La sfida dell’impresa 4.0 è estrarre valore dai dati
di Gianni Rusconi
3' di lettura
Se il “mattone base” della quarta rivoluzione industriale è la sensoristica avanzata che fornisce le informazioni sullo stato dell’intera catena produttiva, la sfida da vincere è quella di utilizzare al meglio l’enorme quantità di informazioni raccolte attraverso le macchine connesse. Mettere in rete i big data, organizzarli ed interpretarli con l’obiettivo di migliorare il controllo di processo, è la vera svolta verso la manutenzione predittiva degli impianti, l’analisi della qualità del prodotto, la completa soddisfazione dei clienti.
Il modello di Industria 4.0 non può dunque prescindere dai dati, dal valore che i dati possono generare. Il recupero di efficienza della componente produttiva non è il punto di arrivo, perché questo risiede nel passaggio dalla semplice fornitura di beni all’offerta anche di servizi estesi. Il valore si sposta dal prodotto al servizio e si parla infatti di “servitizzazione” della manifattura. Per arrivarci, le imprese devono elaborare e analizzare quantità enormi di dati a costi sempre più ridotti (grazie ad abilitatori tecnologici come il cloud computing, che offre capacità di calcolo e scalabilità senza precedenti) e puntare a sistemi produttivi flessibili e on demand, in grado di garantire risposte personalizzate e immediate al mercato.
Se oggi solo una limitata parte delle informazioni raccolte con i sensori è funzionale alla produzione, entro il 2025 i big data potrebbero rappresentare il 70% del potenziale valore di un’impresa (lo dice un’indagine condotta da General Electric). Un simile scenario sarà però possibile solo se, dentro l’azienda, i dati circoleranno in tempo reale e saranno aggiornati e “puliti”. Oltre che sicuri. Sono i requisiti necessari affinché si possa realmente parlare di “smart data” e di intelligenza utile a guidare l’innovazione. L’evoluzione del trattamento delle informazioni in formato digitale è quindi un passaggio chiave, e fra i suoi cardini c’è la velocità con la quale queste viaggiano verso i sistemi (e i manager) incaricati di processarle.
A detta di Luisa Arienti, amministratore delegato di Sap Italia, un ruolo importante in questa evoluzione lo gioca il software, cui è demandato oggi il compito di «intercettare i dati provenienti da tutti gli apparati presenti in fabbrica e tradurli in informazioni intelligenti, permettendo all’impresa di prendere decisioni in tempo reale». Ad estrarre un valore sempre maggiore dai dati ci pensano tecnologie come l’intelligenza artificiale e il machine learning, strumenti che «consentono di analizzare e individuare modelli all’interno dei big data in modalità che vanno oltre quello che possiamo pensare». Nella fabbrica connessa, questo il pensiero di Fabio Moioli, direttore Divisione enterprise services di Microsoft Italia, «sensori, robot e macchine inaugurano un nuovo sistema di interazioni, ma è grazie alla potenza computazionale del software e agli strumenti di analisi che questo patrimonio informativo può essere elaborato e trasformato in insight utili ai fini di business. Il vantaggio dell’impresa 4.0 è proprio quello di permeare i processi con l’intelligenza».
Guardare ai dati come motore della rivoluzione digitale è dunque il punto di partenza; il passo successivo è quello di creare nuovi ecosistemi di conoscenza valorizzando le informazioni estratte in tempo reale dall’ambiente produttivo e dalla supply chain. Non deve sorprendere quindi che, nelle proiezioni della società di ricerca Idc, entro il 2022 circa il 40% dei processi operativi aziendali sarà in grado di “auto-apprendere” e “auto-ripararsi”.
Nella profonda trasformazione che sta affrontando il settore manifatturiero, l’Internet delle cose, e questo è il parere di Michele Dalmazzoni, Collaboration & industry digitization leader di Cisco Italia, «porta con sé una straordinaria intelligenza che va valutata, interpretata e trasformata in informazioni attuabili, il tutto in tempo reale. L’esplosione di oggetti connessi crea nuove necessità e paradigmi, aumenta lo scambio di dati fra cose e persone e pone alle organizzazioni la sfida di come gestire il dato prima ancora di analizzarlo».
L’idea di una nuova era industriale “software-centrica” trova sponda anche nell’analisi di Stefano Rebattoni, GM Global technology services di Ibm Italia. «Partendo dalla cosiddetta operational technology - dice - è oggi indispensabile utilizzare agenti intelligenti in grado di raccogliere e raggruppare i dati generati, trasmetterli a dispositivi dotati di capacità di correlazione, che a loro volta li esporteranno verso piattaforme in grado di gestirli e trasformarli in informazioni». Gli attori principali della trasformazione digitale nelle fabbriche, osserva però il manager, restano le persone, gli analisti che definiscono algoritmi e modelli predittivi sui dati. Il software viene dopo.
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