La sfida energetica di Eni e i biocarburanti: dagli agri-hub africani una spinta per una transizione ecologica equa
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Stando alle proiezioni dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE), nei prossimi anni la domanda di energia continuerà a crescere soprattutto nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo per la convergenza di diversi fattori, fra i quali l'aumento della popolazione, la maggiore urbanizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture. Il viaggio verso le zero emissioni nette su scala globale è dunque complesso ed è richiesto il più ampio dispiegamento possibile di tecnologie pulite ed efficienti per contrastare il cambiamento climatico. Per ridurre le emissioni di CO2 in settori specifici come quello dei trasporti, tradizionalmente basati su combustibili fossili, per esempio, è necessaria una radicale trasformazione degli attuali modelli di consumo. Assicurare l'accesso all'energia a tutti in un modo efficiente e sostenibile è, per tutti questi motivi, la sfida principale da vincere per il settore energetico nel processo di transizione verso un futuro realmente “low carbon”.
La strategia di Eni
Lo sviluppo e la produzione di biocarburanti rivestono un ruolo importante nella strategia di Eni per raggiungere la completa decarbonizzazione dei propri prodotti e dei propri processi entro il 2050, quando la produzione delle sue bioraffinerie supererà le 5 milioni di tonnellate rispetto alle 2 milioni previste per il 2024. Un percorso che nasce nel 2014, a Porto Marghera (Venezia), quando Eni diventa la prima compagnia al mondo a convertire una raffineria tradizionale in un impianto per la produzione dei biocarburanti. Il progetto di riconversione della raffineria di Gela, in Sicilia, nel 2019, è il secondo passo: per produrre biocarburanti sostenibili in questo impianto, Eni sta testando l'utilizzo esclusivamente di materie prime di scarto e di oli vegetali non edibili, come l'olio di ricino, e che derivano da progetti agricoli nati per trasformare i terreni marginali e desertici in coltivazioni di varietà non in competizione con la catena alimentare. Per sviluppare la filiera degli agro-biocarburanti, Eni ha lanciato una serie di iniziative congiunte in diversi Paesi del continente africano e in questa direzione vanno i progetti avviati in Kenya, gli accordi firmati con Angola e Repubblica del Congo e la collaborazione con il Benin.
“L'Africa ha un potenziale agricolo fenomenale - ha dichiarato l'Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, alla conferenza ministeriale Italia-Africa tenutasi lo scorso 8 ottobre – e in diversi Paesi del Continente stiamo creando agri-hub in grado di produrre in loco olio non alimentare e residui agricoli che possono essere utilizzati nelle nostre bioraffinerie: 150mila ettari di terreno possono produrre 150mila tonnellate di olio, creare 100mila posti di lavoro e favorire in modo sostanziale la mobilità sostenibile”. Altrettanto importante, inoltre, è l'accordo triennale sottoscritto da Eni con l'Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) per integrare l'intero continente africano nella catena del valore dei biocarburanti attraverso iniziative di “capacity building” istituzionale e di sviluppo industriale finalizzate alla produzione di biofuel di nuova generazione.
Il progetto di combustibili puliti avviato in Kenya
È uno dei Paesi più avanzati dell'Africa per l'impegno profuso in materia di cambiamento climatico, è tra i firmatari dell'Accordo di Parigi e ha l'obiettivo di ridurre le proprie emissioni di CO2 del 32% entro la fine del 2030. Lo sviluppo dell'energia decarbonizzata è il punto di svolta per fare del Kenya una nazione competitiva e fiorente a livello globale nella filiera e l'impegno preso da Eni con il Presidente Uhuru Kenyatta è finalizzato a raggiungere i target ambientali previsti e a fornire alle comunità locali un accesso sostenibile alle risorse energetiche, riducendo contestualmente la dipendenza dai combustibili fossili di importazione. Presente in Kenya dal 2013, Eni sta lavorando al fianco del governo locale su un progetto che prevede lo sviluppo del settore agricolo per l'approvvigionamento delle bioraffinerie, la raccolta e la raffinazione dell'olio alimentare usato, e la realizzazione di un nuovo impianto di bioetanolo. Il progetto prevede anche la conversione di una esistente raffineria a Mombasa per realizzare nell'arco di tre anni una bioraffineria capace di produrre Hydrotreated Vegetable Oil (HVO) diesel e biocarburanti per l'aviazione.
L'azienda italiana, di concerto con il Ministero dell'Agricoltura del Kenya, ha identificato le regioni più adeguate alle colture di copertura e da coltivare in rotazione stagionale con i cereali. Eni sta collaborando con gli agricoltori per aiutarli a coltivare in modo più efficace, sta costruendo una rete di hub per raccogliere e lavorare la biomassa e sta già valutando, insieme al Governo locale, modi per incentivare la raccolta dell'olio alimentare usato, incoraggiando il corretto smaltimento di questo rifiuto all'interno della nazione. La nuova bioraffineria di Mombasa sarà il primo impianto africano in grado di generare biocarburanti da oli vegetali e oli alimentari da cottura e potrebbe produrre fino a 250mila tonnellate di biocarburante all'anno, diventando un modello di riferimento anche per altri Stati africani. Oltre alla bioraffineria, Eni sta vagliando anche la possibilità di sviluppare un impianto di seconda generazione che raccoglierebbe i rifiuti agricoli per convertirli in bioetanolo, combustibile che può essere miscelato alla benzina per migliorare le prestazioni e la qualità del carburante stesso. Oggi il Kenya importa da 1,5 a 2 milioni di tonnellate di benzina ogni anno e la produzione di bioetanolo a livello locale contribuirebbe ad accelerare in modo importante il processo di decarbonizzazione del settore dei trasporti. Ma non solo. La possibilità di utilizzare anche in altri modi il bioetanolo, per esempio come combustibile pulito per la cucina domestica al posto del carbone o di altre opzioni meno ecologiche, è uno degli altri progetti a cui sta lavorando Eni, che sta cercando potenziali sedi per il nuovo impianto nel Kenya occidentale, area dove si potrebbe trarre vantaggio dai rifiuti agricoli degli zuccherifici locali. L'obiettivo strategico è quello di realizzare fino a tre impianti di bioetanolo in grado di produrre 50 chilotonnellate di bioetanolo l'anno per coprire la domanda del mercato locale ed esportare la quota residua verso i mercati internazionali, Europa compresa.
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