La sfida degli ex imperi che non hanno saputo diventare democratici
I princìpi di autodeterminazione, uguaglianza sovrana degli Stati e diritto all’inviolabilità territoriale, che costituiscono il fondamento su cui poggia l’ordine mondiale liberale dal 1945, così come le libertà individuali proprie delle democrazie occidentali riusciranno a superare il territorio inesplorato che il mondo si accinge ad attraversare nei prossimi anni?
di Adriana Castagnoli
3' di lettura
Iprincìpi di autodeterminazione, uguaglianza sovrana degli Stati e diritto all’inviolabilità territoriale, che costituiscono il fondamento su cui poggia l’ordine mondiale liberale dal 1945, così come le libertà individuali proprie delle democrazie occidentali riusciranno a superare il territorio inesplorato che il mondo si accinge ad attraversare nei prossimi anni?
In modi diversi Cina, Russia, Turchia e Iran, eredi di Stati imperiali che si considerano civiltà, hanno posto una sfida a quest’ordine. Perché hanno mancato di diventare democrazie liberali e hanno mostrato complessi “differenziali di contemporaneità” ponendosi in rotta di collisione o su percorsi non convergenti con Europa e Stati Uniti. Per di più, queste potenze rimangono invischiate con le loro periferie di un tempo in modi che facilitano la proiezione di potenza transfrontaliera e la distruzione della sovranità degli Stati minuscoli sino, in alcuni casi, a minare la loro integrità territoriale. Terre che un tempo erano state periferie imperiali, come l’Ucraina, l’Iraq o l’Afghanistan, collegate ai nuclei centrali degli imperi ma mai veramente integrate, sono tornate ancora una volta luoghi di scontro (...). Modelli di dominio gerarchico-patriarcale e l’attaccamento alla profondità territoriale del petrolio hanno riportato la Russia di Putin indietro all’impero zarista e all’Urss stalinista. In questo conflitto di aspirazioni e identità, l’Occidente ha usato il richiamo indiretto del suo stile di vita prospero e pacifico. Mentre la Russia ha contrastato lo sgretolamento dei suoi bordi con la forza militare e, all’interno, con il controllo e la riscrittura della narrazione storica.
L’Europa moderna ha un peculiare slancio verso l’espansione continua, non per conquista militare ma basata sulla forza di attrazione di una prosperità comune come conseguenza dell’adesione di nuovi associati. I princìpi sui quali si fonda l’integrazione degli Stati sono fondamentalmente differenti dalle logiche degli imperi o delle repubbliche imperiali. I princìpi organizzativi dell’integrazione sono la pariteticità degli Stati, anziché la gerarchia, e la democrazia all’interno di ciascuno Stato.
La Ue è avanzata dall’assunto che ogni Stato è uno Stato di diritto e che l’integrazione è regolata dalla legge.
Con le sue procedure democratiche, e di regolazione del mercato, Bruxelles offre un modello alternativo a quelli americano, russo e cinese. L’eterogeneità è intrinseca alla sua costituzione (...).
Lo Stato si colloca come un attore fondamentale per la creazione di un sistema di sviluppo tecnologico che risponda sia alla domanda interna di riorganizzazione della società sia alle sfide esterne. La quarta rivoluzione industriale ha cambiato gli strumenti di potere con cui gli Stati possono difendere l’autonomia e proiettare l’influenza nel sistema internazionale mediante il potere economico, il potere militare, il soft power e il controllo sulla comunicazione. La tecnologia è anche l’asse portante delle alleanze e dell’egemonia di Washington. Per gli Stati Uniti la sfida cruciale più urgente è in un sistema di potere cinese che sovrappone una governance autoritaria a una politica estera revisionista dell’ordine liberale a trazione americana. Benché Cina e Russia siano sempre più allineate tra loro, la presidenza Biden distingue tra le sfide che le due potenze pongono agli Stati Uniti. La Russia è “profondamente pericolosa”. Ma la Cina è l’unico rivale con l’intento di rimodellare l’ordine internazionale e che, soprattutto, ha il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per farlo.
Nel disordine attuale l’Onu è tornata al centro del sistema di governance della diplomazia globale come proiezione della multipolarità sostenuta dalla Cina (...). Per Pechino, l’ordine mondiale incentrato sull’Occidente dominato dagli Stati Uniti ormai appartiene al passato. «Il mondo sta subendo grandi cambiamenti mai visti in un secolo, ma il tempo e il momentum sono dalla nostra parte» ha affermato Xi Jinping nel 2021.
loading...