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«Una buona vita è una vita umanamente e professionalmente interessante, una vita desiderabile e, quindi, che vale la pena vivere. La sua dimensione etica la rende preferibile a tutte le altre poiché essa è molto più di una vita di successo. Essa rappresenta la realizzazione personale nella considerazione degli altri». Lo ha scritto Jean-Paul Fitoussi quando, alcuni anni fa, gli chiesi di scrivere qualche riga di epilogo per un mio libro.
Oggi che, d’un tratto, sentiamo terribilmente la sua mancanza, ci fa bene ricordare che, sì, il professore ha vissuto una buona vita. Illustre studioso, analista ascoltato ai massimi livelli, docente generoso, pronto a dare la stessa attenzione ai colleghi più noti e agli studenti alle prime armi, ma soprattutto amico mite e gentile, dai modi sempre pacati, francese d’origine e italiano d’adozione. In breve, un cittadino del mondo, attento agli altri, alle altre persone.
Sì, perché sono proprio le persone a subire gli effetti degli shock di quella “insicurezza economica”, in cui viviamo ormai sistematicamente, che Fitoussi analizzava con grande competenza e un sano senso critico. Il professore aveva elaborato una visione moderna dell’economia, imperniata – in questi ultimi anni – attorno a una keyword, «il benessere», fine ultimo di ogni riflessione.
Ed è proprio sviluppando la capacità di misurare nuovi indicatori dei sistemi economici, fondendo teoria e pratica, che – secondo il contributo di Fitoussi – è possibile ridurre disuguaglianze e divari, creando opportunità per i giovani e per i più svantaggiati, all’interno di una società sempre più equa e sostenibile.La sua presenza, all’apparenza così discreta e silenziosa, lascia oggi un vuoto che ci appare sconfinato: Professore, Jean-Paul, come potremmo fare per riempirlo? «Interessarsi a ciascuno, affinché ciascuno abbia la sua possibilità – ci direbbe – è la buona vita il tuo orizzonte».
È la fiducia nelle parole che ci hai lasciato, è la tua lezione che oggi ci fa sentire grati di averti letto, ascoltato e conosciuto. Quella stessa fiducia, scrivevi, che rappresenta «un facilitatore dell’apprendimento della Buona vita, aperta agli altri, antidoto contro il ripiegamento su sé stessi». Quella fiducia, concludevi, caro Jean-Paul, che «è un elemento chiave del capitale sociale, del benessere degli individui e delle società, in cui la scuola e l’università hanno il compito di formare all’altruismo, non lasciando spazio all’indifferenza».
Grazie Professore.
Direttore Generale Luiss
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