La sfida di Catalfo: collegare (davvero) sussidi e politiche attive per contenere la disoccupazione
Allo studio del ministero del Lavoro un rafforzamento della Naspi, una condizionalità più stringente, forse anche per i percettori di cassa integrazione, e misure di ricollocazione più estese. Nei prossimi giorni il confronto con le parti sociali
di Claudio Tucci

Allo studio del ministero del Lavoro un rafforzamento della Naspi, una condizionalità più stringente, forse anche per i percettori di cassa integrazione, e misure di ricollocazione più estese. Nei prossimi giorni il confronto con le parti sociali
2' di lettura
L’emergenza sanitaria Covid-19 non allenta la morsa sull’economia. Il lavoro, travolto dalle misure restrittive, a cominciare dalle chiusure, più o meno totali, che il governo ha varato, e si appresta ancora a mettere in campo per arginare l’impennata dei contagi, è in prima fila nella partita. Con un secondo tempo di interventi da calibrare in vista della prossima legge di Bilancio, e che si aggiungono all’intesa su altre 12 settimane di cig d’emergenza, gratuite per le imprese, e stop ai licenziamenti fino a marzo, raggiunta la scorsa settimana tra governo e parti sociali. Il confronto ora si sposta su riforma della cig e politiche attive.
Link più stretto sussidi e politiche attive
Il sasso nello stagno lo ha lanciato dalla pagine di Repubblica domenica 1° novembre il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, annunciando l’intenzione di convocare per la prossima settimana le parte sociali per discutere, appunto, di sussidi e politiche attive. Da quanto si apprende, allo studio del ministero del Lavoro c’è il rafforzamento della Naspi, una condizionalità più stringente, forse anche per i percettori di cassa integrazione, e misure di ricollocazione più estese. L’idea di fondo è cominciare con formazione e riqualificazione dei lavoratori già durante la fase di politiche passive, senza perdere tempo, con l’obiettivo di ridurre la durata della disoccupazione. Si ipotizzano anche incentivi fiscali ad hoc per le imprese che assumono personale uscito dal lavoro, ma formato e riqualificato.
All’orizzonte la riforma complessiva della Cig
Si tratta di una sfida epocale per l’Italia, dove le risorse finora sono, e stanno, andando solo per sussidi e politiche passive, lasciando le briciole quelle attive. Sullo sfondo c’è anche la riforma complessiva della cassa integrazione, quando si esaurità (forse giugno, ma dipende dall’evoluzione della pandemia) l’ammortizzatore d’emergenza, su cui il cui governo ha investito finora oltre 30 miliardi complessivi. Sul tavolo c’è il lavoro svolto dalla commissione di esperti nominati a fine luglio da Nunzia Catalfo che prevede una serie di interventi su sussidi e politiche attive, ma la bozza circolata nei giorni scorsi ha ricevuto diverse critiche anche da esperti dello stesso governo.
La posizione delle imprese
Il nodo, per l’Italia, è culturale. E le imprese da tempo chiedono un cambio di passo. Lo scorso fine luglio, ad esempio, Confindustria ha presentato al governo la propria riforma degli ammortizzatori sociali. L'idea centrale è legare lo strumento di integrazione al reddito a percorsi di formazione e riqualificazione dei lavoratori, anche per favorire più rapide transizioni occupazionali. Sulla Cigs è stato chiesto di differenziare tra le situazioni di difficoltà connotate da piani di sviluppo industriale (da accompagnare a completamente, attraverso il ministero dello Sviluppo economico) e di quelle che prevedono la gestione degli esuberi, chiamando in causa il ministero del Lavoro. L'obiettivo, secondo le imprese, è quello di uscire dalla logica del mero sussidio economico, assicurando a chi perde il lavoro un sostegno attivo alla rioccupazione, e condizionato alla collaborazione del disoccupato nelle attività propedeutiche al reimpiego. Con la reintroduzione, ad esempio, dell'assegno di ricollocazione per i percettori della Naspi, oggi invece riservato ai soli beneficiari del reddito di cittadinanza.
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Luogo: Roma
Argomenti: Mercato del lavoro, education
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