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La risposta Ue al gap dei dazi sarà il Cbam

L’importatore pagherà per l’inquinamento prodotto fuori dai confini

di Alessandro Galimberti

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2' di lettura

Il gap sui dazi nei rapporti commerciali tra la Cina e Unione europea, che per il settore automotive vale 15 punti percentuali, è destinato a rimanere inalterato – almeno nel breve/medio termine – ma è su altri binari che sta prendendo forma la risposta di Bruxelles. Dal prossimo 1° ottobre, e fino al 31 dicembre 2025, partirà infatti la fase transitoria per l’applicazione del Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), il regolamento unionale che punta a fissare un «prezzo equo» per la CO2 emessa durante la produzione di beni ad alta intensità di carbonio che entrano nell’Unione europea, e che intende quindi «incoraggiare una produzione industriale più pulita» fuori dai confini continentali. La Cina, di fatto, è il principale obiettivo di questa norma che “affiancherà” i dazi, anche se non con effetto immediato. Nel primo step gli importatori o i loro rappresentanti doganali dovranno solo presentare alla Commissione una relazione trimestrale – la prima all’inizio di gennaio 2024 – che per quanto riguarda l’automotive (l’elenco di elementi in realtà è più ampio) riporta la quantità totale di ferro, acciaio e alluminio importata, le emissioni di CO2 “incorporate”, gli eventuali costi ambientali sostenuti nel Paese di origine in relazione a tali merci. Solo in un secondo momento scatterà l’impatto finanziario per l’importatore, con l’applicazione delle quote per l’acquisto del “diritto” a inquinare, quote che inevitabilmente verranno scaricate sui prodotti (automobili) venduti nel Vecchio continente.

Lo squilibrio nelle aliquote import/export con la Cina risale a cinque anni fa, quando l’amministrazione Trump alzò le barriere protezionistiche per l’industria Usa provocando l’immediata reazione di Pechino, che allineò i dazi al 25%, lasciando l’Europa sola con il cerino in mano e schiacciata sui due versanti commerciali Est-Ovest. Il regolamento Cbam permette alla Ue di rimanere fuori dall’alveo delle regole Wto, dove le variazioni dei dazi hanno un percorso complicato – che pure Trump saltò a piè pari evocando una legge Usa sulla sicurezza nazionale del 1977 – e di tentare allo stesso tempo un riequilibrio del fair trade su alcuni asset, a cominciare dall’automotive.

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«Non sono però convinto che possano bastare misure fiscali per fermare l’avanzamento della Cina – dice Claudio d’Agostino, per 22 anni a Pechino con Dla Piper nei settori corporate, investimenti stranieri e retail – Là i prodotti hanno prezzi di vendita molto bassi, il Paese non ha più bisogno né di fabbriche né di tecnologie dall’estero e in alcuni settori è di fatto monopolista della produzione, penso esattamente alle batterie delle auto elettriche. E nei settori di alta gamma, per esempio alle più lussuose auto occidentali ancora importate applica la consumption tax che può portare il costo fino quasi al 200 per cento».

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