La sfida del remote working per gli “over” durante la pandemia
Necessarie nuove competenze digitali, soft skills e interventi formativi mirati all’accompagnamento verso l’utilizzo agevole delle nuove tecnologie
di Barbara Barabaschi, Franca Cantoni, Roberta Virtuani *
3' di lettura
Il fattore età sta assumendo crescente rilevanza nelle organizzazioni così come nella società nel suo complesso. Le dinamiche demografiche in atto, caratterizzate da un progressivo allungamento della vita media e bassi tassi di natalità e l’innalzamento dell’età per il pensionamento hanno prodotto un aumento della “popolazione senior” nelle imprese imponendo un serio e profondo ripensamento delle politiche di gestione delle risorse umane. Le aziende si trovano pertanto a dover gestire, non senza difficoltà, organici caratterizzati dalla coesistenza di lavoratori giovani e maturi con esperienze, attitudini ed aspettative non sempre allineate e convergenti.
Si parla pertanto di gap generazionale per indicare il divario di idee, codici culturali e comportamentali e di conseguenza di competenze che separa una generazione dalle precedenti e successive e che ha trovato un brusco e repentino inasprimento nel periodo pandemico. La spinta all’utilizzo massiccio e pervasivo della tecnologia dovuta alla diffusione della Covid-19 ha di fatto prodotto contemporaneamente un incremento della domanda di competenze digitali, una riprogettazione dei contenuti delle professioni, nonché delle modalità di realizzazione del lavoro con particolari implicazioni per i lavoratori maturi cresciuti in contesti scarsamente digitalizzati rispetto a quelli odierni, ed essendo per loro natura meno avvezzi all’apprendimento in questo ambito.
Questa notevole accelerazione nella digitalizzazione dei processi di lavoro che ha obbligato aziende e lavoratori a realizzare da remoto tutte le attività compatibili con uno svolgimento a distanza ha esacerbato un gap di per sé già molto critico e rilevante. Mettendo in primo piano la coniugazione delle performance economiche e il benessere dei lavoratori è in questi scenari che trova spazio l'age management, un insieme coordinato di misure volte a promuovere una cultura della diversità atta a valorizzare i gruppi di tutte le età al lavoro e modelli organizzativi in grado di far emergere il potenziale del capitale umano.
Un’indagine in corso di realizzazione da un team di ricercatori di organizzazione aziendale, personal development e sociologia della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica in collaborazione con Confapindustria Piacenza sta mettendo in luce alcune tendenze ponendo particolare attenzione alle criticità che gli “over” stanno inevitabilmente affrontando con l’introduzione forzata e massiccia, non sempre accompagnata da un’adeguata formazione preventiva, del remote working.
Lo spazio di lavoro virtuale viene così a configurarsi come sistema di sperimentazione nel quale i dispositivi digitali divengono strumenti di apprendimento, definendo un ambiente in cui si negoziano e condividono significati, competenze, deontologie professionali e nel quale la costruzione di un rapporto fiduciario tra i soggetti assume ancora più importanza rispetto all’attività lavorativa in presenza.
La ricerca indaga le modalità con le quali il lavoro a distanza è stato adottato e vissuto dai lavoratori di diversa età nelle imprese, con particolare attenzione agli over 50 ai quali spesso viene attribuita minore flessibilità rispetto ai giovani, una limitata disponibilità alla mobilità geografica e alla formazione, e una particolare resistenza nell’adozione delle nuove tecnologie. Il tema, ancora poco presente nella letteratura sia sociologica che organizzativa, viene studiato nel contesto dalle piccole e medie imprese del territorio piacentino, uno dei più duramente colpiti dall’emergenza sanitaria, per tale motivo ritenuto di particolare interesse.
I dati sono tratti da due indagini campionarie condotte una alla fine della prima fase della pandemia e una alla fine della seconda, che si sono avvalse di metodologie quali-quantitative basate sulla somministrazione di un questionario e interviste di approfondimento rivolte sia ai dipendenti, sia ai manager delle imprese di differenti settori economici.
L’analisi si caratterizza per un approccio multidisciplinare e multi-stakeholder considerando congiuntamente la prospettiva di imprenditori, manager e altri dipendenti e comparando i dati raccolti sugli over 50 in relazione a quelli dei lavoratori più giovani. Le riflessioni conclusive tentano di identificare gli elementi più rilevanti nella creazione di contesti di lavoro “smart” e sostenibili per i lavoratori senior, utili a minimizzare gli aspetti negativi del remote working già classificati in letteratura (isolamento, stress, minore coordinamento e motivazione) e a enfatizzare quelli positivi (work-life balance, maggiore produttività e qualità percepita del lavoro).
A tal proposito, interessanti osservazioni sono emerse rispetto alla necessità che le aziende hanno di intercettare i bisogni degli “over” in termini di nuove competenze digitali e soft skills e di progettare interventi formativi mirati all’accompagnamento verso l’utilizzo agevole delle nuove tecnologie informatiche di lavoro e comunicazione social.
* Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Piacenza
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