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La separazione tra scuole umanistiche e scuole tecniche ha ancora un senso?

Ogni rivoluzione tecnologica è stata accompagnata dalla profezia della fine del lavoro e della disoccupazione di massa.

di Franco Amicucci *

4' di lettura

Ogni rivoluzione tecnologica è stata accompagnata dalla profezia della fine del lavoro e della disoccupazione di massa. Profezie smentite dalla storia, perché ogni rivoluzione tecnologica ha sempre portato la fine di alcuni lavori e di alcuni modi di lavorare, ma al tempo stesso ha creato nuovi lavori e nuovi modi di lavorare. Quella che stiamo vivendo oggi, rispetto al passato, ha caratteristiche di velocità e pervasività inedite, che richiede una velocità di adattamento come mai avvenuto.
Tra i nuovi scenari che stanno caratterizzando il mondo del lavoro, si sta profilando quello della rottura della tradizionale separazione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, che si trascina la rottura di tante altre separazioni, come quella tra tempo di studio e tempo di lavoro, competenze tecniche e competenze umanistiche, spazi di vita privata e spazi di vita lavorativa.
Sta emergendo una diversa dimensione del lavoro operativo, che si sposta dalle attività faticose, pesanti, per ricollocarsi su una nuova dimensione, che possiamo definire l’infinito “mondo dei micro-gesti”. Ogni giorno, infatti, miliardi di micro-gesti pervadono nel mondo la quotidianità dei nuovi lavori.
Sono i micro-gesti che attiviamo alla tastiera del computer o nell’uso dello smartphone, nei cruscotti di governo della linea industriale di una fabbrica manifatturiera, nel governo della cabina di comando di un aereo, e così, per migliaia di lavori, modalità che abbattono progressivamente la distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.
Micro-gesti che si basano su il coordinamento mente-corpo, da allenare ed educare continuamente.
Un cambiamento antropologico in atto.
Al tempo stesso, la quotidianità di ogni attività intellettuale, dalle più evolute a quelle a minor valore, dalle più tradizionali a quelle emergenti, sono immerse nei nuovi mondi digitali, ed ogni professionista è di fronte alle stesse tastiere e schermi dei lavori operativi.
Il nuovo mondo della micro-manualità delinea tratti comuni tra mondi lontani, come possono essere quelli dell’esperto di microchirurgia e il manutentore di macchinari complessi, i nuovi artigiani della domotica o del manifatturiero che uniscono tecnologia e design e l’astronauta che deve governare sistemi digitali complessi e al tempo stesso essere in grado di riparare una falla meccanica esterna con attrezzi o soltanto le mani, l’avvocato che si immerge nei data base delle sentenze per delineare la migliore linea di tutela del suo assistito e l’operatore agricolo che programma e gestisce i suoi campi con droni, pannelli di controllo del meteo e software per gestire al meglio le sue coltivazioni.
I lavori tradizionali vengono rivoluzionati. Nel settore edile iniziamo a vedere gli operatori delle macchine edili, quelle che erano le vecchie ruspe e scavatori, gestire le nuove macchine con l’aiuto di un’applicazione di realtà aumentata. Equipaggiati con occhiali AR, gli operatori delle macchine edili ricevono dettagli sul terreno davanti a loro e durante lo scavo di una fossa di costruzione, ad esempio, sono assistiti da informazioni grafiche sulla profondità dello scavo e sui limiti del raggio del braccio dell’escavatore. I dati delle operazioni sono raccolti, alimentano i sistemi di nuove informazioni, e programmi e macchinari evolvono continuamente e al tempo stesso gli operatori evolvono continuamente la loro professionalità.
I nostri sistemi formativi sono figli dell’epoca industriale, della riforma Gentile e delle ideologie del ‘900, basati sulla netta distinzione tra percorsi umanistici e percorsi tecnico professionali, percepiti nella nostra cultura come percorsi di serie A e percorsi di serie B.
La natura del nuovo lavoro richiede una nuova visione, una nuova percezione del valore, un nuovo mindset nei sistemi formativi.
La riforma Valditara finalizzata ad una nuova valorizzazione delle scuole tecnico professionali, può essere considerata un primo piccolo, ma importante passo in questa direzione.
Sarà sempre più importante arricchire i percorsi formativi delle scuole tecniche e professionali con soft skills e componenti umanistiche, e al tempo stesso arricchire i percorsi umanistici di esperienze di manualità, della nuova manualità digitale che integra corpo e mente. Il lavoro manuale stimola creatività, capacità di ingegno, flessibilità, resilienza, tutte qualità necessarie nella vita e in tutte le professioni, anche in quelle di maggior prestigio.
Ma la riforma più importante, che riguarda tutti i percorsi formativi, umanistici e tecnici, è quella di preparare i giovani ed il mondo del lavoro ad apprendere continuamente, per tutto l’arco della vita, perché i cambiamenti saranno sempre più veloci ed intensi. L’apprendere ad apprendere va ormai considerata come la madre di tutte le competenze, per ogni lavoro, per ogni professione.
Il recupero del valore e della dignità dei lavori tecnici e manuali è allora sempre più importante, e per questo bisogna saper costruire un nuovo racconto dell’apprendimento e creare un nuovo linguaggio per dare un rinnovato valore al sistema di istruzione e formazione professionale, ed intervenire su tutta la filiera formativa, coinvolgendo insegnanti, genitori, istituzioni, giornalisti, perché la percezione del valore e dello status sociale di un lavoro è figlia di modelli mentali, culture, credenze che si sedimentano nel tempo.
Naturalmente, il cambiamento della percezione del valore sociale deve essere accompagnato da una prospettiva di valorizzazione economica, sostenuta da racconti e testimonianze di lavoratori che si sono affermati professionalmente e quelle dei tanti artigiani, professionisti, imprenditori che sono passati per le scuole professionali e tecniche e da una nuova narrazione del lavoro che va nella direzione di una nuova dignità di tutti i mestieri e di tutte le forme di apprendimento.
Pensiamo solo all’impatto che potrebbe avere, verso quell’area giovanile che non studia e non lavora, l’innovazione di tutta la filiera del sistema tecnico professionale, che coinvolge l’attuale sistema formativo IeFP (Istruzione e Formazione Professionale, con 170.000 giovani, per il 70% giovani bocciati da altri percorsi formativi), sistema gestito dagli enti del privato sociale, come Enaip, Ial, Confartigianato, Coldiretti, Salesiani ed altre storiche strutture, gli Istituti Professionali di stato che necessitano di una forte innovazione, gli IFTS e il nuovo sistema dell’ITA Academy. Questi sono i mondi dove la didattica potrà avvalersi delle nuove tecnologie di apprendimento, come la realtà aumentata e virtuale, l’intelligenza artificiale e potrà operare in stretto collegamento con le Academy delle migliori aziende italiane.

*Presidente Skilla

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