La rinascita delle terme, Pavia punta su Salice per il rilancio del settore
Il progetto di riavvio dello storico impianto grazie all’investimento del presidente di Federterme può riportare l’area lombarda ai fasti passati
di Luca Orlando
3' di lettura
«Importante? È come se arrivasse una fabbrica Fiat: se c’è la grande azienda - spiega Marco Salvadeo - poi l’indotto è una diretta conseguenza».
«Quando c’è lavoro - aggiunge Giorgio Matto - arriva per tutti: ci aspettiamo quel flusso turistico di cui può beneficiare l’intero territorio».
Speranze, quelle del presidente della zona Oltrepo di Assolombarda e dell’amministratore unico delle Terme di Rivanazzano, legate al rilancio del settore termale nella zona di Pavia, un tempo punto di forza nell’attrattività locale che da tempo ha però perso uno dei luoghi simbolo, Salice Terme.
Asset fallito nel 2018 e rilevato tre anni dopo dal gruppo di Massimo Caputi, presidente di Federterme, il cui progetto di rilancio potrebbe invertire il trend.
«Le caratteristiche dell’acqua termale della nostra zona - aggiunge Salvadeo - sono uniche in Europa e dobbiamo puntare su questo per rilanciare un turismo più ampio. Che guardi al territorio, alle attività sportive che possiamo proporre, alle tappe enogastronomiche, alle bellezze naturali. In un’area, ricordo, che a soli 50 chilometri da Milano ha però dei costi decisamente inferiori».
L’idea è quella di sfruttare la rinascita di Salice per spingere l’intero comparto, che vede a Rivanazzano e Miradolo gli altri due poli termali. «Da 18 mesi abbiamo iniziato a lavorare con le istituzioni locali - spiega l’amministratore unico di Salice Terme Stefano Zaghis - e l’obiettivo è quello di valorizzare questo asset per richiamare visitatori. Si pensi che nel 2019 gli arrivi dell’intera provincia di Pavia sono stati 190mila: gli stessi dati che sviluppa il comune di Manciano in Toscana, dove noi abbiamo le Terme di Saturnia. Gli spazi di crescita qui sul territorio sono davvero rilevanti».
L’obiettivo è ristrutturare gli spazi di Salice Terme in più fasi, creando nell’arco di tre anni una destinazione di benessere termale a tutto tondo (dalla spa ai trattamenti medicali) che in una prima fase potrebbe portare 100mila visitatori all’anno, per poi arrivare ad un quasi raddoppio.
«Il primo step - aggiunge il manager - potrebbe dare lavoro ad almeno 50 addetti e per questo stiamo già operando per creare un centro di formazione dedicato proprio al termalismo: anche in questo settore si fatica a trovare personale specializzato».
In parallelo dovrà crescere l’offerta ricettiva, altra ricaduta positiva prevista dall’intervento, con l’obiettivo di riportare indietro le lancette ad un passato decisamente più “ricco”, quando a Salice Terme gli alberghi operativi erano 13, dieci in più rispetto a quelli rimasti attivi oggi.
Tradizione importante, quella italiana del comparto. Perché se è vero che a livello europeo è la Germania la regina incontrastata del settore, con oltre un quarto del fatturato globale Ue, il nostro paese è al secondo posto con un robusto 15,6%, quasi il doppio rispetto al terzo in classifica, cioè l’Austria. Ovunque, ad ogni modo, il Covid ha rappresentato un punto di discontinuità, con cali dei ricavi arrivati in qualche caso a più che dimezzare il valore del comparto.
Come capitato all’Italia, che ha visto il fatturato del termalismo crollare da 1,6 miliardi a 582 milioni, per poi risalire ora faticosamente a quota 1,31 miliardi, comunque ancora al di sotto dei livelli pre-Covid.
Così come in risalita sono le presenze (permanenza media di 3,8 giorni), stimate a 8,9 milioni, dati confortanti ma anche in questo caso in deficit (di quasi un milione) rispetto al 2019.
«Anche a Rivanazzano abbiamo vissuto questo periodo di difficoltà - aggiunge Matto - ma devo dire che i risultati degli investimenti fatti negli anni stanno arrivando: nell’attività ricettiva siamo già oltre i livelli di quattro anni fa e anche nell’area della spa stiamo recuperano terreno. La riapertura di Salice sarebbe un fatto importante per tutti, per noi vedo delle sinergie rilevanti e penso che a nostra volta potremo investire e ampliare la struttura».
Lombardia che in termini statistici non primeggia nei numeri, tenendo conto che dei 317 stabilimenti censiti in Italia, in regione ne sono presenti soltanto 11, cifra ben distante dai 95 della Campania o dai 92 del Veneto.
A Pavia esistono però caratteristiche uniche che rappresentano un asset potenzialmente vincente, cioè la coesistenza di acque con proprietà diverse orientate a trattamenti distinti: un’acqua fortemente sulfurea accanto ad un’altra di origine marina (salsobromojodica) e dunque ipersalina.
«L’investimento privato qui può essere un punto di svolta - spiega ancora Salvadeo - ma ora tocca anche alla politica cambiare passo. Lavorando per migliorare l’accessibilità di questa zona con infrastrutture stradali e ferroviarie, reti di collegamento che consentano alle persone di arrivare ricostruendo quell’indotto per alberghi, ristoranti e altre attività che in passato era decisamente importante».
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