La risposta delle scuole di moda alla crisi: nuovi corsi, profili e didattica ibrida
Gli istituti italiani di moda e design continuano ad attrarre giovani studenti stranieri: si punta sulla didattica a distanza e su nuovi corsi su misura per i futuri professionisti
di Marta Casadei
4' di lettura
Formare una classe di professionisti che dovrebbe approdare nel mondo del lavoro tra tre o cinque anni, in un momento storico in cui il sistema sta ripensando se stesso, anche sotto la spinta del Covid-19. È questa una delle sfide che le scuole di moda italiane devono affrontare in questo momento storico. Un periodo che ha costretto a una virata inevitabile nella formula didattica - con lezioni ibride, on e offline, e laboratori in presenza, restrizioni permettendo - e si riflette anche sui contenuti. A fare da sfondo a tutti questi cambiamenti, un’importante conferma: gli istituti italiani, indipendentemente dalla collocazione geografica, rimangono appetibili agli occhi degli studenti stranieri.
Investimento nella community
«Questo momento è molto complesso dal punto di vista della gestione, ma è anche ricco di opportunità - racconta Massimiliano Giornetti, appena nominato direttore del Polimoda di Firenze, dove ha già ricoperto, dal 2019, il ruolo di head of Design Department - perché la moda ha bisogno di trovare nuove soluzioni, proprio a partire dalla didattica». Nuove soluzioni come, per esempio, quella di presentare le collezioni con un fashion movie: Polimoda lo farà con Human Poetics, in calendario durante prima giornata della Milano Fashion Week.
Ciò che non deve andare perso, secondo Giornetti, ma anzi va valorizzato è «la community che si è creata negli anni e che rappresenta il punto di forza della nostra scuola, che ha un’unica sede, Firenze, e un legame fortissimo con le imprese del territorio». Del resto, il made in Italy inteso come tessuto industriale e, insieme, lifestyle, è uno dei motivi che spingono migliaia di giovani da tutto il mondo a studiare moda e design nel Belpaese.
Questa idea di comunità non dovrà uscire indebolita dal Covid-19. Anzi. In generale, secondo Giornetti, «la scuola deve tornare ad essere un luogo di confronto e dialogo, come lo era nell’antica Grecia». Al contempo deve continuare a rappresentare un luogo di innovazione e sperimentazione: «È a scuola che si può sbagliare senza le pressioni che invece si hanno sul lavoro».
Didattica su misura
Anche Donato Medici, ceo di Galileo global education group e managing director di Naba, parla di un «anno complesso nel quale abbiamo navigato a vista». Ma accenna anche a opportunità scaturite dal 2020, che vanno comprese e sfruttate per ripartire al meglio.
La Nuova accademia di belle arti, che ha affiancato una sede romana a quella di Milano, festeggia 40 anni e sta concentrando i propri sforzi nel creare una proposta formativa che sia il più possibile “su misura” per i propri studenti, per assicurare il miglior servizio accademico possibile in una situazione variegata e poco pianificabile: «Puntiamo a sviluppare una strategia on demand: attraverso un unico programma accademico e con l’utilizzo di tecnologie e strumenti digitali vogliamo relazionarci con studenti che sono in aula ma anche i fuori sede, offrendo soluzioni modulari», dice Medici.
A settembre le iscrizioni degli studenti stranieri sono diminuite, ma la voglia di tornare in Italia - per chi non l’ha già fatto - è tanta: «Gli iscritti hanno voluto iniziare la didattica a distanza, nella speranza poi di poter frequentare il corso in presenza. L’esperienza in Italia è sempre una componente chiave», dice Medici. Per aumentare l’attrattività verso gli studenti stranieri, Naba ha appena annunciato il programma “Naba’s got talent”: 18 borse di studio rivolte alle matricole internazionali per frequentare un corso triennale nelle sedi di Milano e Roma. «Il nostro compito è quello di formare studenti polivalenti che si possano inserire in contesti multisfaccettati e in continuo cambiamento», chiosa il managing director.
Focus su nuovi contenuti
Il 2021 è un anno ricco di novità anche per l’Accademia di Costume&Moda di Roma che in primavera inaugurerà la sede di Milano (i corsi triennali, per ora, sono partiti online). L’attenzione dell’Accademia è andata a concentrarsi su partnership e contenuti: «Abbiamo studiato un’offerta formativa attuale e approfondita, che coinvolga le aziende - dice Lupo Lanzara, presidente -. L’Accademia vuole posizionarsi sull’esperienza didattica di qualità e formare i ragazzi in modo tale da renderli capaci di affrontare sfide reali».
Tra i corsi in partenza a Milano ci sono tre master (per i quali sono previste in totale 15 borse di studio, di cui sei offerte da aziende italiane come Giorgio Armani o Slowear): Fashion communication&art direction; Creative direction for the performing arts; Fashion sustainability & industry evolution.
Questi percorsi di studio interpretano i cambiamenti che settore sta vivendo, proponendosi anche come base per la ripartenza: «La comunicazione sarà sempre più decisiva nella moda, così abbiamo voluto costruire il master su un approccio culturale e curatoriale, ma anche tecnologico e narrativo. Avranno un ruolo chiave nella ripresa anche i manager che opereranno nel mondo delle arti performative, un ambito che ha subìto pesantemente le restrizioni, ma dalle quali ripartirà la rinascita culturale», dice Lanzara.
Se le iscrizioni ai master di Milano sono ancora aperte, i corsi di Roma in partenza a febbraio sono già pieni: «Abbiamo avuto un’ottima risposta per fortuna: continuiamo con una didattica ibrida e laboratori in presenza. In questo contesto l’importante è reagire e adattarsi».
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