.
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