La Russia raddoppia i dazi sul vino
Una tegola fiscale pesante per i produttori italiani visto che la Russia è il nono mercato per il vino italiano ma il quinto con riferimento ai soli spumanti
di Giorgio dell'Orefice
3' di lettura
La Russia per gli operatori economici è sempre stata una nebulosa difficile da decifrare e di certo le cose non sono migliorate da quando è cominciato il conflitto con l'Ucraina. Un assunto diventato davvero critico per i produttori italiani di vino che hanno sempre guardato a Mosca come uno dei nuovi mercati più promettenti anche se poi, alla prova dei fatti, si sono spesso dovuti ricredere.
E' quanto sta accadendo anche in questi giorni dopo che le cantine italiane hanno scoperto - come segnalato dall'Unione italiana vini – che un decreto entrato in vigore lo scorso 1 agosto (e in controtendenza con le dichiarazioni rese dalle autorità nello scorso dicembre) ha assoggettato tutti i vini e i vermouth a un dazio doganale del 20% (rispetto alla precedente tariffa del 12,5% per i vini e del 10% per i vermouth che era in vigore in precedenza). Di fatto, e in media, un quasi raddoppio del dazio che si applica a partire da un valore di 1,5 dollari al litro. Quindi riguarda praticamente tutto l'export italiano.
Una tegola fiscale pesante per i produttori italiani visto che la Russia, e nonostante gli alterni periodi, è tutt'ora il nono mercato per il vino italiano ma il quinto con riferimento ai soli spumanti. Dati che in ordine di importanza andrebbero inoltre invertiti visto che le bollicine made in Italy non rappresentano un “di cui” del vino, ma una categoria ancora più importante.
Nel 2022 l'Italia ha spedito spumanti in Russia per un controvalore di 91 milioni di euro (+28% rispetto all'anno precedente) contro il fatturato di 80 milioni dei vini fermi (+5,1%). Complessivamente le esportazioni enologiche italiane verso la Russia lo scorso anno sono ammontate a oltre 170 milioni di euro. Fra gli spumanti italiani di gran moda a Mosca il solito Prosecco ma da non sono sottovalutare i numeri messi a segno dallo spumante dolce Asti Docg che ha sempre avuto un gran numero di estimatori da quelle parti. I dati, inoltre, secondo molti osservatori non sarebbero esaustivi. I numeri messi a segno da vini e spumanti italiani in Russia sarebbero anche superiori e dovrebbero tener conto anche di fette di produzione made in Italy che ha accesso al mercato russo mediante triangolazioni con paesi limitrofi.
In particolare, si ritiene che rientrino in questa casistica la stragrande maggioranza degli acquisti di vino italiano effettuati dalla Lettonia. Lo scorso anno Riga ha acquistato vini italiani per un valore di 28,8 milioni di euro (+26,5%) ai quali vanno aggiunti i 52,2 milioni di spumanti (+101%). Prodotti che secondo le stime di alcuni operatori al 95% sono finiti sul mercato russo.
Una ricostruzione che è necessario effettuare empiricamente perché, dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, Mosca non diffonde più i dati sull'import che, suddivisi per paese d'origine, consentirebbero di avere un quadro esaustivo delle vendite di vino made in Italy indipendentemente dal paese di transito. Ma le anomalie non finiscono qui.
Nel primo semestre del 2023 le esportazioni di vini e spumanti italiani verso la Russia hanno registrato un giro d'affari di 67 milioni di euro con un balzo del 65% in sei mesi (+64% per i vini fermi e +66% per gli spumanti). Un progresso di una dimensione tale da far immaginare che gli importatori di Mosca abbiano cercato di fare scorte prima dell'entrata in vigore dei nuovi dazi. Saranno i trend dei prossimi mesi a chiarire se i sospetti di qualcuno si riveleranno o meno fondati.
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