INTERVENTO

La sanità per tutti e il passo indietro che non ci possiamo permettere

di Mariapia Garavaglia

(ANSA)

3' di lettura

Il 2018 è destinato a passare alla storia della nostra Repubblica come l’anno delle significative celebrazioni: i 70 anni dall’entrata in vigore della Carta Costituzionale, i 60 anni dell’istituzione del ministero della Salute e i 40 anni di una delle riforme più importanti e innovative della nostra storia. Mi riferisco all’introduzione, nel dicembre del 1978, del Sistema sanitario nazionale. Una scelta rivoluzionaria, un tassello essenziale per dar corpo a un diritto fondamentale della nostra Costituzione qual è l’art. 32, che sancisce il diritto alla salute. Un diritto che deve essere inteso nella cornice di valori e principi affermati nell’art. 3 della Carta, in forza del quale «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Stiamo parlando di una delle riforme più importanti dal punto di vista sociale, paragonabile per impatto all’introduzione della legge sul divorzio e all’approvazione dello statuto dei lavoratori. Si tratta di riforme che i giovani e chi è nato dopo la loro introduzione non possono dire quali e quanti diritti abbiano reso esercitabili, in quanto sembrano scontati, sempre esistiti, ma che nell’animo e nella visione di coloro i quali le vissero costituirono un passaggio cruciale verso una dimensione avanzata di sviluppo e di progresso. Fu un cambiamento di sistema verso una più compiuta uguaglianza dei cittadini nell’accedere a servizi di protezione della salute e un investimento anche sul futuro del Paese.

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Una riforma che, con il contributo dei sindacati, delle forze politiche e della classe medica intera, ha elevato a diritto primario quello di poter contare su livelli uniformi di assistenza e organizzazione nazionale dei servizi. Un tassello di quella unificazione, di quella costruzione di identità nazionale, fondata sul diritto di eguaglianza (art. 3 Cost.), fondamentale nel percorso di crescita di una moderna democrazia.

In questi 40 anni abbiamo assistito – non possiamo negarlo – a fenomeni anche devianti; si sono scaricati sul sistema appetiti che hanno anteposto interessi personali a necessità collettive. La forza del sistema ha saputo identificare i nodi critici e porvi rimedio. Il diritto alla tutela della salute inteso non solo come assenza di malattia, bensì come diritto a uno stato di benessere, oltre che interesse individuale, assume la dimensione bene collettivo. Cittadini che stanno meglio e sono curati in modo adeguato concorrono a creare un maggior sentimento di positività e di fiducia nel futuro.

Questi 40 anni hanno permesso di portare il nostro Paese ai primi posti delle graduatorie mondiali sull’efficienza e qualità dei trattamenti curativi universali. Un primato che ogni giorno deve essere difeso e la cui sussistenza acquisisce ancor più valore se si considerano i tagli cui la spesa sanitaria è andata incontro e le nuove necessità che si sono poste anche a seguito dei rinnovati flussi migratori.

Le sfide che il sistema oggi si trova a dover affrontare sono ancora molto impegnative. Non mi riferisco solamente agli effetti necessari del contenimento della spesa pubblica, che vanno a impattare anche sulla sanità e l’assistenza; penso alla forte spinta regionalistica che differenzia vaste aree del Paese, finendo per creare preoccupanti distonie tra zone e città del medesimo territorio. Si dovrà porre mano per evitare squilibri per cui comunque vivere in alcune zone non costituisca un elemento di disparità.

Nella complessa organizzazione dell’Ssn la formazione medica e degli operatori sanitari, la ricerca e la disponibilità dei farmaci – anche dei più innovativi – sono assi portanti di mantenimento e di sviluppo del sistema. In questo ambito la ricerca medica e farmaceutica hanno fatto progressi insperati solo 20-30 anni fa. Permettere a tutti i cittadini di accedere alle cure più avanzate ed efficaci resta il primo obiettivo del sistema universalistico. Un impegno gravoso, su cui un Paese e una classe politica moderni non debbono retrocedere. Distinguere cittadini tra coloro che possono accedere a una opportunità di cura e guarigione solo in base alla disponibilità economica è la negazione dello spirito e della lettera dei principi della riforma del 1978.

Presidente Fondazione Roche

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